Lo schiaffo indiano

L'aviazione di Delhi colpisce all'alba di stamattina in territorio pachistano. La tensione tra i due Paesi nucleari apre scenari inquietanti. Islamabad minaccia ritorsioni

di Emanuele Giordana

E’ difficile dire dove porterà l’escalation di tensione tra India e Pakistan che ieri mattina ha visto l’aviazione di Delhi colpire obiettivi – campi di addestramento guerriglieri – a Balakot, in territorio pachistano. Le versioni dei due Paesi sono contrastanti: l’India dice di aver distrutto basi della guerriglia Jaish-e-Mohammad, il gruppo che ha rivendicato l’attentato a Pulwana, in Kashmir, il 14 febbraio scorso. Un’autobomba che ha ucciso oltre 40 uomini delle forze paramilitari indiane. Il Pakistan sostiene che non ci sono stati danni né vittime e che anzi l’aviazione indiana, inseguita dai caccia del Pakistan, ha gettato il suo carico esplosivo nella foresta.

La realtà dei fatti è che comunque – benché Islamabad abbia fatto riferimento solo a una violazione della LoC, la linea di controllo che divide il Kashmir indiano da quello pachistano o Azad Kashmir – non si tratta solo di quello. Non è solo la prima violazione della LoC dalla guerra tra i due Paesi nel 1971 (quando Delhi compì diversi raid in territorio pachistano durante la secessione del Pakistan Orientale poi divenuto Bangladesh): si tratta della prima volta che, da allora, caccia indiani colpiscono un territorio del Pakistan violandone la sovranità. Un atto che, nel linguaggio militare, chiama guerra anche se il portavoce degli Esteri indiano Vijay Gokhale lo ha definito con un bizzarro neologismo “non-military pre-emptive action”.

Imran Khan

Il Pakistan per ora ha risposto solo con il tono fermo che si addice a chi è stato preso alla sprovvista ma minacciando ritorsioni a tempo debito. Quali? Il Paese con l’arma nucleare, tanto quanto l’India, sa che colpire con un raid aereo l’India sarebbe un passo che potrebbe davvero innescare un conflitto. Un conflitto di cui Islamabad non ha affatto bisogno. I toni, nei giorni scorsi, sono stati quelli di un Paese che non vuole prendere le armi. Imran Khan, il neo premier, ha offerto a Delhi collaborazione nelle indagini sulla strage di Pulwana ma l’India ha rispedito la proposta al mittente. Gruppi come Jaesh-e-Mohammad, che da anni è fuori legge, sono probabilmente appoggiati e sostenuti da una parte dei militari e dell’intelligence, ma sono per Imran Khan e il suo governo un problema. Che continua a lasciare il Pakistan tra i Paesi a rischio: tra i Paesi “paria”, per usare un’espressione indiana.

Infine il premier pachistano non sbaglia a dire che l’India si trova in campagna elettorale per le elezioni di aprile e, com’è noto, non c’è di meglio di un conflitto per serrare i ranghi. D’altro canto, Narendra Modi e il suo governo – che come i precedenti in Kashmir usa il pugno di ferro – non poteva nemmeno far finta di nulla: una strage come quella di Pulwana non poteva passare in fanteria senza una reazione. Quella di ieri mattina a Balakot (nelle zone limitrofe alla città della provincia del Khyber Pakhtunkhwa a 15 km dal confine con l’Azad Kashmir) è stata una mossa che però potrebbe avvitare la crisi – in atto da giorni ma che esiste dalla Partition del 1947 quando dall’India britannica nacquero due nazioni – su una strada senza ritorno.

La prima guerra tra i due Paesi è del 1947 quando dopo la Partition nasce il caso Kashmir. Una seconda guerra tra i due Paesi scoppia nel 1965 e infine, nel 1999 è la volta del cosiddetto “incidente di Kargil”, non esattamente una guerra ma neppure una semplice scaramuccia. Infine, come già ricordato, nel 1971 India e Pakistan si sono scontrati sulla secessione dell’attuale Bangladesh.

Per saperne di più vai alla nostra scheda conflitti sul Kashmir

Nella foto di copertina un caccia indiano in missione. Nello scatto qui sopra: Il  Foreign Secretary of India Vijay Gokhale: ha dato lui l’annuncio. La mappa del Kashmir è tratta dal sito della Bbc

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