Ebola e violenza: il dramma del Nord Kivu

Nella Regione della Repubblica Democratica del Congo non si fermano gli scontri tra esercito e decine di gruppi armati. A questo si aggiungono gli esodi e la diffusione del virus

Il governo è cambiato ma la violenza della regione del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo, rimane costante, anzi è in crescita. A causa della forte situazione di insicurezza nel mese di aprile 2019 oltre 100mila persone sono state costrette a lasciare le proprie case. Esodo e insicurezza per i civili che preoccupano anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr).

Gli sfollati si trovano in condizioni disperate e, a causa delle violenze, raggiungerli è praticamente impossibile. In molti casi, quindi, gli sfollati si ritrovano alla mercè di gruppi di criminali o altri gruppi armati. Molte sono state le segnalazioni di sequestri, omicidi e stupri. Gli attacchi si sono svolti ad aprile intorno a Kamango, vicino alla città di Beni. E successivamente si sono spostati nelle zone rurali. Gli scontri proseguono comunque anche nelle aree meridionali del Nord Kivu e verso la capitale della provincia, Goma.

Protagonisti degli scontri esercito e alcuni gruppi armati, tra cui la formazione Mai-Mai. Il gruppo, come raccontato da Al Jazzera, ha combattuto nella città nord-orientale di Butembo con le forze di sicurezza mercoledì 8 maggio. Il loro obiettivo era un centro di trattamento Ebola. Oltre al gruppo Mai Mai nella Rdc è presente, con una formazione, anche il gruppo Stato Islamico. Secondo quanto riportato da Il Caffè Geopolitico, Is ha rivendicato tramite l’agenzia Amaq News, il suo primo attacco ufficiale nella Repubblica Democratica del Congo. Il colpo è avvenuto nella provincia del Nord Kivu, a Bovata , vicino alla città di Beni, contro una caserma dell’esercito congolese. L’attacco è stato attribuito alle Forze Democratiche Alleate (Adf), una milizia islamista ribelle che combatte da circa venti anni sia i Governi congolesi che quelli ugandesi. La formazione negli ultimi anni si è molto avvicinata al gruppo Is. Pare infatti che in un raid condotto dall’esercito congolese in un campo dell’Adf a Beni, nel febbraio 2018, sia stata ritrovata una notevole quantità di materiali e libri pubblicati dallo Stato Islamico.

L’attecchirsi di questi gruppi è dovuto alla situazione di forte instabilità politica, sociale ed economica presente nell’area. Secondo l’analisi del Caffè Geopolitico, infatti, le aree saheliane e centroafricane in questo momento sono terreni sempre più fertili per i grandi network jihadisti e per i piccoli gruppi locali che decidono di affiliarsi a essi. “Negli ultimi anni – scrivono – il jihād in Africa ha avuto un’espansione notevole nelle aree citate, con relativo affollamento di sigle operative, non ultima quella dello Stato Islamico in Africa Centrale, tra Congo e Uganda”.

Come se non bastasse l’area è ancora interessata dall’epidemia di ebola. Dal 1 agosto 2018 circa mille persone sono morte a causa della malattia nel Paese e circa 12mila si trovano sotto osservazione perché potrebbero essere entrate in contatto con il virus. Stando al bilancio reso noto dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) La Rdc sta affrontando la più grave epidemia nella storia del virus, dopo quella che ha ucciso più di 11mila persone nell’Africa occidentale tra il 2014 e il 2016. L’Oms sperava di per contenere l’epidemia nel Nord Kivu, anche attraverso il vaccino sperimentato, ma nelle ultime settimane, alti dirigenti dell’agenzia hanno ammesso che non ci sono riusciti. Le attività messe in piedi per isolare e combattere il virus sono infatti costantemente ostacolate dall’instabilità e dalla violenza della regione. Violenza che spesso non risparmia gli operatori della agenzie sanitarie che non sono visti di buon occhio. I centri medici di assistenza ai malati di ebola sono stati attaccati decine di volte da miliziani.

Oltre a tutto questo non ci può tralasciare la questione mineraria. L’area del Nord Kivu, come da anni la redazione dell’Atlante segnala è una delle più ricche al mondo di risorse minerarie, coltan (il minerale fondamentale per la fabbricazione di dispositivi tecnologici) in primis. E’ da tenere presente, quindi, che spesso in queste regioni il proliferare di formazioni armate e di profughi coincide con i momenti di maggiore concorrenza tra gli attori stranieri interessati a controllare il territorio per lo sfruttamento minerario.

(di red/Al.Pi.)

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