Il muro di Atene contro i migranti

Una barriera di 2.7 chilometri, dell’altezza di 1.10 metri, che costerà 500,000 euro. Fondi prelevati da quelli previsti per l’accoglienza a chi fugge da crisi e conflitti

di Maurizio Sacchi

Il 30 di giugno il governo geco ha annunciato l’inizio della costruzione della barriera galleggiante al largo dell’isola di Lesbos, che dovrebbe arrestare il flusso di migranti via mare dalle vicine coste della Turchia. I componenti della barriera flottante, ordinata dalle autorità elleniche già a gennaio, ora sono sull’isola, e saranno assemblati a partire da adesso. L’ultimazione del muro acquatico è prevista per la fine di agosto, secondo quanto riportato da una fonte militare. Si tratta di una barriera di 2.7 chilometri, dell’altezza di 1.10 metri, e costerà 500,000 euro, fondi prelevati da quelli previsti per l’accoglienza ai migranti.

I gruppi di difesa dei diritti umani in Grecia hanno denunciato il potenziale pericolo che questa struttura rappresenterà per le vite dei migranti, dato che le imbarcazioni con cui intraprendono il viaggio sono spesso precarie, e che si presenta con frequenza la necessità di portare soccorso rapido ai suoi occupanti, operazione resa più difficile da questo ostacolo artificiale. La barriera rappresenta un’altra delle misure già intraprese dal governo di Nea Demokratia, che dopo aver sconfitto alle elezioni del 2019 il governo di Syriza e dell’ex premier Tsipras, ha intrapreso una politica di chiusura delle frontiere, che va di pari passo con l’aumentare delle tensioni con la Turchia di Erdogan. Turchia che sta a sua volta usando la minaccia di dar via libera ai migranti, profughi dalla Siria, ma anche dall’Afghanistan e da altre zone del Medio oriente, come arma di pressione sull’Unione europea.

Ciò fa parte di una strategia di Ankara che desidera mano libera nella sua azione di espansione d’influenza sul Mediterraneo e sul teatro medio orientale. Quando Tayyip Erdogan ha annunciato che non avrebbe più trattenuto le migliaia di migranti che cercavano di raggiungere i confini dell’Unione europea, la Grecia del nuovo governo conservatore ha risposto rafforzando le forze di polizia e militari alle frontiere, specie nella zona di Evros, ai confini continentali a Nord-est, e ora ha inasprito le misure di controllo e di repressione su coloro che già si trovano in territorio ellenico.

Il Ministro dell’immigrazione, Notis Mitarakis, ha dichiarato reiteratamente che il governo è obbligato dalla Costituzione a proteggere i confini del Paese, e della UE, anche per mare: “Non possiamo essere un campo aperto e senza confini”. Nel mese di giugno, in più occasioni i media hanno riferito di operazioni illegali da parte delle vedette della Guardia costiera greca, che avrebbero respinto in acque internazionali varie imbarcazioni che trasportavano migranti, e sono state diffuse testimonianze di migranti che hanno raccontato minacce e azioni di sabotaggio da parte di ufficiali mascherati. Il governo greco ha respinto le accuse, e specialmente che in questi atti sia coinvolta la Guardia costiera.

Oltre alla controversa e drammatica questione delle centinaia di migliaia di profughi presenti in Turchia, per trattenere i quali l’Unione europea paga miliardi di euro al regime di Erdogan, la svolta di Atene su questo tema indica il surriscaldarsi della tensione fra Ankara e Atene, due Paesi da sempre in dura contrapposizione, che affonda le sue radici nella caduta di Costantinopoli, poi Istanbul, e passa per il dramma di Smirne dopo il primo conflitto mondiale, con una forte caratterizzazione identitaria. Che rafforza, nei due antichi rivali, le fazioni e le pulsioni nazionaliste e autoritarie. A gettare benzina sul fuoco, un gesto fortemente simbolico, quale la recente dichiarazione di Erdogan di voler riconvertire a moschea Santa Sofia ad Istanbul, un tempo la più grande basilica ortodossa del mondo, e poi luogo di culto islamico, prima di essere convertita in museo.

Da parte sua, il premier greco Kyriakos Mitsotakis ha dato una svolta alla politica estera del suo Paese che non mancherà di avere i suoi effetti, negli equilibri del Mediterraneo orientale, e non solo. Il parlamento greco ha approvato un accordo di difesa con Israele per la fornitura di attrezzature e servizi di difesa tra i due Paesi. La Commissione permanente parlamentare per la difesa nazionale e gli affari esteri ha approvato l’accordo l’uno  giugno,  e il ministro della difesa nazionale Nikos Panagiotopoulos ha aggiunto che “le relazioni strategiche tra Grecia e Israele sono una priorità fondamentale per il nostro Paese, principalmente a causa delle sfide comuni ma anche degli interessi comuni che ci uniscono. Riteniamo,.- ha detto ancora – che la cooperazione con Israele rafforzi un pilastro della stabilità nel Mediterraneo orientale”. L’accordo dovrebbe essere ratificato da una sessione plenaria del Parlamento greco la prossima settimana. Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis ha avuto intanto su questo una conversazione telefonica con il senatore americano Robert Menendez, membro di spicco della commissione per le relazioni estere del Senato degli Stati Uniti, che ha approvato e sponsorizzato l’accordo.

In copertina una ricostruzione del muro in un video di The Newsmakers

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