Ciad, cuore debole dell’Africa

di Andrea Tomasi

L’ex dittatore del Ciad Hissene Habre è colpevole di crimini contro l’umanità. È stato quindi condannato all’ergastolo da un tribunale costituito a Dakar, in Senegal. Il tutto sotto l’egida dell’Unione africana. L’ex dittatore è considerato colpevole di tortura, stupro, schiavismo sessuale e mandante di omicidi. Habre (nella foto) sarebbe responsabile della morte di circa 40.000 persone: uccisioni avvenute dal 1982 al 1990, gli anni del suo regime. «L’ex dittatore, arrestato nel 2013 in Senegal dove si trovava in esilio, non ha mai riconosciuto la legittimità del processo a suo carico» scrivono l’Ansa e l’Associated Press. «Nel 1990 un colpo di Stato guidato da Idriss Déby – si legge sul sito di euronews – lo aveva estromesso dal potere che aveva esercitato per otto anni. Habré si era rifugiato in Senegal dove è stato arrestato soltanto tre anni fa. Il processo si era aperto lo scorso luglio».
Habré agiva attraverso la Direzione di Documentazione e Sicurezza, una «polizia politica». «È la prima volta che un ex capo di Stato viene processato per violazioni dei diritti umani dalla giustizia di un altro Paese e non da una corte internazionale». È anche un segnale di incoraggiamento per i Paesi africani che intendono processare i propri dirigenti, in un momento di crescente malcontento nei confronti della Corte Penale internazionale dell’Aia, accusata di perseguire soltanto leader africani.
Oggi il Ciad è dominato da un «forte esecutivo capeggiato dal presidente Idriss Déby», del Movimento Patriottico della Salvezza. Dopo il colpo di stato militare, Déby fu eletto nel 1996 e 2001 «sebbene gli osservatori internazionali abbiano rilevato irregolarità nel processo elettorale» si legge su Wikipedia. Nel 2005 eliminò il vincolo dei due mandati, spianando la strada al proprio governo. Tradizionale alleato della Francia – di cui è stato Colonia – nel 2013 il Ciad ha mandato le sue truppe anche a combattere contro gli islamisti nel nord del Mali al tempo dell’intervento militare francese con l’operazione Serval (Agenzia Nova / Rfi).
Il Ciad è uno di quei Paesi considerati nevralgici per il funzionamento dei traffici illeciti. Secondo Africa Express il Sahel è una delle aree più colpite dagli effetti della proliferazione delle armi leggere, con un peggioramento della situazione dopo la caduta del regime di Gheddafi. Il Sahel è un territorio che si estende tra il deserto del Sahara a nord e la savana del Sudan a sud, e tra l’oceano Atlantico a ovest e il Mar Rosso a est. Da ovest a est copre Gambia, Senegal, la parte sud della Mauritania, il centro del Mali, Burkina Faso, la parte sud dell’Algeria e del Niger, la parte nord della Nigeria e del Camerun, la parte centrale del Ciad, il sud del Sudan, il nord del Sud Sudan e l’Eritrea. «Già dal 2011 – scrive Vincenzo Gallo – le armi trafugate dagli arsenali del Rais varcavano i confini libici con destinazione Niger, Algeria, Nigeria, Mali e Ciad. Sono stati segnalati carichi di fucili d’assalto, munizioni, mortai ed esplosivi. Informazioni dettagliate da parte di Ong e servizi di intelligence di vari Paesi occidentali fanno riferimento ad un vasto assortimento di lanciamissili portatili da impiegare contro aerei e carrarmati. Tra questi, vi sono migliaia di pezzi dei temutissimi terra-aria SA-7 di fabbricazione sovietica e SA-24 in grado di abbattere un areo a bassa quota, oltre agli AT-14 e TBG-7».
Traffici illeciti e miseria spesso vanno di pari passo. Medici senza frontiere in aprile hanno denunciato: «Circa 6.300 rifugiati nigeriani e 43.800 sfollati del Ciad stanno lottando per sopravvivere  un forte stato di insicurezza nell’area del lago Ciad». La capo missione Federica Alberti ha detto che la situazione resta imprevedibile: «Oltre al grande stato di insicurezza, le persone si trovano a fronteggiare situazioni sanitarie terribili come picchi ricorrenti di malnutrizione, malaria e altre epidemie ad alto rischio. Dato che le persone continuano a fuggire dalle loro case, le risorse alimentari precarie e il sistema sanitario già debole sono sotto forte pressione». Da un anno MSF lavora nell’area del Lago Ciad: gestisce cliniche mobili per l’assistenza agli sfollati nelle zone delle città di Baga Sola e Bol «e ora anche a Djamaron, a nord di Liwa, a circa 100 chilometri da Baga Sola». MSF distribuisce inoltre generi di prima necessità  e kit per la potabilizzazione dell’acqua. Con più di 2,7 milioni di persone sfollate, il bacino del lago Ciad sta vivendo una fase di alta tensione a causa di ripetuti attacchi del gruppo dello Stato Islamico della Provincia Occidentale (ISWAP) e della forte risposta militare. «Il conflitto, inizialmente nato in Nigeria, si è esteso attraverso i confini di Cameroon, Ciad e Niger, causando sofferenza e sfollamento di massa. I molteplici attentati suicidi e gli attacchi si verificano quasi ogni giorno».

http://it.euronews.com/2016/05/30/ergastolo-per-hissene-habre-colpevole-di-crimini-di-guerra-e-contro-l-umanita/

https://it.wikipedia.org/wiki/Ciad

https://it.wikipedia.org/wiki/Sahel

http://www.africa-express.info/2014/08/24/sahel-la-destabilizzazione-passa-per-il-traffico-darmi/

http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/lago-ciad-intrappolati-nella-violenza-quotidiana

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