Il Mali verso le elezioni

Instabilità politica, attentati, mine e locuste. In questo clima a fine luglio si vota mentre si continua a fugge verso l’Europa. Con un “viaggio della speranza” che la maggior parte delle volte si conclude con un diniego

di Elia Gerola
 
A fine mese in Mali, il 29 luglio, nella regione del Sahel Occidentale, si svolgeranno le elezioni. Da un po’ di anni la tensione è elevata, milizie armate di matrice islamica che legate ad al-Qaeda e con ciò che rimane del sedicente Stato Islamico infiltratesi dall’Africa settentrionale hanno organizzato attentati contro obiettivi ora civili, come all’Hotel Radisson Blue di Bamako, nel quale morirono 20 persone nel 2015, ora militari, contro i caschi blu della missione MINUSMA (dal 2013), contro i soldati francesi parte della operazione Barkhane d’istanza nel Sahel composta da ben 4000 uomini, o contro le unità della giovane G5 Sahel. Una missione militare multinazionale quest’ultima che vede la collaborazione di Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger, finalizzata proprio a stabilizzare le turbolenze nella regione per combattere guerriglie antigovernative e terrorismo islamico.

Violenza e carestie

Recentemente lo Stato è stato attraversato da una serie di intense violenze. Lo scorso 29 giugno vi è stato un attacco alla sede delle forze G5 Sahel, nella città di Sévaré nel cuore del territorio maliano. Secondo quanto riporta dalla Bbc, si sarebbe trattato di un attacco suicida che avrebbe provocato la morte di sei persone.
E’ invece di ieri la notizia riportata da Al-Jazeera riguardante la morte di due civili ed il ferimento di un soldato francese di pattuglia nel Nord, vicenda confermata sia dal portavoce del ministero della Difesa d’Oltralpe che dal portavoce dell’esercito francese. Quest’ultimo ha anche chiarito la dinamica dell’atto terroristico: un attacco con un auto-bomba che ha provocato la morte di civili e aveva come obiettivo evidente la pattuglia francese composta da tre veicoli dell’esercito.

La situazione politica interna continua dunque a essere è precaria e quella economica ancor più disperante dato che anche la povera agricoltura locale è martoriata da carestie ed invasioni di locuste, che già nel 2004 avevano prodotto la perdita di quasi la metà dei raccolti e nel 2005 hanno richiesto l’intervento della FAO. La popolazione locale, circa 17 milioni di persone, è tra le più povere al mondo, al 202esimo posto per reddito pro-capite in una società con un indice di sviluppo umano (Isu) che la colloca al 175esimo posto, nel blocco dei paesi a bassissima qualità di vita.
 
Una situazione generale critica dunque, che negli ultimi anni ha visto un’escalation di violenze con attentati, agguati, esplosione di mine (nel gennaio di quest’anno 26 civili sono morti a causa di un ordigno piazzato si pensa da milizie armate). La questione della sicurezza locale è stata affrontata anche dall’Ue che ha deciso di inviare ulteriori finanziamenti al G5 Sahel, per favorire condizioni di stabilità. Oggi, Il presidente francese Emanuel Macron dovrebbe invece discutere la situazione al vertice dell’Unione Africana che si terrà in Mauritania. Proprio Mohamed Ould Abdel Azi il presidente dello Stato confinante con il Mali, ha sottolineato sabato mattina come l’attentato risulti un attacco alla sicurezza della regione e provi le carenze nell’assistenza internazionale ricevuta.

Speranze negate: il caso italiano

La situazione del Mali dunque è critica sotto diversi aspetti: instabilità politica, violenza di matrice islamista e povertà dovuta ad un’economia prevalentemente agricola e martoriata da carestie che si sommano all’eredità del recente conflitto. Ciò non di meno, per chi migra dal Mali le cose non vanno meglio: secondo l’ultimo Rapporto sulla Protezione Internazionale in Italia, tra i migranti che affrontano i cosiddetti viaggi della speranza attraverso il Mediterraneo, vi sarebbero stati nel 2017 anche 7.789 maliani, nel 2014 erano circa 9 mila, nel 2015 circa 5.800 e nel 2016 vi fu il picco di 10.010 persone. Tra coloro che nel 2016 e nel 2017 hanno fatto richiesta di protezione internazionale nel nostro Paese, solo 4 su 10 hanno ricevuto esito positivo. Gli altri in linea teorica dovrebbero essere rimpatriati, in quanto non avrebbero diritto a essere considerati rifugiati con diritto a rimanere sul ruolo italiano.

Intanto però, la fame, l’insicurezza, il terrorismo e la paura, in Mali, in Africa aumentano e la missione dell’Unhcr ha pubblicato un “operational report update” a gennaio 2018, in cui denuncia come solo il 12% del budget necessario per sostenere l’assistenza umanitaria, sia stato sino ad ora finanziato. Si dice che nel 1324 Mansa Musa, sovrano dell’Impero del Mali, fosse la persona più ricca del globo ed avesse fatto un viaggio epico verso la Mecca, con una carovana formata da 60 mila uomini e 12 mila schiavi. All’epoca però, mentre il Mali prosperava, era l’Europa ad essere in difficoltà, falcidiata dalla Peste Nera, da successive carestie, guerre intestine come quella dei Cent’anni e da svariate rivolte popolari. Insomma, la fortuna, è decisamente alterna.

L’immagine di copertina è tratta dal sito di Pressenza

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