Somalia, l’embargo violato

Emirati Arabi Uniti ma anche lo stesso governo somalo continuano a non rispettare la restrizione Onu. Un nuovo rapporto

di Al. Pi.

L’imposizione di un embargo non è, come si sa, di per sé garanzia di successo. E in effetti così è stato ed è anche per la Somalia. Il rapporto di un gruppo di esperti del Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite svela alcune delle più recenti violazioni.

Il rapporto, ancora non pubblicato ufficialmente che ha trovato spazio su Al Jazeera, rileva che gli Emirati Arabi Uniti hanno continuato la costruzione di una base militare a Berbera nella regione del Somaliland (regione settentrionale della Somalia che, in seguito alla guerra interna, si è autoproclamata indipendente nel 1991) e il trasferimento di equipaggiamenti militari.

Pare che gli Emirati Arabi Uniti stiano anche investendo nello sviluppo di un porto situato vicino allo Yemen, dove lo Stato combatte dal 2015, a fianco dell’Arabia Saudita contro i ribelli Houthi.  Nel rapporto si rileva poi che il gruppo di esperti delle Nazioni Unite non ha ricevuto risposta dalle autorità del Somaliland. Secondo il team di esperti, nel settembre 2017, la polizia marittima dello stato somalo del Puntland ha intercettato una nave diretta dallo Yemen alla Somalia e sequestrato le armi trovate a bordo.

Se ora si chiedono spiegazioni agli Emirati Arabi pochi mesi fa l’Onu chiedeva spiegazioni anche alla Somalia. Anche il governo somalo sta infatti continuando a importare illegalmente armamenti pesanti nonostante la proibizione dettata dall’embargo.Nel luglio 2017 un funzionario dell’agenzia di sicurezza, sul sito Garowe Online riportava la notizia che il governo aveva acquistato da Gibuti armi pesanti e leggere, sequestrate prima che arrivassero ai ribelli sciiti houti, in Yemen.

Non solo. Sempre nell’estate 2018  il giudice per l’udienza preliminare di Firenze ha condannato con rito abbreviato tre cittadini somali che dalla Toscana inviavano nel proprio Paese mezzi militari dell’esercito italiano dismessi. Il gruppo, secondo quanto ricostruito dalla Polizia stradale del compartimento della Toscana nell’operazione “Broken Tank” della Procura di Firenze, aveva il compito di non demilitarizzare i veicoli ma di mantenerne tutti gli armamenti in dotazione: luci di guerra, vernici antiriflesso, pneumatici antiproiettile, strumentazioni radio, installazioni da difesa leggera per fucilieri e mitraglieri.

Secondo l’indagine a commissionare gli acquisti erano direttamente i guerriglieri somali. Nel gennaio 2018 la Somalia aveva richiesto la revoca dell’embargo imposto nel 1992 per poter gestire le operazione sul territorio controllate dalla missione dell’Unione Africana, Amisom. “I nostri appelli per la revoca dell’embargo sulle armi sono ben giustificati dal fatto che i somali non stanno più combattendo una guerra civile basata sul clan, che dava agli Stati Uniti e alle Nazioni Unite un valido motivo per imporre l’embargo”, ha riferito l’ambasciatore somalo in Etiopia, Mohamed Ali-Nur Hagi, all’agenzia turca Anadolu e riportato sul portale Nigrizia.it.

Nonostante le pressioni, però, l’embargo non è stato dismesso. Il no dell’Onu è arrivato anche a causa dello scontro, tuttora in atto, tra le forze governative e le milizie dell’organizzazione terroristica di al-Shabaab.

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