La guerra del greggio

Dopo l'annuncio dell'uscita del Qatar dall'Opec: una mossa sullo scacchiere regionale in un’area di confronto globale fra potenze

di Maurizio Sacchi

Il Qatar ha recentemente annunciato che lascerà l’OPEC l’anno prossimo, ritirandosi dopo 57 anni di adesione. La mossa a sorpresa rivela le fessure profonde all’interno dell’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries)  in un momento in cui il potere decisionale del cartello si coalizza intorno all’Arabia Saudita e alla Russia, che non ne fa parte. Con il blocco che colpisce un taglio di produzione più grande del previsto per il 2019, la Qataxit (o Opexit, se si preferisce) probabilmente creerà una maggiore volatilità del mercato petrolifero, in un momento in cui Washington alimenta l’ostilità anti-OPEC.

In realtà il suo ritiro sarà in gran parte simbolico, dato il fatto che il Qatar è un produttore minore di petrolio di minoranza, con 600.000 barili al giorno, ai fronte degli 11 milioni sauditi.  Si tratta però di un colpo contro il suo rivale regionale, l’Arabia Saudita, che ha promulgato un boicottaggio contro il Qatar nel giugno 2017, sulle base di accuse secondo cui Doha sosterrebbe  il terrorismo. La decisione mette anche in luce i crescenti sentimenti di esclusione dei membri dell’OPEC da parte dell’asse saudita-russo.

Il vero punto di forza del Qatar sta nel gas, e in questa nuova fase l’emirato uscente sta rafforzando le sue strategie, compresa quella della ricerca, in particolare con l’ENI. La sua più recente acquisizione, come riportato dal Journal of Petroleum Technology del 18 dicembre, riguarda una quota del 35% dei diritti  offshore di ENI  in Messico. Il Qatar è attualmente il terzo maggior fornitore al mondo di gas naturale liquefatto (GNL) dopo l’Australia e gli Stati Uniti.

Varsha Koduvayur

Ma secondo Varsha Koduvayur , esperta dell’area, la cui opinione è riportata da The Guardian:  “…nel dicembre 2016, la Russia e l’Arabia Saudita, due dei maggiori esportatori di petrolio del mondo, si sono uniti per siglare  l’accordo OPEC  che ha tagliato circa 1,8 milioni di barili al giorno nel tentativo di sostenere una brusca frenata dei prezzi del petrolio. L’accordo è stato storico: per la prima volta in 15 anni i paesi OPEC e non-OPEC avevano collaborato. Mentre il motivo ufficiale del Qatar per uscire è che così si può concentrare maggiormente sulle sue ambizioni di gas naturale, il suo ministro dell’energia – dice ancora l’analista – ha insistito sul fatto che il petrolio è “controllato da un’organizzazione gestita da un solo Paese”, un riferimento appena velato all’Arabia Saudita. Il potere di Riad all’interno dell’OPEC è notevolmente cresciuto, in gran parte perché è l’unico membro con una significativa capacità inutilizzata. E sebbene Mosca non sia un membro ufficiale dell’OPEC, la sua successiva cooperazione con Riad ha stabilito la politica dell’OPEC da quando è stato raggiunto l’accordo del 2016. Con i sauditi che sembrano desiderosi di trasformare questa relazione in un accordo a più lungo termine”.Secondo la ricercatrice della Foundatione for Defense of Democracies, “Gli interessi degli altri membri non sono sempre stati in linea con quelli dell’asse saudita-russo, fomentando conflitti nell’OPEC. L’Iraq, pur accettando di estendere i tagli all’OPEC  nel 2018, ha osservato che lo sta facendo a costo personale, dato il grave disagio fiscale del paese. Altri membri dell’OPEC, tra cui Venezuela, Kuwait, Nigeria e Algeria, secondo quanto riferito, si sentono emarginati dal dominio saudita-russo.”

Ma l’uscita dall’OPEC non è solo una questione finanziaria o industriale. Sulle valenze strategiche di questa mossa, e delle altre recenti iniziative di Doha, scrive ad esempio il Jerusalem Post : “Il Forum di Doha organizzato dal Qatar è stato criticato per aver fornito al regime iraniano una piattaforma per sostenere la sua agenda, tra cui la sua politica  verso l’America. Nel radunare i ministri degli esteri dell’Iran e della Turchia, i leader del Qatar, i Democratici del Congresso degli Stati Uniti e una pletora di altre voci, il forum ha dato ampio spazio a discussioni sul Medio Oriente, mentre la regione si sposta dalla minaccia dell’ISIS a uno scontro USA-Iran.

Con 800 partecipanti provenienti da 70 paesi e 100 relatori, il Forum è stato importante ed è stato simbolico il fatto che non abbia  incluso voci americane di alto livello governativo. “L’Iran ha cercato di sfruttare il Forum. Il ministro degli Esteri Javad Zarif – scrive ancora il quotidiano israeliano – ha dichiarato che le sanzioni non funzioneranno e ha cercato di ritrarre l’Iran come un paese responsabile e vittima della politica statunitense. Il Qatar, l’ospite, ha voluto utilizzare il Forum per sfidare l’isolamento che ha avvertito durante le crisi del Golfo in cui l’Arabia Saudita e i suoi alleati, come gli Emirati Arabi, avevano cercato di bloccarlo. Invece, l’evento ha messo in mostra come il Qatar non sia isolato e come sia cresciuta la sua alleanza con la Turchia e  il rafforzamento dei sui rapporti con l’Iran”.

Insomma, lo scontro interno all’OPEC rivela come le forze in gioco vadano al di là degli interessi immediatamente economici; e come vada iscritto all’interno di uno scacchiere geo-politico, in cui si incrociano alleanze  e diverse potenze regionali e globali si affrontano.

Nell’immagine di copertina una nave che carica greggio. Nel testo, la schermata odierna di OilPrice, sito dedicato al prezzo del barile e, più sotto, l’Homepage dell’Opec

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