Celebrazioni di sangue

Settant’anni di Israele e della Nakba macchiati dal sangue nel giorno in cui gli Usa spostano l’ambasciata a Gerusalemme

di Alice Pistolesi

Il primo giorno della nuova sede dell’ambasciata Usa a Gerusalemme è stato caratterizzato dal sangue di 59 palestinesi – uccisi lungo il confine con la striscia di Gaza – , dagli “scontri” lungo la frontiera (Amnesty, che trova improprio il termine scontri, denuncia un uso spropositato e non necessario della forza) e a Gerusalemme. I feriti sono attorno a 3000.

Il 14 maggio è l’ennesima data di morte che il popolo palestinese ricorderà: il giorno in cui i rappresentanti americani e il premier israeliano Netanyahu hanno celebrato l’apertura della nuova ambasciata americana.

Questa data aveva già un significato negativo per la Palestina dal momento che si celebra la Nakba, per i palestinesi “la catastrofe”, ovvero il giorno in cui si ricorda la sconfitta nella prima guerra combattuta fra arabi e israeliani e la nascita dello Stato d’Israele.

 La cerimonia

Alla cerimonia di inaugurazione della sede c’era una delegazione di fedelissimi di Trump e la figlia Ivanka oltre ai rappresentanti di quattro Stati dell’Unione Europea: Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Romania. Repubblica Ceca e Romania non si limitano alla partecipazione alla cerimonia e hanno annunciato che procederanno allo spostamento delle proprie ambasciate nella città di Gerusalemme.

La stessa promessa è arrivata dal Guatemala, che inaugurerà la nuova sede alla presenza del presidente Jimmy Morales e dal Paraguay.

La decisione era invece stata condannata dal Vicino Oriente, tra cui Giordania, Iran, Libano, Egitto e Turchia, che erano infatti tutti assenti alla cerimonia.

Manifestazioni represse nel sangue

Migliaia le persone che hanno manifestato al confine della striscia di Gaza. L’esercito israeliano ha utilizzato gas asfissianti e proiettili in gomma provocando circa cinquanta vittime e migliaia di feriti.

Le proteste sono inserite nella grande manifestazione palestinese denominata ‘La marcia del ritorno’ e proseguono dalla fine di marzo. L’esercito israeliano ha, anche in quelle occasioni, sparato sulla folla causando oltre 40 vittime.

La grande marcia ha l’obiettivo di realizzare il “diritto al ritorno”, ovvero permettere  ai discendenti dei rifugiati che nel 1948 persero le proprie case di ritornarci.

Nei giorni scorsi aerei dell’aviazione militare israeliana hanno poi bombardato la striscia di Gaza dichiarando di aver mirato su “cinque obiettivi in una struttura militare d’addestramento”.

Le manifestazioni contro lo spostamento dell’ambasciata sono arrivate anche nel campo profughi di Ain el Helweh, a Sidone, a sud di Beirut, dove migliaia di palestinesi hanno marciato per le strade della città.

“L’Unione Europea non cambia idea”

“Su Gerusalemme l’Ue ha una posizione chiara, che non cambia”, ha detto Federica Mogherini, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione.  “Gerusalemme è una città santa per ebrei, musulmani e cristiani”.

“I legami del popolo ebraico con Gerusalemme sono inconfutabili – ha detto – e non devono essere negati. E lo stesso vale per i legami del popolo palestinese verso la stessa città”.

La rappresentante ha poi rivolto un appello “Ci aspettiamo che tutti agiscano con la massima moderazione per evitare ulteriori perdite di vite”.

Le condanne

Un altro appello è arrivato anche dal segretario generale della Lega araba con delega per la questione palestinese e i territori occupati, Said Abou Ali che ha richiesto “un intervento internazionale urgente per fermare l’orribile massacro perpetrato dalle forze di occupazione israeliane contro i palestinesi, in particolare nella Striscia di Gaza”. Per il momento nessuna presa di posizione ufficiale da parte delle Nazioni Unite che pare però stiano convocando  un Consiglio di Sicurezza d’urgenza.

Una condanna attesa poi quella di Amnesty International che denuncia una “ripugnante violazione delle norme internazionali e dei diritti umani”. Tra i quasi “2000 feriti, molti sono stati colpiti alla testa e al petto. Oltre 500 sono stati feriti da pallottole. Bisogna porre fine adesso a tutto ciò”.

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