Gli armeni siriani: un’odissea senza fine

Dalla fuga dalla guerra ad una difficile integrazione in un Paese che ospita siriani da secoli. Reportage

L’Armenia sta vivendo un momento di grande cambiamento politico tra proteste di piazza, l’elezione del nuovo premier (ex presidente della Repubblica) e le successive dimissioni.

Di seguito la seconda parte del reportage scritto da Teresa Di Mauro, che in questi mesi si trova in Armenia. A questo link il primo testo.

di Teresa Di Mauro

Già all’inizio dell’anno 1000 non sarebbe stato sorprendente incrociare qualche armeno tra le vie di Kassab, una città siriana di confine nord orientale, ma dopo il genocidio del 1915, la presenza armena si è intensificata. Ad Aleppo, Damasco, Deir el Zor hanno creato delle grandi comunità costruendo chiese, scuole, aprendo business di ogni tipo, guadagnando ottimi salari e conducendo una vita agiata. Lo scoppio della guerra civile in Siria nel 2011 però, ha fatto loro rivivere il terrore delle persecuzioni e li ha costretti a fuggire di nuovo. Secondo un’indagine dell’ organizzazione armena per la difesa dei diritti umani , 22 000 armeno-siriani sono arrivati in Armenia, tra il 2011 ed il 2015, un numero consistente per un paese che conta 2 milioni e mezzo di abitanti.

Dal punto di vista legislativo l’Armenia ha ratificato la convenzione di Ginevra del 1951 nel 1993 e ufficialmente dal 2009 il governo di Yerevan ha adottato una propria legislazione in materia di rifugiati e richiedenti asilo, ma nonostante sia obiettivo del governo quello di garantire tutte le condizioni necessarie affinchè nessun armeno sia costretto a vivere all’estero( per questo nasce il Ministero della Diaspora) la realtà dei fatti purtroppo, ha smentito i grandi propositi. La procedura per il riconoscimento dello status di rifugiati può richiedere mesi, anni, costringendo chi ne fa richiesta ad un lungo ed estenuante periodo di attesa. Inoltre una delle peculiarità della situazione armena riguarda il problema della doppia nazionalità: gli armeni provenienti da Siria ed Ucraina, in possesso anche di cittadinanza armena, non possono essere riconosciuti come rifugiati in Armenia, ma devono far richiesta in un paese terzo.

Durante il periodo di attesa, i richiedenti asilo vengono sistemati all’interno di strutture apposite, ma dal momento in cui lo status viene loro riconosciuto, sono costretti ad abbandonare il centro e provvedere da soli ad una sistemazione. Ciò ha creato non pochi problemi sia per la mancanza di strutture adibite ad accoglierli, sia per i costi che un’abitazione comporta e che i rifugiati solitamente non possono sostenere. Di conseguenza alcuni trovano sistemazioni temporanee tramite familiari, altri sono aiutati da associazioni come l’ UNHCR e Mission Armenia e altri ancora sono costretti a vivere in hotel o ostelli.

A ciò si aggiunge la difficoltà di trovare lavoro. L’Armenia è un paese povero che sta attraversando una grave crisi economica e il salario medio è tutt’altro che dignitoso ( circa 250 euro al mese). Di fronte a ciò, uno studio dell’UNHCR del 2015 ha dimostrato che sono tre le vie intraprese: alcuni rimangono in Armenia aspettando il resto della famiglia in attesa dei documenti in Siria, altri ricevono sostegno economico da chi riesce ancora a lavorare in Siria, ma la scelta più sorprendente è che la maggior parte, circa il 45%, fa ritorno volontario in Siria nella speranza di ricominciare a lavorare e aiutare coloro che sono rimasti in Armenia.

Per coloro che decidono di rimanere, l’integrazione è il passo successivo più importante. Nonostante siano anche loro di origine armena, le differenze percepite con gli abitanti di Yerevan sono molte: la lingua per esempio è diversa e talvolta causa fraintendimenti; gli armeni-siriani parlano armeno occidentale, mentre a Yerevan viene parlato l’armeno orientale. Inoltre, le differenze sono sostanziali anche sul piano economico: l’approccio imprenditoriale degli armeni- siriani dista molto da quello passivo degli abitanti di Yerevan.

Gli armeni orgogliosamente si stringono alle loro tradizioni e alla loro” unicità” di primi cristiani, rendendo talvolta difficile il processo di integrazione, ma camminando nel sottopassaggio della metropolitana di Yerevan, l’odore di spezie è così travolgente che è difficile non lasciarsi catturare. Proviene dall’Aleppo Market, un bazar gestito da armeno-siriani. E’ anche grazie a loro che la grigia e cupa Armenia post Sovietica sta ricominciando a prendere colore.

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