Il Dalai Lama: «Il Tibet come la Colombia»

di Andrea Tomasi

Le autorità comuniste della provincia del Tibet hanno distribuito nei monasteri buddisti dell’area un «manuale» con nuove e più dure leggi contro le proteste. «Le dimostrazioni, anche solitarie, e i suicidi politici – si legge – saranno puniti con molti più anni di carcere». Prevista una pena detentiva anche per eventuali co-cospiratori (termine che permette ampia libertà di interpretazione da parte dei cinesi). È quanto si apprende leggendo asianews. Le proteste «includono il diffondere all’estero notizie su quanto avviene in Tibet». Ai monaci è è vietato l’uso dei social network e limitato l’accesso a internet. Lobsang Yeshi, religioso del monastero di Kirti costretto a fuggire in India, commenta al quotidiano Phayul: «Le autorità usano il diritto come mezzo per giustificare la repressione dei tibetani. Queste nuove leggi dimostrano quale sia la vera situazione in Tibet». Tenzin Gyatso, il XIV Dalai Lama, in visita in Italia non vuole occuparsi delle polemiche che hanno accompagnato il suo riconoscimento e le dure azioni di Pechino. Il nuovo leader comunista del Tibet ha ribadito che «contrastare il Dalai Lama è la più alta priorità regionale di Pechino». Xi Jinping si rivela meno aperto di quanto si sperava e sicuramnete di quanto sperava il Dalai Lama. «Il clima in Tibet – dichiara Tenzin Gyatso, intervistato da Repubblica – rimane estremamente cupo e repressivo, caratterizzato da controlli costanti sui tibetani ai quali sono negati molti diritti umani fondamentali. Lo ammettano o no, il Tibet resta una spina per la Cina che intende svolgere un ruolo importante nel mondo». Il Tibet è sempre più esposto, da qualsiasi parte lo si voglia guardare: «Consideriamo la condizione della nostra terra come un riflesso diretto della interdipendenza globale. La nostra casa è sull’altipiano più elevato e grande del mondo, dove il riscaldamento climatico è quasi tre volte più veloce rispetto al resto del pianeta. È il più vasto deposito di acqua dolce e di ghiacciai dopo i Poli, fonte dei maggiori sistemi fluviali vitali per le dieci nazioni più densamente popolate al mondo. Per questo diciamo che tutto è interconnesso, e ora anche i leader cominciano a rendersi conto che devono sempre considerare le conseguenze delle loro azioni». Non fosse per altro, il Tibet può interessare il governo cinese proprio perché rappresenta una enorme riserva d’acqua per il presente e per il futuro. Il Dalai Lama allunga lo sguardo verso l’orizzonte mediorientale: «Piuttosto che cedere al disagio, è tanto più necessario oggi essere realistici, fiduciosi e ottimisti. Guardate gli esempi di gente qualunque che in tutto il mondo mostra grande compassione verso le sofferenze dei profughi, coloro che li hanno salvati dal mare e quanti li hanno accolti o fornito amicizia e sostegno, come nel vostro Paese». Il problema della gestione dein profughi – al netto di come si è mossa la Turchia, in linea con le indicazioni dell’Ue, nel recente passato per fermare i disperati in cerca di una vita migliore. «Se è dovere di tutti aiutarli in ogni modo possibile, accogliere i rifugiati in numero schiacciante non è una soluzione pratica. L’intera popolazione del Medio Oriente non può muoversi in massa verso l’Europa. Più importante nel lungo termine è riportare la pace nelle terre dalle quali stanno fuggendo in modo che possano poi tornare a casa». Insomma è la ricetta dell’«aiutiamoli a casa loro», che in bocca al Dali Lama non ha quel sapore di iprocrisia percepibile quando la stessa formula viene usata da politici italiani o europei. E i terroristi islamici, che – stando ad una certa vulgata – approderebbero sulle coste italiane grazie anche ai barconi dei migranti e alle navi guardiacosta italiane? «Non sono d’accordo con chi parla di “terroristi islamici”. I terroristi sono terroristi e basta le cui azioni spaventose sono in contrasto con tutti gli insegnamenti religiosi e i codici del buonsenso. Anche se io sono un monaco buddista, ho difeso l’Islam perché so che un vero musulmano non commette spargimenti di sangue». Non mancano le critiche alla politica internazionale: «Coloro che sono giovani oggi hanno entrambi l’opportunità e la responsabilità di lavorare per creare un mondo migliore e più felice. Juan Manuel Santos, presidente della Colombia, ha appena firmato un accordo storico che pone formalmente fine a 52 anni di guerra civile. Questo è un esempio vivente che il dialogo, il compromesso, possono essere raggiunti».

 

http://www.repubblica.it/esteri/2016/10/20/news/dalai_lama_cina-150166655/

http://www.asianews.it/notizie-it/Tibet,-Pechino-inasprisce-le-leggi-contro-proteste-e-auto-immolazioni-38376.html

foto tratta da asianews.it

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