L’eredità del Venerdi Santo

L'Irlanda del Nord a vent'anni dallo storico accordo dell'aprile del 1988. Le ombre di una ferita che stenta a chiudersi

di Lucia Frigo

Belfast – Sono passati esattamente vent’anni: questo 10 Aprile è il ventesimo anniversario dell’Accordo del Venerdì Santo, lo storico trattato di pace in Irlanda del Nord. Era il 1998: il Governo britannico e i partiti nordirlandesi che avevano partecipato al conflitto (ad eccezione del DUP, il partito unionista democratico, che si oppose all’accordo fino alla fine) sancirono, nel Parlamento di Stormont, Belfast, la fine di un tre decenni di scontri armati e guerriglia. Sulla carta misero una serie di istituzioni e misure per lasciarsi il conflitto alle spalle: ma trent’anni di guerra tra vicini di casa, repressione e allarmi bomba non sono facili da superare.

Oggi, Belfast è una città che ama presentarsi come moderna, ricca, sicura, e assolutamente pacifica. Di fronte ai turisti, la gente minimizza e sorride. Vanta che, dopo anni di perquisizioni ogni mattina prima di entrare al lavoro, la capitale dell’Irlanda del Nord sia ad oggi la città più sicura d’Europa.

Separazione

Ma se il desiderio di guardare avanti è forte, fortissima è ancora la separazione, tanto a livello politico quanto in campo religioso. I segnali sono molti, contrastanti, e vanno letti: innanzitutto, Belfast è una capitale assolutamente spoglia di bandiere. Gli studenti ci raccontano allegramente che nel loro appartamento convivono protestanti e cattolici, senza problemi: ma è emblematico che, nel descrivere quella che chiamano “normalità”, si sentano in dovere di specificare un simile dettaglio, non richiesto. Del resto, sì, i bambini vengono educati alla pace, ma divisi in scuole cattoliche e scuole protestanti.

Poi, ci sono le “linee della pace”. Cioè i muri. Le periferie sono ancora fortemente caratterizzate da simboli settari: qui ricompaiono le bandiere, minacciosamente appese ai lampioni o ostentate ad ogni finestra. Il muro nella periferia Ovest di Belfast è diventato un’attrazione turistica, per i murales che rappresentano attivisti politici e martiri di una o dell’altra fazione, ma rimane una parete di cemento alta dieci metri e cinta di filo spinato. E’ un vero confine, con cancelli e stazioni di polizia, fra Falls Road e Shankill Road: due strade parallele, tristemente note per essere punti di riferimento rispettivamente della fazione lealista, fedele al governo inglese e al Commonwealth di Sua Maestà (e prevalentemente protestante) e di quella unionista, a maggioranza cattolica, che sognava una Repubblica d’Irlanda finalmente riunita.

Confini

Un confine in cui i cancelli sono ancora chiusi ogni giorno all’ora del coprifuoco: nel 2011, il governo cittadino ne aveva proposto la rimozione, ma il 69% della popolazione aveva risposto di sentirne ancora il bisogno, in caso di potenziali nuove violenze.

Insomma, è comprensibile lo scetticismo del popolo nordirlandese di fronte alle celebrazioni per il ventennio di una pace così delicata. Condividono, sicuramente, il desiderio di una pace duratura, oggi sempre più minacciata dalla Brexit e dall’ombra di un imminente confine.
Condividono, piccolo segnale positivo, una neonata voglia di spiegare quegli anni difficili, nei musei, nelle mostre fotografiche, tanto ai turisti quanto ai loro figli. Ma è difficile: perché, come spiegano loro stessi, condividono un passato comune, ma le memorie sono diverse. “While we have a shared past, we do not have a shared memory”: si legge nell’Ulster Museum di Belfast, che ospita un’esposizione permanente sul Conflitto Nordirlandese.

Nelle due immagini:
Il “Muro della Pace” a Belfast Ovest, lungo Falls Road.
Sotto:Graffiti sul “Muro della Pace” a Belfast Ovest, sul lato Unionista-repubblicano

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