Libia, destino da decidere

Non solo la contesa tra Tripolitana e Cirenaica, nel Paese preoccupa anche la situazione del Fezzan alla vigilia dell'incontro di Palermo voluto dall'Italia il 12 e 13 novembre

E’ un futuro ancora incerto e da scrivere quello della Libia. Oltre alla contesa di potere tra Tripolitana e Cirenaica, della quale i Paesi Occidentali (Italia in primis) si occupano da anni, il problema riguarda anche il Sud, il desertico Fezzan. Del destino del Paese nordafricano, ben lontano dalla pacificazione interna, si parlerà alla Conferenza internazionale di Palermo del 12 e 13 novembre organizzata dalla diplomazia italiana.

L’obiettivo dell’incontro è trovare una soluzione alla crisi politica che oppone le autorità di Tripolitania e Cirenaica e discuterne con almeno tre attori fondamentali per la stabilizzazione del Paese, ovvero Fayez al-Serraj, Presidente del Consiglio presidenziale del Governo di Accordo nazionale della Libia e interlocutore delle Nazioni Unite, il comandante Haftar, detto ‘l’uomo forte della Cirenaica’ che si è autoproclamato comandante dell’esercito nazionale libico sostenuto da Francia, Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti e il capo della camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh.

Prima dell’incontro di Palermo, l’8 novembre, il Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Libia, Ghassan Salamè, presenterà all’Onu il nuovo piano per la Libia.  Tra i punti principali, le elezioni da tenersi nel 2019 e non il 10 dicembre, come inizialmente previsto e il rilancio economico del Paese.

Ma la preoccupazione per la Libia non riguarda solo la disputa tra Est e Ovest, ovvero tra Tripolitana e Cirenaica ma investe anche il Sud. Nella perlopiù desertica regione del Fezzan, infatti, agiscono indisturbati gruppi ribelli stranieri e organizzazioni criminali. Come riportato dal reportage di Samira Bendadi pubblicato sul giornale belga Mondiaal Nieuws e riportata in Italia da Internazionale,  uno dei gruppi che più preoccupa è il Consiglio del Comando militare per la salvezza della Repubblica (Ccmsr). Nato nel 2016 con l’obiettivo di rovesciare il governo del presidente del Ciad Idriss Déby, conta oggi 4500 combattenti. I ribelli del Ciad avrebbero campi di addestramento nel Fezzan, rinvenuti e già denunciati dal governo di al-Sarraj.

Ma il desertico e incontrollato Fezzan non fornisce base solo al gruppo di Ccmsr. Anche molti gruppi ribelli del Darfur hanno infatti, secondo un documento arrivato al consiglio di sicurezza dell’Onu nell’agosto 2018, messo radici nel Sud della Libia.

Dopo anni di distanze e posizioni diversificate oggi Niger, Ciad e Sudan riconoscono la legittimità del governo di accordo nazionale in Libia ma mantengono allo stesso tempo buone relazioni con Haftar. Nell’aprile del 2018 Sudan, Ciad, Niger e Libia avevano firmato un accordo di cooperazione con l’Italia per coordinare gli interventi delle forze armate e fermare le attività criminali lungo le frontiere. Per sradicare le milizie collegate al Sudan e al Ciad il 20 ottobre Haftar ha annunciato un’operazione militare. Nonostante questo, secondo alcuni osservatori, l’unica soluzione per pacificare un’area afflitta da decenni di ribellioni è garantire lo sviluppo della regione e riconoscere i diritti delle minoranze di tutti questi Paesi. Intanto al Cairo sono ripresi i colloqui sulla riunificazione dell’esercito libico per mettere fine al proliferare delle milizie.

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