Lima divisa dal muro della vergogna

Molte delle barriere che in giro per il mondo dividono città, confini, famiglie, affetti sono accompagnati dall’appellativo ‘della vergogna’.

Non fa eccezione quello che nella capitale del Perù divide i quartieri della città dalle baraccopoli, le cosiddette barriadas.

Il muro, lungo dieci chilometri e alto tre, è protetto dal filo spinato.

Costruito a partire dagli anni Ottanta ha uno scopo ben preciso: dividere i ricchi dai poveri.

Un reportage dall’ennesimo muro della vergogna si legge sul settimanale Internazionale, dove il giornalista Fabiano Maisonnave  ha per il quotidiano Folha S Paulo incontrato famiglie e approfondito la questione del muro.

Come spesso accade quando si tratta la questione delle divisioni e dei muri chi, in linea d’area impiegherebbe pochi minuti a raggiungere il lavoro, è costretto ad aggirare la recinzione e a percorrere svariati chilometri.

Nel 1961 nelle baraccopoli, tuttora in molte aree non regolarizzate, vivevano duecentomila persone, nel 2007 gli abitanti erano 4,1 milioni, circa il 40 per cento della popolazione della città. Gli abitanti sono per la maggiorparte indigeni che in molti casi vivono senza luce elettrica e acqua potabile.

Il muro può essere considerato una commistione tra pubblico e privato e nella sua costruzione ha seguito il ritmo dell’espansione delle baraccopoli. Il primo tratto fu costruito nel 1985 dal collegio Immacolata concezione, amministrato dai gesuiti.

“Oggi – si legge nel reportage – oltre al tratto di muro del collegio, di Las Casuarinas e di altri condomini privati, ce n’è uno controllato dal comune: è una barriera di pietre e filo spinato costruita dal municipio di La Molina (uno dei 43 distretti della provincia di Lima) al confine con Pamplona Alta. Il muro è un po’ più basso di quello dei condomini privati e ha un varco per consentire il passaggio, sorvegliato dalla guardia municipale”.

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