Nicaragua, la strage dei coniugi Ortega

Centinaia di persone ammazzate, miglia di feriti e tanti in carcere senza motivo. La coppia presidenziale è artefice di un massacro. La gente che si oppone alla dittatura viene fatta morire. Vietato protestare contro le nuove regole in materia di pensioni. Vietato scendere in piazza

di Andrea Tomasi

Chi può, cioè chi ha soldi, fugge, abbandona il Paese. Destinazione: Stati Uniti, Canada, Costa Rica, Honduras, Panama ed El Salvador. Non si contano le persone in fila davanti agli uffici del dipartimento Migrazioni di Managua, in attesa di avere i documenti necessari per l’espatrio.

Siamo in Nicaragua. È questo uno degli effetti della repressione messa in atto da Daniel Ortega e dalla moglie Rosaria Murillo. La coppia presidenziale è artefice di un massacro. La gente che si oppone alla dittatura viene fatta morire. Vietato protestare contro le nuove regole in materia di pensioni.

Prima la riforma previdenziale “lacrime e sangue” per rimettere in sesto i conti disastrati dello Stato. Poi la protesta. E poi la furia violenta del governo contro i cittadini scesi in piazza. In queste ore si fa la conta delle vittime.

I collettivi di studenti denunciano le risposte violente del governo di Ortega alle proteste: 286 persone sono state assassinate, 600 detenute illegalmente e 2000 sono rimaste ferite.

La riforma prevede prelievi forzati alle pensioni e agli stipendi. I conti non tornano e questa è stata solo la miccia accesa in una polveriera sociale. A questo si è aggiunto l’atteggiamento a dir poco dispotico della first lady a cui è stata assegnata la carica di vicepresidente del Paese. La donna ha definito gli studenti in rivolta dei «vandali» e «mediocri. Parole, le sue, che hanno fatto scoppiare la rabbia di chi non vuole essere schiacciato da un governo crudele, prima che incapace di tenere in ordine il bilancio.

L’agenzia Nova fa sapere che la Commissione interamericana per i Diritti umani (Cidh) ha esortato il governo del Nicaragua a cessare la repressione e gli arresti arbitrari nel contesto della crisi che ha provocato oltre 200 morti dall’inizio delle proteste, il 18 aprile. «È urgente e imperativo fermare la repressione e la detenzione arbitraria, oltre che nuove forme di abuso segnalate», ha chiesto Antonia Urrejola, relatrice di un rapporto Cidh sul Nicaragua. Urrejola ha anche deplorato la mancanza di rispetto per le misure precauzionali prese nei confronti delle persone sotto minaccia, e ha ribadito allo stato del Nicaragua l’importanza di garantire la vita, integrità e sicurezza di tutte le persone che stanno manifestando nel pieno diritto di esercitare la loro libertà pubblica. Nel rapporto, scrive il quotidiano “El Universal”, la Commissione riferisce anche della morte di 18 persone, che sarebbero decedute “violentemente nel contesto della repressione attuale”, e di diverse persone ferite durante la prima settimana di lavoro del Meccanismo speciale di accompagnamento per il Nicaragua (Meseni)».

Virginia Negro de La Repubblica ricorda la storia del quindicenne Alvaro Conrado, «colpito alla gola da una pallottola mentre appoggiava i manifestanti della prima linea con acqua, a cui furono chiuse le porte dell’ospitale per ordine ministeriale».

«La frase ripetuta da Alvaro “Me duele respirar” (non riesco a respirare) è diventata uno degli slogan della protesta contro il governo di Ortega e Murillo. Un Fsln (Frente Sandinista de Liberación Nacional) ormai di proprietà della coppia che esercita il potere, in forma dittatoriale e davanti al quale molti esponenti storici del sandinismo, hanno preso le distanze; uno tra tutti, l’intellettuale Sergio Ramirez».

«In questi giorni – conclude Negro – si stanno formando Collettivi come Sos Nicaragua Global. Giovani studenti che vivono soprattutto in Messico, si sono uniti per cercare di diffondere informazione, per fare pressione diplomatica chiedendo alla Comunità Internazionale di posizionarsi e di fare pressione sul governo di Ortega, ma anche cercando di canalizzare fondi alle varie associazioni locali che stanno attendendo i feriti, le famiglie delle vittime e la situazione di urgenza nella capitale Managua, come in svariati altri municipi dello stato. Il 30 giugno il giovane collettivo si è riunito davanti all’ambasciata USA in una Vigilia Internazionale, chiedendo giustizia e democrazia. “Il popolo vuole la rinuncia di Ortega. L’unico modo legale è che sia volontaria e accettata dall’Assemblea, che pure è controllata da Ortega, ed inoltre il potere passerebbe a Gustavo Porras, che resta un uomo del governo. Insomma, non cambierebbe niente. Per questo è necessario un intervento internazionale”».

 

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