In Africa la politica non è donna

Doveva essere la decade della donna il 2010-2020 ma c’è ancora molto da fare in Africa, così come nel resto del mondo, per la partecipazione attiva della donna in politica.

Ma non è solo un problema africano. Nel 2017 sono infatti  solo venti le donne che ricoprono l’incarico di Capo di Stato o Capo di Governo e rappresentano quindi il 6,3% dei 315 leader politici del mondo.

L’unico Stato nel quale sia la carica di capo di Stato che quella di capo di Governo è ricoperta da donne è il Regno Unito. In Africa, in questo momento, due sono le leader in carica.

Alcune buone notizie arrivano però dall’Africa. Il  Rwanda ha il più alto numero di donne in Parlamento con il 57,2% di seggi (54 parlamentari su 106 seggi), seguita dalla Svizzera con 157 parlamentari donne sul totale di 349 (44,9%) e dal Sud Africa: 194 donne in Parlamento su 454 (35,6%).

Nella classifica dei primi dieci c’è un altro Paese africano, il Mozambico. L’Italia – 54esima – è superata da un altro Paese africano, l’Eritrea, 52esima.

Le ministre in Africa hanno visto un declino in numeri dopo anni di crescita. Circa il 19,7% dei consigli dei ministri regionali erano composti da donne.

Oggi in Africa ci sono solo tre Stati (Sud Africa,Capo Verde e Ruanda) nei quali le donne ammontano a più del 30% dei ministri di gabinetto. In numeri assoluti  in Sud Africa c’è il più alto numero di donne ministro (15 per il 41,7% di tutti i ministri).

Nel continente africano 51 stati su 53 hanno firmato la ‘Convenzione per Eliminare tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne’ (CEDAW) e più di 18 Stati hanno assunto una politica nazionale di genere.

Nel Continente, infatti, la sensibilizzazione verso le prospettive di genere (dimostrate per esempio nelle legislazioni elettorali del Burundi, Sudafrica e Uganda) rappresentano modelli per la partecipazione attiva delle donne alla politica.

Nelle elezioni somale del febbraio 2017 era prevista ad esempio una ‘quota rosa’.

Per l’elezione della camera bassa 135 anziani dei clan tradizionali hanno selezionato 14.024 delegati che formano 275 collegi elettorali composto ciascuno da 51 membri. Di questi almeno 16 membri di ogni collegio dovevano essere donne.

Il sistema somalo si era dato come obiettivo la quota del 30% per le candidature femminili che finora non è stata raggiunta. Le cifre attuali suggeriscono infatti che la rappresentazione femminile sia più vicina al 25%. Nonostante il sistema elettorale non sia riuscito a raggiungere la quota, la cifra attuale è comunque ancora del 10% superiore al 14% raggiunto nel 2012.

Ma il sistema di ‘quote rosa’ somale  non è l’unico dato positivo per la partecipazione delle donne. Alcuni leader religiosi hanno offerto supporto all’impegno femminile nella politica, affermando che l’Islam non è in contrasto con l’impegno politico.

Ovviamente questa sensibilità può essere ancora più scarsa  in quegli Stati interessati da situazioni di conflitto, dove la difficoltà di portare avanti sensibilizzazione sui diritti umani in generale è ostacolata dalle situazioni contingenti.

'Prime donne' e donne presidente

La prima donna presidente in Africa è stata Ellen Johnson Sirleaf, salita al potere della Liberia nel  2005. La “Signora di ferro”, come viene spesso definita, è tuttora al potere.

Johnson-Sirleaf partecipò alle elezioni del Senato della Liberia nel 1985, ma dopo aver pubblicamente accusato il regime militare di Doe (People’s Redemption Council) fu condannata a dieci anni di prigione. Rilasciata dopo poco tempo, si trasferì negli Stati Uniti e tornò in Liberia nel 1997 nel ruolo di economista, lavorando per la Banca Mondiale e per la Citibank in Africa.

Nel primo turno delle elezioni del 2005 arrivò al ballottaggio contro l’ex-calciatore George Weah e vinse in elezioni considerate libere e corrette dagli operatori internazionali.

Nel 2011 ha vinto il Premio Nobel per la pace assieme a Tawakkul Karman e Leymah Gbowee “per la loro battaglia non violenta a favore della sicurezza delle donne e del loro diritto alla piena partecipazione nell’opera di costruzione della pace“.

Prima di lei la Liberia aveva avuto un’altra importante voce politica al femminile, Ruth Perry, che dal 1996 al 1997, fu portavoce del Consiglio di Stato in Liberia.

A ben vedere  Ellen Johnson Sirleaf  non è stata la prima donna a capo di una nazione africana. Prima di lei ci fu infatti il caso di Carmen Pereira che guidò la Guinea Bissau nel 1984 per soli tre giorni.

Ameenah Gurib-Fakim, presidente della repubblica del Mozambico dal 2015 è una biologa nota per le sue ricerche sulle piante che sono state presentate anche in consessi internazionali.

Tra gli obiettivi della scienziata , ovviamente, quello della sostenibilità ambientale. Poco dopo l’insediamento infatti dichiarò:  “ll cambiamento climatico per noi è una grande preoccupazione, possiamo sentirlo in termini di stagioni e stiamo assistendo a tempeste molto fori e violente. E’ una voce forte che deve essere ascoltata. Lo sviluppo sostenibile ha a che fare con la nostra identità di essere mauriziani e di essere un hotspot della biodiversità. Naturalmente, dobbiamo prestare molta attenzione all’educazione. E il mio partito si concentra su come avere un’economia giusta, perché sappiamo che con l’economia arriva l’occupazione e che si ottiene il welfare sociale. Abbiamo la sanità gratuita e l’istruzione gratuita”.

Le Mauritius avevano comunque già avuto una esperienza al femminile. Agnès Monique Ohsan Bellepeau è stata  infatti: primo ministro, vice presidente e presidente ad interim dal 2010 al 2016.

Nelle elezioni del 2010, si è assistito ad un boom di donne candidate alla presidenziali a sud del Sahara.

In Togo la prima donna candidata alla presidenza più di 50 anni di indipendenza fu nel 2010 Brigitte Kafui Adjamagbo-Johnson che però non riuscì ad essere eletta.

In Sudan tra i candidati che provarono a sfidare il presidente Omar el Bashir ci fu Fatima Ahmed Abdelmahmoud, la prima donna-candidato presidente nella storia del Sudan.

Leader del partito Sudanese Socialist and Democratic Union, corse per le presidenziali dell’aprile 2010, le prime in 24 anni ma ottenne solo lo 0,3% dei voti. L’opposizione per la sua candidatura fu strenua e Abdelmahmoud riuscì a candidarsi solo grazie alla tenacia dei propri sostenitori.

Tra le donne africane più conosciute a livello internazionale c’è poi Hellen Zille, l’unica donna a governare una delle nove province del Sudafrica. Zille si è distinta per la sua tenace opposizione a Jacob Zuma e per le politiche sociali,  importando in politica il metodo della società civile.

Nel 2007 Hellen è stata premiata come “il miglior sindaco al mondo”, un riconoscimento attribuito ogni anno dal City Mayor Project, che si occupa di monitorare l’operato dei sindaci nelle principali città.

In Burundi, Alice Nzomukunda del partito Democratic Alliance for Renewal of Burundi, ha militato tra i gruppi più attivi, partecipando al movimento Conseil National Pour la Defense de la Democratie-Forces Pour la defense de la Democratie (CNDD-FDD), fino alla sua nomina come vice-presidente, carica che ha ricoperto fino al 2008.

In Rwanda, Victoire Ingabire Umuhonza, presidentessa dell’Unified Democratic Forces (UDF), ha guidato nel 2010 la coalizione dei partiti d’opposizione ruandesi per unificare gli sforzi nella promozione della partecipazione politica e per rafforzare il processo democratico del Paese.

Altre sono poi le donne ad aver ricoperto cariche ad interim. Tra queste dal luglio 1993 al febbraio 1994, in Burundi Sylvie Kinigi che fu anche primo ministro.

Nel 2005 e nel 2008, Ivy Matsepe-Casaburri fu Capo di Stato ad interim in Sud Africa e ha rivestito anche la carica di ministro. In Gabon, Rose Francine Rogombé, fu Capo di Stato ad interim.

Da ricordare poi Joyce Hilda Banda, presidente eletta del Malawi, dal 2012 al 2014, di cui è stata anche vicepresidente e ministro degli Affari Esteri; Catherine Samba-Panza, presidente ad interim nella Repubblica Democratica del Congo.

Un’altra figura da ricordare è quella di Samia Nkrumah,politica ghanese, deputata dal 2009 al 2013. Figlia dell’ex Presidente Kwame Nkrumah, guida il Partito della Convenzione del Popolo.

Percentuali dal mondo

I dati Onu di Un Woman forniscono uno spaccato sulla percentuale delle donne parlamentari in tutte le regioni del mondo.

La percentuale, sebbene in aumento rispetto al passato, non è molto più confortante per quello che riguarda le donne parlamentari nel mondo.

Secondo i dati di Un Woman a giugno 2016 solo il 22,8% dei parlamentari del mondo sono donne con un incremento dal 11,3% del 1995. A gennaio 2017 dieci donne ricoprono la carica di capo di Stato e nove quella di capo del Governo.

Globalmente ci sono 38 Stati in cui le donne ammontano a meno del 10% dei parlamentari, mentre quattro assemblee sono totalmente al maschile.

A giugno 2016, 46 parlamenti erano composti da più del 30% di donne, 14 nell’Africa Sub Sahariana e 11 in America Latina.

A giugno 2016 nel Nord del mondo la percentuale era del 41,1%, il 27,7% nelle Americhe, il 24,3% in Europa (esclusi di Paesi del Nord), il 23,1% nell’Africa Sub Sahariana, il 19,2% in Asia, il 18,4% nei Paesi Arabi e il 13,5% nel Pacifico.

A gennaio 2015 solo il 17% dei consigli dei ministri era donna e la maggiorparte aveva come delega quella all’educazione, al sociale o alla famiglia.