Nubi sopra Dacca

Diciannove condanne a morte e l'ergastolo al capo dell'opposizione in Bangladesh. Massima allerta in città in un clima politico sempre più teso

La giustizia di Dacca ha comminato ieri ben 19 condanne a morte nelle file dell’opposizione e una sentenza di ergastolo al suo capo in esilio a Londra. La vicenda riguarda i gravissimi incidenti del 2004 quando un corteo dell’allora partito di opposizione – la Lega Awami ora al governo – fu attaccato anche con granate, con l’intento – secondo l’accusa – di uccidere il capo della Lega signora Sheikh Hasina, ora primo ministro. La donna fu circondata da un cordone di militanti del partito che le salvarono la vita ma negli incidenti morirono oltre venti persone tra cui personaggi di spicco del suo movimento. Per i giudici si è trattato di un “meticoloso complotto” per uccidere la leader dell’AL, guidando la mano del gruppo jihadista <i>Harkatul Jihad al Islami</i>. Per l’opposizione, il Bangladesh Nationalist Party, non è invece che un processo motivato politicamente. E in un momento molto delicato per la destra Bangladese, rappresentata appunto dal Bnp.

Tarik Rahman. Figlio d’arte

La pena capitale per i 19 include due ex ministri mentre l’ergastolo riguarda invece Tarek Rahman, figlio in esilio dell’ex premier Khaleda Zia. Non contenta la Lega Awami, partito teoricamente progressista e di sempre più tenue ispirazione socialdemocratica, vorrebbe la pena capitale anche per Tarek, che vive nel Regno unito dove si è rifugiato nel 2008 mentre si addensavano nubi sulla sua famiglia. La madre, premier sino al 2006 in alternanza con Sheikh Hasina, fa parte di una delle maggiori dinastie del potere locale: negli anni Sessanta aveva sposato Ziaur Rahman, un ufficiale diventato nel 1977, alcuni anni dopo l’indipendenza, presidente. Viene ucciso nel 1981 e Khalezda Zia si butta in politica.

Come in ogni dinastia anche i due figli Tarek e Arafat le sono vicini. Nel 2007 vengono entrambi arrestati per corruzione ma riescono a uscire (nel 2015 Arafat muore). Ma i guai giudiziari tornano più volte per Tarek e nel 2018 per la madre, arrestata per una vicenda di corruzione legata a fondi esteri utilizzati per lo Zia Orphanage Trust, fondazione di famiglia. Condannata a 5 anni di galera ora Khaleda Zia, che alcuni giorni fa è riuscita a farsi spostare in un ospedale di Dacca per problemi di salute ma sempre sotto custodia, facilmente sarà interdetta dalle prossime elezioni. Ipotesi che ha reso il clima politico incandescente. La nuova sentenza butta benzina sul fuoco.

Quattromila agenti presidiavano ieri la capitale perché è chiaro che il Bnp non passerà la cosa sotto silenzio e reagirà con manifestazioni di piazza, un’attività che in Bangladesh costa molto spesso la vita a chi vi partecipa. Tarek è teoricamente il capo del Bangladesh Nationalist Party anche se a casa per ora non può tornare. Oltre all’ergastolo – e una possibile futura condanna a morte – deve sommare altri anni di galera per diversi guai giudiziari che riguardano il periodo in cui sua madre era al governo.

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