Ora stiamo davvero naufragando

di Raffaele Crocco

Cosa succede davvero? Cosa sta accadendo nel Mediterraneo? Per quale ragione le Ong sono diventate le cattive della storia?

Sino a qualche settimana fa rappresentavano – per quasi tutti –  il meglio di ciò che c’era in campo. Erano le paladine di giustizia, equità, uguaglianza, amore cristiano e di tutto quello che di buono l’essere umano si porta dentro. All’improvviso sono diventate le cattive. Sono le complici, quelle che aprono le porte ai “finti profughi” ( copyright Tony Iwobi, responsabile Sicurezza e immigrazione della Lega). Sono le organizzazioni che – pur di salvare vite ad ogni costo – fanno arricchire le organizzazioni criminali. Sono così cattive, le Ong, da avere tre Procure alle calcagna. Sono così criminali nella loro azione da essere accusate – Procura di Catania – di associazione a delinquere.  Sono così incontrollabili e anarchiche, da dover sottoscrivere un patto con il governo se vogliono operare.

Alla luce di tutto questo, ripeto la domanda: cosa succede davvero?  Che corrispondenza c’è, se c’è, fra le inchieste annunciate sui giornali dalle Procure – parlo dello scorso mese – e il codice di comportamento successivamente preteso da Minniti, ministro degli Interni, per le Ong che operano nel salvataggio di chi attraversa il Mediterraneo?

Quale relazione esiste fra la decisione italiana di collaborare con i due governi libici nel contenimento delle partenze e la decisione della Libia di ristabilire acque territoriali sotto diretto controllo ad una distanza di 100 milgia dalla costa, come ai tempi di Gheddafi? Che rapporto è maturato fra la scelta della Procura di Catania di accusare le Ong di favorire i trafficanti e la decisione delle stesse Ong di ritirarsi dalla scena, di lasciare mare libero? E qual è il nesso fra questa decisione e la decisione del governo italiano di sostituire le Ong – libere e non pagate da alcuno – con le navi di altri Paesi europei, navi militari ovviamente?

L’impressione è che tutto sia legato. La sgradevole sensazione è che la scelta sia strategica: eliminare dal Mediterraneo le Ong per “far fuori” eventuali testimoni.  Gli accordi con la Libia per il contenimento dei partenti sono l’evidente inizio di un piccolo, ma sicuro, eccidio. Affidare la gestione dei campi di reclusione ai libici significa garantire la violazione sistematica di ogni elementare diritto a chi ci arriverà dopo aver attraversato l’Africa. Riconsegnare la tutela delle acque acque territoriali a due governi libici, in lotta fra di loro, vuol dire negare ogni possibilità di sopravvivenza a chiunque si trovi da quelle parti.

Per capirci, due giorni fa un’agenzia di stampa libica ha diramato questo comunicato: «La guardia costiera libica del settore ovest di Masfat al Zawia è riuscita a salvare stamani all’alba 105 migranti, tra cui 18 donne e due bambini, di diverse nazionalità, soprattutto marocchini e tunisini.  I migranti erano a bordo di una barca a 6 miglia dalla città di Sabrata.  Sono stati portati nella sede della guardia costiera dove hanno ricevuto cure umanitarie prima di essere consegnati all’organismo per la lotta alle migrazioni illegali».

In parole povere, senza controllo internazionale, significa che di quei 105 migranti perderemo traccia e conoscenza. La nostra coscienza, però, sarà linda: è cosa che accade in Libia, mica da noi. Ecco. L’assenza sulla scena delle Ong consentirà questo. Ci permetterà di avere la coscienza pulita, in ordine, mano a mano che stringeremo accordi – si parla di intese anche con l’Egitto – per fermare in qualche modo il flusso di persone in terra africana. Le organizzazioni non governative cominciarono a solcare i mari nel 2015, subito dopo i naufragi- strage che ci commossero. Furono i governi a chiederle. Ora che la commozione è passata, possiamo tornare ad essere cinici e che la gente muoia in Libia non è affar nostro.

Qualche giorno fa, Alex Zanotelli parlando di quanto accade nel Mediterraneo, ha detto che lì, in quelle acque, in questi anni, a naufragare è stata l’Europa. Temo abbia torto. A naufragare in quelle acque, ogni giorno, è più semplicemente la nostra coscienza.

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