Primavera uzbeca

L'Uzbekistan e le scelte del  suo nuovo presidente dal punto di vista delle relazioni internazionali sia con gli attori esterni –  Mosca,  Pechino, Washington – sia sul piano regionale. In un clima di crescente fiducia tra le cinque repubbliche centroasiatiche. Analisi di una svolta

Dopo la lunga dominazione sovietica e il duro regime imposto da Islom Karimov con  l’indipendenza da Mosca del 1991, alla morte del satrapo uzbeco gli è succeduto Shavkat Miromonovich Mirziyoyev che da Karimov era stato nominato primo ministro nel 2003. Nominato poi nel 2016 residente a interim dopo il decesso di Karimov, di cui era considerato un fedelissimo, è stato poi eletto a capo dello Stato nel 2016. Gli analisti sono concordi nel ritenere che incarni una svolta epocale rispetto al suo predecessore, con un’apertura e un allentamento della morsa contro le forze di opposizione politica e sociale al potere in un Paese dove forti tensioni sono state scatenate sia dalla presenza di esponenti dell’estremismo islamico radicale (MIU, Movimento Islamico dell’Uzbekistan) sia da una repressione che ha spesso utilizzato l’arma del controterrorismo per mettere a tacere il dissenso. Nel World Report 2018 di Human Rights Watch, Mirziyoyev viene presentato come un presidente che “…ha fatto alcuni passi per migliorare la pessima situazione dei diritti umani del Paese, quali  liberare alcuni prigionieri politici, allentare alcune restrizioni alla libertà di espressione, rimuovere i cittadini dalla famigerata “lista nera” dei servizi di sicurezza e aumentare la responsabilità delle istituzioni governative nei confronti della cittadinanza”.

In questa analisi, Fabio Indeo traccia un primo bilancio di questa primavera uzbeca dal punto di vista della relazioni internazionali di Tashkent sia con gli attori esterni – in primis Mosca e Pechino, ma di recente anche con Washington – sia sul piano regionale, in un clima di crescente fiducia tra le cinque repubbliche centroasiatiche

di Fabio Indeo*
 Sin dall’inizio  della nuova presidenza dell’Uzbekistan il presidente Shavkat Miromonovich Mirziyoyev ha intrapreso una politica estera particolarmente dinamica, sia sul piano regionale-centroasiatico – rafforzando la cooperazione con le altre repubbliche – sia sul piano internazionale. Tra aprile e maggio 2017 infatti, il presidente uzbeco si è recato in visita di stato a Mosca e Pechino, rafforzando l’immagine internazionale e il ruolo dell’Uzbekistan come perno geopolitico-securitario in Asia centrale e stipulando vantaggiosi accordi economico-commerciali e nel settore della sicurezza. Parallelamente, il presidente uzbeco ha compiuto visite di stato in tutte e quattro le repubbliche centroasiatiche confinanti (Turkmenistan, Kazakhstan, e soprattutto Kirghizistan e Tagikistan, nazioni con le quali vi erano forti tensioni) dimostrando una particolare interesse a promuovere la cooperazione regionale in un clima di fiducia, cercando di rimuovere gli ostacoli nell’ambito delle relazioni bilaterali. In sostanza, il successore di Karimov sembra intenzionato a perseguire con successo una rinnovata strategia multivettoriale in politica estera, che continua ad essere fondata sulla prevalenza degli interessi nazionali, sulla predilezione per lo sviluppo di relazioni bilaterali piuttosto che entrare a far parte di organizzazioni regionali (ad eccezione della Comunità degli Stati Indipendenti e dell’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai), sul non allineamento e sul rifiuto ad ospitare basi militari straniere sul proprio territorio, orientamenti finalizzati a bilanciare gli interessi e l’influenza delle due superpotenze geopolitiche regionali.

Partnership Mosca-Tashkent

Il neo presidente uzbeco

La visita di stato in Russia del Presidente Mirziyoyev il 4-5 aprile scorsi – terzo viaggio all’estero del nuovo presidente dopo Turkmenistan e Kazakhstan – è servita per riaffermare l’elevato valore della partnership e della cooperazione tra Mosca e Tashkent.
Sono inoltre emerse e sono stati riconfermate le principali linee di indirizzo della politica estera intrapresa dal nuovo presidente, in primis la ferma volontà di non aderire alle organizzazioni regionali a guida russa come l’Unione Euroasiatica e l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva.
Nel corso del summit sono stati raggiunti accordi per un valore di 16 miliardi di dollari, finalizzati anche alla creazione di nuovi impianti minerari e metallurgici nella repubblica centroasiatica. Gran parte di questi investimenti importanti per lo sviluppo dell’economia uzbeca verranno compiuti da due uomini d’affari russi ma di origine uzbeca come il Presidente della UMS Holding Alisher Usmanov e il proprietario della compagnia mineraria e metallurgica degli urali Iskander Mahmudov – considerati come esponenti dell’inner circle putiniano e che vantano buone relazioni con Mirziyoyev.
Un approvvigionamento di meno di 500mila tonnellate di petrolio russo per le raffinerie uzbeche rappresenta uno dei settori d’intervento.
Gli accordi prevedono inoltre di facilitare le esportazioni verso la Russia di prodotti agricoli e tessili, automobili e altri prodotti provenienti dall’Uzbekistan, mentre il governo di Tashkent ridurrà o eliminerà totalmente le accise sulle automobili prodotte in Russia e su altri beni come i materiali da costruzione, prodotti alimentari, acciaio laminato.
Di particolare rilevanza appare anche l’accordo che prevede il reclutamento di lavoratori uzbechi per impieghi temporanei in Russia, con un estensione delle tutele e il riconoscimento della protezione legale per gli oltre due milioni di uzbechi presenti nei territori della Federazione, anche se restano comunque soggetti alle leggi che riguardano tutti i lavoratori extra Uee (Unione economica eurasiatica: unione economica tra Bielorussia, Kazakhstan, Russia, Armenia (a partire da ottobre 2014) e Kirghizistan (a partire da dicembre 2014 ndr), come la registrazione obbligatoria.
La ratifica dell’accordo di cooperazione tecnico-militare siglata a novembre 2016 riveste un importanza strategica in ambito securitario. Sulla base di questo accordo, Tashkent ha già ordinato l’acquisto di elicotteri militari russi, beneficiando inoltre della prevista apertura di centri logistici ed imprese congiunte per la riparazione di aerei militari e tanks di fabbricazione russa e per la modernizzazione dei veicoli corazzati di epoca sovietica. La possibilità concessa a Tashkent di acquistare armamenti russi a prezzi scontati – ovvero quelli praticati ai membri dell’OTSC, del quale l’Uzbekistan non fa parte – dimostra l’importanza strategica che il paese riveste nei piani di Mosca per rafforzare l’architettura di sicurezza regionale.

L’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), è un’alleanza militare fondata nel 1992. Tashkent ne ha fatto parte due volte e due volte ne è uscita, l’ultima nel 2012 ndr), Uzbekistan e Russia condividono posizioni simili su questioni regionali e globali nelle quali hanno degli interessi comuni. Tuttavia, come indicazione ulteriore del quadro geopolitico in mutamento, è interessante notare come per del personale militare uzbeco abbia partecipato (anche se limitatamente ed esclusivamente) all’esercitazione militare antiterroristica svoltasi a Dusahmbe alla fine di maggio, che ha visto il coinvolgimento di nazioni della Comunità degli Stati Indipendenti (Russia, Tagikistan, Kazakhstan, Kirghizistan, Armenia, Bielorussia), della quale Tashkent è membro, a differenza dell’Otsc.
Con il tempo si potrà valutare se si tratta di un evoluzione del principio di non coinvolgimento in iniziative militari.
In ambito energetico, la compagnia statale Gazprom si è impegnata in un massiccio investimento per sviluppare un promettente giacimento, chiamato Uzbekiston Mustakilligi (indipendenza dell’Uzbekistan) nella provincia meridionale di Surkhandarya. Questa decisione s’inserisce nel quadro di investimenti massicci intrapresi da Gazprom per sviluppare il potenziale dei giacimenti di gas naturale uzbechi: dagli anni duemila Gazprom e Uzbekneftegaz hanno siglato due Production Sharing Agreement e vi è interesse ad effettuare prospezioni nelle aree desertiche dell’Uzbekistan occidentale, nella regione di Ustyurt dove vi sarebbero riserve per 120 miliardi di metri cubi (Gmc).
Nonostante l’abbondanza di riserve, la cooperazione energetica con l’Uzbekistan è un modo per la Russia di mantenere un impronta nel settore energetico regionale. Nonostante dal 2016 abbia definitivamente cessato di importare gas dal Turkmenistan, Gazprom continua invece ad acquistare gas uzbeco – 5,6 Gmc nel 2016 – per rifornire le regioni meridionali del Kazakhstan, secondo uno swap agreement in base al quale il Kazakhstan rifornisce la Russia al confine russo-kazako per la raffineria di Orenburg.

La cooperazione sino-uzbeca

Un Paese al centro dell’Asia

Il mese successivo alla visita moscovita, Mirziyoyev si è recato in Cina per una visita di Stato di due giorni – dall’undici al tredici maggio -, alla quale è poi seguita la partecipazione al convegno dedicato all’iniziativa One Belt One Road che mira a rafforzare le infrastrutture di trasporto e comunicazione e il commercio regionale lungo l’asse geoeconomico Cina-Unione Europea.
Nel corso del summit bilaterale, Uzbekistan e Cina hanno siglato circa cento accordi per un valore di 20 miliardi di dollari, in ambito energetico (raffinazione petrolifera ed esportazione, ed elettricità), agricoltura, comparto chimico, trasporti, comunicazioni. Il commercio bilaterale ha raggiunto i 4,2 miliardi di dollari nel 2016 – cifra inferiore ai 5 miliardi raggiunti nel 2013 – anno di avvio dei principali investimenti nell’ambito della Silk Road Economic Belt – con l’obiettivo di raggiungere i 10 miliardi nel corso dei prossimi anni.
La portata economica e strategica di questo accordo mette in evidenza come la Cina rappresenti oramai un cardine della politica estera uzbeca, partner prestigioso per bilanciare l’influenza russa e fondamentale per superare le critiche, le pressioni e l’isolamento occidentale successivo agli eventi di Andijan nel 2005 (a seguito a moti di piazza nella cittadina della valle del Ferghana, l’esercitò accerchiò i manifestanti – accusati di essere infiltrati dagli estremisti del MIU per fomentare una rivoluzione – ed aprì il fuoco mietendo centinaia di vittime ndr).

Islom Karimov: un regime alle spalle

In sostanza, la Cina ha rafforzato il proprio ruolo di modernizzatore dell’economia uzbeca, come partner commerciale rilevante e maggior investitore in progetti con ricadute nazionali. Sussiste l’interesse congiunto per sviluppare e promuovere piccole e medie imprese, creare zone di libero commercio (sul modello kazako) e parchi tecnologici. Mirziyoyev vuol superare l’isolamento del paese dell’era Karimov, e la Cina si dimostra un partner più interessante rispetto a Russia e Stati Uniti che fanno prevalere priorità strategiche e legate alla sicurezza. Il principio di non interferenza negli affari interni di uno stato fa della Cina un modello di partner politico per eccellenza.
Gli investimenti cinesi in Uzbekistan sono prevalentemente indirizzati alla realizzazione di infrastrutture di trasporto (linee ferroviarie, strade, ponti, pipelines) che sono funzionali alla strategia della Silk Road Economic Belt, per potenziare il corridoio terrestre economico-commerciale che porterà prodotti dalla Cina all’Europa attraverso l’Asia Centrale. La costruzione della linea ferroviaria Pap-Angren – lunga 123 kilometri, che comprende un tunnel ferroviario inagurato l’anno scorso e costato 455 milioni di dollari – costituisce il maggior esempio della cooperazione sino-uzbeca, che assume una rilevanza strategica in quanto infrastruttura fondamentale per collegare la valle del Ferghana (Uzbekistan orientale) con il resto della nazione.

Xi Jinping

Se si considera che durante la visita del presidente Karimov nel 2014 vennero siglati 20 accordi per un valore di 5 miliardi di dollari, si desume agevolmente come l’Uzbekistan abbia acquisito una rilevanza strategica anche per Pechino.
Inoltre, i prestiti e gli investimenti cinesi hanno contribuito alla realizzazione delle gasdotti d’interconnessione che attraversano il territorio uzbeco, segmenti del gasdotto Cina-Asia Centrale, prevalentemente alimentato da gas turkmeno: Tashkent si è impegnata ad esportare 10 Gmc di gas naturale all’anno attraverso queste condotte, anche se nel 2016 questi volumi si attestavano su 4,3 Gmc.
Secondo Alisher Sultanoc, presidente della compagnia energetica Uzbekneftgaz, dieci accordi dal valore di 5 miliardi riguardano esclusivamente il settore energetico. Una banca cinese finanzierà un progetto del valore di 1,2 miliardi di dollari per la produzione di combustibile liquido sintetico nel più grande complesso di raffinazione nazionale a Shurtan, nella parte meridionale dell’Uzbekistan. Inoltre, altri 3 miliardi andranno destinate per la modernizzazione di 300 stazioni di pompaggio delle acque per lo sviluppo del settore idroelettrico, finalizzato ad aumentare – assieme al solare – la quota di energie rinnovabili all’interno del mix energetico necessario per produrre elettricità.
Nell’ambito delle infrastrutture, compagnie cinesi verranno coinvolte nella realizzazione di un tunnel automobilistico sotto il Passo Kamchik, che divide la valle del Ferghana dal resto del paese, dopo l’avvenuta costruzione di un analogo tunnel ferroviario (Pap-Angren) lungo lo stesso percorso, in aggiunta ad un autostrada del valore di 175 milioni di dollari.
Durante il summit della Belt and Road Initiative, il presidente uzbeco ha sottolineato il ruolo dell’Uzbekistan nell’iniziativa e l’importanza della connessione ferroviaria Cina-Kirghizistan-Uzbekistan-Afghanistan come corridoio strategico di trasporto transregionale. La sua realizzazione implica il miglioramento delle relazioni uzbeco-kirghise, una prospettiva conveniente anche per Tashkent sia in termini economici – possibilità di raggiungere i mercati dell’Asia sudorientale e lo sbocco commerciale internazionale attraverso i paesi del Golfo – che in termini di cooperazione regionale centroasiatica.
Un altra proposta del presidente uzbeco riguardava la creazione di progetti congiunti tra le nazioni partecipanti per produrre beni di alta tecnologia. L’interesse uzbeco è quello di attuare un graduale passaggio da un economia basata sulle risorse ad una fondata sula fabbricazione di prodotti ad alto valore aggiunto.

Il ruolo in Asia centrale

Dopo aver rinsaldato i legami con Cina e Russia, il 21 maggio Mirziyoyev si è recato nuovamente in Turkmenistan in una visita di stato che ha avuto importanti risvolti in termini di cooperazione regionale. Oltre al memorandum d’intesa per sviluppare congiuntamente le riserve del Caspio, e all’interesse uzbeco ad essere coinvolto nella realizzazione del gasdotto TAPI (Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India) di enorme rilevanza è stato l’assenso uzbeco ad un memorandum per la cooperazione volta a facilitare il transito regionale di energia elettrica. In sostanza, Tashkent permetterà il transito sul proprio territorio – dopo averlo negato per decenni – dell’energia elettrica prodotta in Turkmenistan e diretta verso Kazakhstan e Kirghizistan, utilizzando la rete di distribuzione nazionale. Il Turkmenistan fornirà energia elettrica all’Uzbekistan in cambio della cancellazione del debito esistente con la compagnia Uzbekenergo.
Questa decisione rappresenta un enorme passo in avanti nell’ambito dell’auspicato rafforzamento della cooperazione regionale, anche se bisognerà valutare la successiva implementazione degli accordi. Da un punto di vista infrastrutturale, le due nazioni condividono l’obiettivo di promuovere l’integrazione e la cooperazione regionale fungendo da link ferroviario del progetto trans regionale in ambito BRI che dalla Cina trasporterà le merci attraverso Uzbekistan e Turkmenistan raggiungendo i porti di Iran ed Oman e gli sbocchi marittimi sul Golfo Persico.
Nel settembre 2017 Uzbekistan e Kirghizistan hanno siglato un accordo epocale per la demarcazione dell’85% dei confini tra le due nazioni, depotenziando un pericoloso elemento di conflittualità e ponendo le basi per una proficua collaborazione nei progetti infrastrutturali ferroviari. Tashkent e Bishkek hanno siglato un partenariato strategico volto a rafforzare la cooperazione e a superare i tradizionali ostacoli, come lo sviluppo del potenziale idroelettrico kirghiso. Infatti, dopo anni di aperta opposizione ed ostilità il presidente Mirziyoyev ha espresso la propria volontà nel collaborare alla realizzazione della centrale idroelettrica di Kambarata, che dovrebbe garantire la sicurezza energetica kirghisa, con ricadute positive per l’intera regione.
Nell’aprile 2018, la visita del presidente uzbeco in Tagikistan ha di fatto completato l’evoluzione della politica estera uzbeca, creando i presupposti per instaurare delle relazioni di cooperazione improntate sulla fiducia, dopo decenni di tensioni e rivalità. Oltre ad aver eliminato il visto per il transito transfrontaliero, che inficiava negativamente sulle relazioni tra le due comunità presenti ai confini, la collaborazione offerta da Mirziyoyev per la realizzazione della centrale idroelettrica di Roghun rappresenta un eccezionale passo in avanti, capace di rimuovere uno degli ostacoli maggiori che impedivano la collaborazione regionale.

La visita negli Usa

Ospite alla Casa Bianca

Dopo aver espresso giudizi positivi sulla spinta riformatrice adottata dal nuovo presidente uzbeco e sulla necessità di rafforzare la cooperazione bilaterale e le relazioni politiche ed economiche il neo presidente statunitense Donald Trump ha ospitato Mirziyoyev nel maggio del 2018 in una visita di Stato importante per il presidente uzbeco: un’occasione storica per consolidare ulteriormente la strategia multivettoriale in politica estera, cercando di attirare investimenti aggiuntivi e supporto politico da un influente attore, senza trascurare la dimensione della sicurezza e della cooperazione militare. Una rafforzata cooperazione con gli Stati Uniti in determinati settori svolgerà una funzione contenitiva dell’influenza sino-russa, mentre Tashkent potrà massimizzare i dividendi geopolitici del suo ritrovato ruolo sullo scenario internazionale.

Indubbiamente, il presidente uzbeco ha impresso una svolta epocale alla politica estera del proprio paese, che rappresenta un partner irrinunciabile per le superpotenze regionale Cina e Russia – sia in termini economici che in quelli securitari – oltre a fungere da catalizzatore per quei progetti di cooperazione prettamente centroasiatici che le repubbliche post sovietiche sembrano intenzionate a portare avanti. Sia la conferenza sulla sicurezza tenutasi a Samarcanda nel novembre 2017, sia quella tra i capi di stato delle repubbliche centroasiatiche svoltasi ad Astana ad aprile 2018 fanno emergere questo ruolo di guida dell’Uzbekistan, nel promuovere e portare avanti delle politiche di cooperazione sul piano regionale

*Analista e ricercatore è specializzato in Geopolitica dell’Asia Centrale, sicurezza regionale ed energetica. Colabora con vari think tank e istituti di ricerca tra cui EGS Korea, Nato  Defense College Foundation, Ispi, Limsonline, Eurasian Business Dispatch, Asia Maior 

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