Rotta balcanica: il lieto fine non è in Bosnia

Violenze e pessime condizioni umanitarie per i migranti anche sulla nuova frontiera della rotta. La denuncia di Medici senza Frontiere

Alloggi di (s)fortuna, violenza sulle frontiere e situazione al limite della crisi umanitaria. Sono drammatiche le condizioni di vita delle oltre 4mila persone che, percorrendo quella che è stata definita la ‘rotta balcanica’, si trovano oggi in campi informali e abitazioni occupate lungo il confine della Bosnia con la Croazia.

Per il primo anno, complici le restrizioni al transito degli altri Stati dell’area balcanica, al Bosnia si trova a dover affrontare un notevole afflusso di migranti provenienti da Pakistan, Afghanistan, Siria, Iraq e altri ancora.

A denunciare la situazione bosniaca la ong Medici Senza Frontiere. “Ai margini della città di Bihać – si legge in un comunicato – circa 3000 persone vivono dentro e intorno a una struttura di cemento in stato di deterioramento. Con dei fori aperti come finestre e pozze di fango e acqua piovana sul pavimento, l’ex dormitorio a cinque piani ora è pieno di gente che dorme su coperte, con tende allestite nei corridoi e lenzuola appese ai soffitti nel tentativo di creare un po’ di privacy. Un pendio boscoso dietro l’edificio è cosparso di altre tende”.

Anche nella vicina città di Velika Kladuša, circa mille persone vivono in tende e rifugi improvvisati fatti di teloni e altri materiali di fortuna.

“La mancanza di una pianificazione coordinata e di una risposta tempestiva in Bosnia-Erzegovina ha creato condizioni inadeguate per migranti e rifugiati, rischiando di peggiorare seriamente la loro sicurezza e la loro salute”, afferma Juan Matias Gil, capo missione di MSF per Serbia e Bosnia- Erzegovina. “Non solo non hanno accesso alle cure mediche, ma non hanno neanche assistenza di base come cibo, riparo, vestiti e servizi igienici”.

Richiedenti asilo che cercano di attraversare i confini settentrionali della Serbia hanno ripetutamente denunciato le violenze da parte delle guardie di frontiera. Nei primi sei mesi del 2017, le cliniche mobili di MSF a Belgrado hanno trattato 24 casi di traumi intenzionali che secondo quanto riferito si sono verificati lungo il confine tra Serbia e Croazia.

“Siamo preoccupati delle denunce di respingimenti e violenze contro i rifugiati e i migranti sul lato croato del confine”, conclude Gil. “Di fronte al protrarsi della stessa situazione anche in Bosnia-Erzegovina, ci aspettiamo che i migranti si troveranno ad affrontare lo stesso tipo di problemi che hanno avuto in altri punti della rotta balcanica: malattie della pelle e delle vie respiratorie, peggioramento delle condizioni di salute mentale e aumento della violenza.”

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