Sarajevo, questi inutili cent’anni dopo

di Raffaele Crocco

Cent’anni dopo e ancora al punto di partenza.

Siamo ancora qui a contare – magari partecipando con uomini e mezzi – quante guerre vi sono sparse nel Pianeta. Quando il 28 giugno 1914 iniziò quella che abbiamo chiamato Prima Guerra Mondiale nessuno immaginava ve ne sarebbe stata una Seconda poco dopo e una infinita serie di altre successivamente. Ai 20milioni di morti fra il 1914 e il 1918 vanno aggiunti i quasi dieci milioni del periodo fra le due guerre, i 70milioni fra il 1939 e il 1945, i quasi 170milioni di morti – la stima è approssimativa – degli anni che vanno dal 1946 ad oggi. Una scia di morti infinita, ininterrotta, lunga appunto un secolo.

Vi basta? No, allora proseguiamo.

Continuiamo con le analogie. Quando il 28 giugno 1914, a Sarajevo, Princip uccise a colpi di pistola l’Arciduca Francesco Ferdinando e la moglie, tutti, ma proprio tutti, erano convinti che le cancellerie europee e mondiali, erano arci sicuri che la diplomazia avrebbe risolto ogni cosa e che, al limite, ci sarebbe stata l’ennesima guerra locale. E’ la stessa convinzione che, cent’anni dopo, avevamo e abbiamo per le crisi in Siria, Ucraina, Centrafrica. Come allora contiamo i morti a milioni. Come allora non sappiamo se i conflitti si allargheranno fino al massacro generale.

Andiamo avanti, magari con le contraddizioni.

Ad esempio: nel 1914 accadde una cosa incredibile, mai vista prima. Monarchie e imperi armarono i propri sudditi in massa, li resero soldati, tutti, senza più la paura di rivolte, ribellioni, sommosse. Non era mai accaduto. E quelli che rimasero a casa, vennero mobilitati e mobilitate per produrre per la guerra, per vincere la guerra. Le donne entrarono in fabbrica, negli uffici, nei giornali. Conquistarono spazi, la democrazia – quella vera, intesa come quotidianità del fare – conquistò spazi. Cent’anni dopo, le democrazie che combattono, scelgono di avere mercenari, soldati di professione al loro servizio. Fanno la guerra per “portare la democrazia” dove non c’è, questo ci dicono governi e governanti. Ma per combattere non armano il popolo, non c’è il “cittadino soldato”. C’è il professionista, pagato per uccidere e farsi uccidere. Un capovolgimento di ruoli e funzioni interessante.

La cosa certa è che nulla fu più uguale, dopo quel 28 giugno di cent’anni fa. Quel che accadde come conseguenza a quei colpi di pistola a Sarajevo, nessuno era umanamente in grado di misurarlo. Cent’anni dopo, esattamente un secolo dopo, siamo noi qui a tirare le somme.

Sono caduti imperi secolari che parevano indistruttibili, è nata una consapevolezza di popolo prima sconosciuta, ma la guerra che abbiamo visto orribile in quei quattro anni è rimasta protagonista. Ce ne sono 36 adesso nel mondo. In ognuna c’è chi continua a morire, fuggire. Da ognuna c’è chi trae vantaggi. Come allora.

Cent’anni dopo e siamo davvero al punto di partenza.

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