Vogliono sfrattare il ragazzo della giungla

Ricordate Mowgli, il protagonista de «Il libro della giungla?» Lo avevano lasciato nel “villaggio degli uomini”, lontano dai pericoli degli animali della foresta. Ora deve fare i conti con il pericolo creato dagli uomini: uomini che li vogliono cacciare dalla loro terra. Succede. Non è il romanzo di Rudyard Kipling e non è la versione Disney di quella storia. È la storia di indigeni dell’India centrale che chiedono di restare a casa loro.  A darne notizia è Survival, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni, un’organizzazione che lavora per prevenire lo sterminio dei popoli e «offrire loro un palcoscenico da cui rivolgersi al mondo per denunciare la violenza genocida, la schiavitù e il razzismo che subiscono ogni giorno». Questa gente – spiegano i militanti – è sotto sfratto da parte del locale Dipartimento alle foreste. I popoli indigeni vengono sfrattati illegalmente dalle terre ancestrali nel nome della “conservazione”, della tutela della “wilderness”. Survival racconta che «ai Baiga del villaggio di Rajak, nella riserva delle tigri di Achanakmar, è stato comunicato che dovranno lasciare la terra da cui dipendono e che hanno gestito da generazioni – sebbene non vi siano prove che la loro presenza lì danneggi l’ambiente». Un “avviso di sfratto” piovuto dal cielo, dalla sera alla mattina, anche se la legge indiana e quella internazionale riconoscano il loro diritto a restare. Ma queste persone non hanno un pool di avvocati che li possano difendere. «Secondo alcuni attivisti indiani, “funzionari corrotti… possono spillare denaro” dai fondi che le autorità rendono disponibili per i reinsediamenti”». Il rischio è che, come accaduto in passato ad altre popolazioni indiane (e non solo), i Baiga vengano sradicati dalle loro terre per essere deportati in aree governative. Uno scenario che assomiglia molto a quello delle riserve indiane inventate dai coloni americani: i native americans (che continuiamo a chiamare “indiani”) furono annientati fisicamente e socialmente. Nella migliore delle ipotesi vennero trasformati in nuovi alcolisti. E ora, fatte le dovute distinzioni, si rischiano danni analoghi, ma in “chiave ambientalista”. In una lettera indirizzata al Dipartimento delle Foreste – racconta Survival -, i Baiga hanno dichiarato: «Qui a Rajak la terra è molto fertile e vi viviamo da generazioni. Ma poiché il villaggio si trova nella Zona Centrale (della riserva delle Tigri), siamo continuamente sotto pressione. Ci è stato detto di andare nel villaggio di Bharatpur. Abbiamo visto com’è la terra là: è piena di pietre e non soddisferà i nostri bisogni. Non è adatta per farvi crescere i nostri figli e il loro futuro sarà distrutto». Insomma anche ad uno sguardo cinico, non rispettoso delle tradizioni e delle radici umane che affondano nella terra, lo scambio non pare equo: un’area rigogliosa in cambio di una pietraia.

Stephen Corry, direttore generale di Survival ha dichiarato: «È una truffa, e danneggerà l’ambiente. È giunto il momento che le grandi organizzazioni della conservazione condannino questi falsi trasferimenti volontari». E il “gioco” in fondo è tutto qui: spacciare agli occhi del mondo come “scelta” qualcosa che in realtà viene imposto. «La legge indiana stabilisce che i “trasferimenti” siano su base volontaria». Ma la volontà viene piegata ad uso e consumo di chi trarrà beneficio da questa operazione di “trasloco di massa”. «I popoli indigeni – scrive Survival – vengono spesso corrotti, minacciati con violenze e, in alcuni casi, rischiano arresti e pestaggi, torture e persino la morte. Achanakmar era stata originariamente creata come santuario della fauna selvatica. È divenuta Riserva delle Tigri nel 2009. Nei suoi 914 chilometri quadrati vivono – tra le altre specie – tigri, leopardi, orsi labiati, elefanti e iene. (…) Nel 2013 gli indigeni sono stati sfrattati dalla riserva delle tigri di Similipal e si sono presto ritrovati a vivere in condizioni misere, sotto teloni di plastica. Molti Baiga sono stati sfrattati dalla vicina riserva delle tigri di Kanha nel 2014. Non hanno ricevuto terra, case o alcun aiuto, ma avrebbero dovuto trovare terra da comprare con il denaro dei risarcimenti: un concetto estraneo a chi ha vissuto tutta la vita nella foresta. “Abbiamo un po’ di denaro, ma siamo persi – vaghiamo in cerca di terra” hanno detto a Survival. “Qui c’è solo tristezza. Abbiamo bisogno della giungla”». E la cacciata di una tribù in nome della tutela del territorio sul piano naturalistico non riesce a fare breccia nella mente di chi sta seguendo la vicenda: «Questi popoli – dice Survival – sanno prendersi cura dei loro ambienti meglio di chiunque altro. Sono i migliori conservazionisti e custodi del mondo naturale. A guidare il movimento ambientalista dovrebbero essere loro. Invece, vengono sfrattati illegalmente dalle terre ancestrali nel nome della conservazione».

 

 

http://www.survival.it/notizie/11572

https://it.wikipedia.org/wiki/Rudyard_Kipling

Foto tratta da http://psudders0121.deviantart.com/art/Mowgli-s-Wedgie-The-Man-Cub-s-Ordeal-409387321

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