Di Raffaele Crocco
Per capire che oggi ancora le cose non vanno, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo. Non tanto: cinque anni e qualche mese.
A Prijedor, città importante della repubblica Srpska – la parte serba della Bosna Herzegovina – quel giorno di cinque anni fa, un ragazzo giovane, giovane, Emir Hodžić, si legò al braccio una fascia bianca e si mise solo, in piedi, nella piazza del municipio. Non disse nulla. Non gridò, non parlò, non scrisse. Rimase in silenzio perché voleva protestare contro l’assordante silenzio delle autorità di Prijedor. Voleva una cosa semplice: che si condividesse il ricordo di quello che era accaduto vent’anni prima, il 31 maggio 1992. Quel giorno, a Prijedor, era arrivato l’odio.
31 maggio 1992. Le autorità di Prijedor, le autorità serbe di Prijedor, obbligarono tutti i cittadini non-serbi a mettere uno straccio o un lenzuolo bianco alle finestre di casa. Per essere riconoscibili anche fuori, in strada, furono obbligati a mettere una fascia bianca al braccio. Così, iniziò la tragedia. In pochi mesi 31.000 civili di Prijedor, tutti rigorosamente non serbo – ortodossi – vennero rinchiusi nei lager. 53.000 persone furono vittime di persecuzione e deportazione. Quelli uccisi furono 3.173 che vennero uccisi. 102 erano bambini.
La pace in Bosnia Erzegovina ancora non abita. Non si spara più, ma non c’è stato alcun gesto di riconciliazione. Il Paese è spaccato in tre – serbi, bosgnacchi e croati – tutti rinchiusi nel pezzo di terra conquistato con la lunga guerra.
La protesta però cresce, assieme alla convinzione di molti che le cose debbano cambiare. I genitori dei 102 bambini uccisi, ad esempio, da almeno cinque anni chiedono venga eretto un monumento per ricordarli.
L’ex sindaco Marko Pavic – uno dei responsabili della gestione finanziaria delle milizie serbe durante la guerra – e il successore Milenko Djakovic sino ad oggi hanno detto no.
I genitori non ci stanno e cercano di fare pressioni. Hanno una lettera al sindaco di Trento, chiedendo aiuto. Trento finanzia molti progetti di cooperazione a Prijedor, da tempo si parla di un possibile gemellaggio. Una scelta, che sdoganerebbe una amministrazione lontana da qualsiasi forma di democrazia. Chiedono al sindaco di Trento di non farlo e di aiutarli. Sarebbe un gesto importante sulla strada lenta e difficile della riconciliazione.
Riportiamo il testo della lettera
Caro Sindaco Andreatta,
Il mio nome è Fikret Bacic e sono cittadino di Prijedor, la città che Lei ormai da anni frequenta portando i vari aiuti.
Ho deciso di rivolgermi a Lei, o meglio dire anche a Lei, con questa mia domanda insolita che non è altro che un grido d’aiuto.
Rappresento i genitori dei bambini uccisi a Prijedor nel periodo di guerra 1992-1995. La nostra richiesta avanzata alle autorità della mia città ancora il 25.11.2014 per approvare il piano di realizzazione, costruzione, di un monumento dedicato ai 102 innocenti minorenni, nonostante diverse promesse da parte di ex Sindaco di Prijedor Marko Pavic e la sua amministrazione e da parte del nuovo Sindaco Milenko Djakovic e la sua amministrazione fino ad oggi non ha avuto un risposta concreta. La nostra domanda accompagnata dalla petizione cittadina con diverse miglia di firme, abbondantemente sopra il numero previsto dalla Legge, non è nemmeno stata inserita nel ordine del giorno delle sedute del consiglio comunale per due lunghi anni. Ormai sono passati tre anni e i miei sindaci non hanno ancora trovato del tempo per darmi una risposta.
Silenzio è tutto quello che stiamo ricevendo in tutti questi anni.
Il 19.05.2015 abbiamo chiesto l’incontro con il Premier di allora sig. Milorad Dodik e non siamo stati ricevuti.
Il 19.11.2015 in forma scritta abbiamo chiesto al Sindaco Pavic e al Presidente del Consiglio comunale una risposta, anche negativa con le valide spiegazione e non l’abbiamo ancora avuta.
Il 25.11.2015 ci siamo rivolti chiedendo l’aiuto anche all’ufficio di Ombudsman il quale ha chiesto ufficialmente alle autorità competenti di pronunciarsi in merito alla questione, visto che dal punto di vista della legalità non esiste nessun ostacolo, però la risposta è mancata anche questa volta.
Il 03.12.2015 abbiamo di nuovo chiesto in forma scritta una risposta a distanza di un anno dalla prima richiesta, la quale, fino ad oggi, è rimasta senza nessun riscontro.
Il 13.01.2016 abbiamo chiesto il sostegno alla Trasparency International la quale ha trovato diverse violazioni dello Statuto del Comune di Prijedor e lo ha reso pubblico però le autorità comunali non si sono ancora pronunciate.
Il 15.01.2016 gli Ombudsman hanno concluso la loro indagine.
Il 23.01.2016 abbiamo fatto il ricorso su questa decisione.
Il 22.03.2016 ci siamo rivolti al “Ministero del coordinamento locale” e al “Comitato per i Diritti Umani di Helsinki”. Per il momento nessuna risposta.
In stessa data abbiamo sollecitato la risposta anche presso le autorità locali, il Sindaco e gli altri responsabili e di nuovo siamo rimasti senza risposta.
In stessa data ci siamo rivolti anche alla “Agenzia della democrazia locale” a Prijedor e automaticamente alla associazione “Progetto Prijedor” e da loro, anche se eravamo molto fiduciosi, non abbiamo mai avuto nessun riscontro.
Il 29.03.2016 abbiamo scritto ancora agli Ombudsman e non abbiamo avuto la risposta.
Il 01.06.2016 ci siamo rivolti anche al “Consolato della Repubblica di Croazia” a Banja Luka e l’intervento del Console non ha avuto nessun esito.
IL 25.06.2016 il Vicepresidente della RS sig. Salkic ha ricevuto la nostra delegazione e il suo intervento non ha avuto nessun esito.
IL 29.06.2016 ufficialmente la nostra richiesta viene inserita nel ordine del giorno della seduta di Consiglio comunale ma in maniera molto perfida la questione viene accorpata alle attualità legate al piano regolatore e riceviamo la risposta in dicembre del 2016 che conferma che la decisione non è ancora stata presa. Di seguito abbiamo fatto il ricorso immediatamente e fino ad oggi non abbiamo avuto nessuna risposta.
Il 31.05.2017 decisi di rivolgersi ai tribunali competenti abbiamo chiesto ancora una volta di essere ricevuti da Sindaco fornendo in anticipo alle autorità i dossier per ogni bambino vittima, per i nostri figli per i quali stiamo facendo questa battaglia specificando per ognuno di loro come e dove sono stati uccisi, a quale età, quale scuola frequentavano ecc. Fino ad aggi il diritto di presentare la nostra richiesta al Sindaco di tutti i cittadini di Prijedor ci viene negata. Nemmeno il nuovo Sindaco sig. Djakovic trova del tempo per ascoltarci.
Io con molta tristezza e delusione vorrei dirle quanto ci sentiamo soli e abbandonati in questa vicenda. Chiediamo soltanto che anche nostri figli, come tante altre vittime della guerra ma in questa città purtroppo anche i carnefici, abbiano una lapide, che sia ricordo, riconoscimento alle vittime innocenti e invito alle future generazioni di non ripetere gli stessi terribili errori.
A Lei chiediamo, come Sindaco di Trento e come vero amico di questa nostra comunità in cui non tutti abbiamo gli stessi diritti, un impegno per aiutarci e per sconfiggere questa ingiustizia della quale non troviamo una ragione. Ci permettiamo di sottoporre questa problematica anche alla Vostra comunità proprio perché da quasi due decenni presente in Bosnia ed Erzegovina e nella nostra città.
Convinti che in qualche forma da Lei considerata più efficace non mancherà il Suo sostegno alla nostra battaglia.
Le porgiamo i nostri sinceri e cordiali saluti.
Per il Comitato e Iniziativa Monumento ai 102 bambini
Fikret Bacic