25 Aprile, liberiamo l’informazione

di Raffaele Crocco
Facciamo festa, oggi, ma sarebbe interessante pensare alla Liberazione anche in modo differente.
Lo spunto viene dalla liberazione – questa con la l minuscola, non si offenda Gabriele – di Del Grande. Incarcerato in Turchia di ritorno dalla Siria, è rimasto una decina di giorni in isolamento, per la sola ragione di essere un giornalista scomodo per il regime. Lui ha ricordato che più di 100 giornalisti scomodi per il regime sono ancora in carcere in Turchia e ha giustamente fatto sapere che il governo di Ankara pare aver perso la chiave di quelle porte.
Di giornalisti scomodi a qualunque regime o governo sono piene le carceri di tutto il mondo. Dalla Cina alla Russia, passando per svariati Paesi africani e asiatici, sino al Venezuela, al Messico e alla nuova Europa dei neodemocratici Paesi dell’Est, centinaia di uomini e donne che fanno bene il loro mestiere vengono ingabbiati, messi a tacere, minacciati, ricattati, uccisi.
E’ un errore grave sottovalutare questo problema. La libertà di informare ed essere informati è diritto inalienabile. Chi lo respinge, va respinto. Trattare con governi, organizzazioni, individui che non lo riconoscono può avere un senso per la “real politik”, ma è sbagliato. Alla lunga ci fa pagare prezzi elevati.
La Liberazione la otteniamo tenendo ferma la barra dei principi, garantendo ovunque e sempre libertà di pensiero e azione.
Per questo dobbiamo continuare a lottare. Aver ottenuto la liberazione di Del Grande è importante, ma è quasi banale dinnanzi alla enormità del problema. Per questo dobbiamo insistere. Per questo #livogliamoliberi tutti e sempre.
Guardate che , in qualche modo, le cose non funzionano nemmeno in Italia. Molti giornalisti italiani sono stati ammazzati da mafia e criminalità. Molti altri vivono da anni sotto protezione. Questi sono i casi più eclatanti, quelli che ci indignano. C’è, però, chi è costretto a tacere da una minaccia legale, più subdola e accettata: la querela.
Ogni anno più di 5mila procedimenti penali vengono avviati dai tribunali italiani per querele per diffamazione contro giornalisti. Giusto, può dire qualcuno. I giornalisti spesso non verificano le notizie oppure sputtanano la gente. Vero, ma lo scenario attuale è questo, sentite: la maggioranza dei giornalisti italiano oggi lavora senza contratto, con compensi ridicoli e per testate che non garantiscono alcuna protezione legale. In queste condizioni si ritrovano a dover affrontare una causa con un tizio, un’azienda, una istituzione che chiede danni per migliaia di euro. Se va bene – e vincono – devono spendere migliaia di euro per la difesa. E quegli euro, se non sono ricchi di famiglia, non li hanno.
Il risultato è semplice: decine di giornalisti che sanno le verità nascoste di questo Paese tacciono. Devono sopravvivere. Il 75 per cento delle cause per querela non arriva nemmeno a processo, perché infondate. Però l’obiettivo lo raggiungono: mettono a tacere, spaventano.
Bisogna trovare una soluzione e trovarla rapidamente. Iniziamo da oggi a Liberare l’informazione, a toglierla da paure e ricatti in Italia e nel Mondo. Se lo facciamo bene e subito sarà 25 Aprile quasi ogni giorno.
#livogliamoliberi

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