di Miriam Rossi
Una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 4 ottobre scorso ha dichiarato che “gli accordi commerciali Ue-Marocco del 2019 in materia di pesca e prodotti agricoli, a cui il popolo del Sahara Occidentale non ha acconsentito, sono stati conclusi in violazione dei principi di autodeterminazione e dell’effetto relativo dei trattati”, ovvero tali accordi commerciali stipulati da UE e Marocco nel territorio assegnato al Sahara occidentale non sono validi perché mancano del consenso della popolazione saharawi. La sentenza entrerà in vigore entro i prossimi 12 mesi e giunge dopo che Commissione e Consiglio UE nel 2021 avevano contestato la decisione (analoga) del Tribunale di Giustizia dell’Unione Europea sempre a favore del Fronte Polisario, rappresentante politico del Saharawi.
52 i milioni di euro annui che si calcola perderà il Marocco. Si tratta della cifra assegnata a Rabat dall’Unione Europa per consentire la pesca al largo di quelle coste da parte delle barche europee, principalmente spagnole.
154 relatori di circa 100 delegazioni da più di 9 Paesi dell’Europa e del continente americano che per tre giorni, dall’8 al 10 ottobre, hanno dato voce alle istanze del popolo saharawi nelle audizioni alla IV Commissione Politica Speciale sulla Decolonizzazione dell’Assemblea generale dell’ONU a New York. Il riconoscimento dello status di rifugiato alle 5mila persone rientrate nei campi profughi dopo la ripresa del conflitto col Marocco alla fine del 2020, gli approvvigionamenti alimentari per gli stessi campi profughi, i danni apportati dalle frequenti inondazioni dei territori sono state tutte questioni affrontate nel corso dei dibattiti che, di fatto, costituiscono il tentativo dell’ONU di rilanciare il processo di pace nel Sahara occidentale in evidente fase di stallo.
Tre giorni di visita del presidente francese Macron in Marocco a fine ottobre. È la prima visita di Stato dal 2013 e giunge dopo la svolta dell’Eliseo sull’annosa questione del Sahara Occidentale. In estate, in occasione dei 25 anni di regno di Re Mohammed VI, Macron aveva inviato una lettera al sovrano marocchino affermando che “il presente e il futuro del Sahara Occidentale rientrano nel quadro della sovranità del Marocco”. Si tratta di un riconoscimento storico, che giunge da un Paese fondatore dell’Unione Europea e soprattutto da parte di un membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che in tal modo disattende alle decisioni adottate dalle stesse Nazioni Unite. In ogni modo la diplomazia francese si impegna a dettagliare che non riconosce espressamente come marocchino il Sahara Occidentale, come ad esempio hanno fatto gli Stati Uniti al primo mandato di Donald Trump, ma che la questione va risolta in un sistema di autonomia sotto la sovranità di Rabat, come proposto dal Marocco con un piano già nel 2007.
173mila i saharawi che vivono nei campi profughi, in condizioni misere e privi di diritti, rappresentati dalla loro leadership politica e militare, il Fronte Polisario; il sostegno politico ed economico giunge loro principalmente dalla vicina Algeria che non ha mancato di esprimere forti critiche. In un comunicato del Ministero degli Esteri algerino il governo esprime rammarico e una profonda disapprovazione: “Questa decisione francese”, espressa in un comunicato stampa di Algeri, “non aiuta a riunire le condizioni per una soluzione pacifica della questione del Sahara Occidentale, rafforza [piuttosto] un’impasse, quella creata proprio dal cosiddetto piano di autonomia marocchino e che dura da più di diciassette anni.
Sul tavolo della soluzione del conflitto resta, dunque, l’immersione in un freddo bagno di realpolitik o la difesa a oltranza del diritto sacrosanto all’autodeterminazione dei popoli. A favore della prima opzione sta probabilmente un abile calcolo politico, di cui Parigi si è fatta artefice, per lo spostamento del posizionamento dell’UE, sinora a favore della decisione ONU di garantire l’autodeterminazione del Sahara occidentale, verso un partner commercialmente sempre più valido nel Mediterraneo e stabile a livello politico. Al netto delle risposte ufficiali dei governi, i 50 anni di instabilità regionale legati alla crisi e la supremazia militare di fatto del Marocco potrebbero indurre il Fronte Polisario (e l’Algeria) a negoziare la cessazione del conflitto in cambio di condizioni di vita migliori e di autonomia per la popolazione saharawi, specialmente oggi che l’ago della bilancia sembra non pendere più in loro favore?
In copertina: manifestazione saharawi (foto Equipe Media)