La conferenza sul futuro dell’Europa

L'intervista a Pier Virgilio Dastoli, Presidente del Consiglio Italiano del Movimento Europeo

di Claudia Gambarotta

La cerimonia della firma, lo scorso mercoledì, nell’emiciclo di Bruxelles del Parlamento Europeo, di una dichiarazione comune di Parlamento Consiglio e Commissione dell’Ue, sancisce l’avvio della Conferenza sul Futuro dell’Europa, la cui apertura è attesa per il 9 maggio, Festa dell’Europa.

Il Movimento Europeo Internazionale coordina, attraverso 34 Paesi, la partecipazione ai processi di integrazione europea di organizzazioni della società civile, parti sociali, ong, partiti politici, enti locali e mondo accademico, insieme all’Unione dei Federalisti Europei, che è invece un’associazione di persone.

L’Atlante delle guerre ha intervistato Pier Virgilio Dastoli, Presidente del Consiglio Italiano del Movimento Europeo (Cime), sua articolazione in Italia.

In che prospettiva il Movimento Europeo guarda alla Conferenza sul Futuro dell’Europa?

Con l’idea di completare il processo di integrazione europea nella direzione di un passaggio dal metodo comunitario a un sistema di tipo federale. La Conferenza costituisce un buon punto di inizio, alla cui conclusione sosteniamo che debba essere il Parlamento Europeo, unica istituzione eletta dai cittadini, ad assumere la leadership di un processo di riforma dell’Unione.

Quali le tematiche in agenda e gli aspetti della base normativa e delle politiche europee in causa rispetto ai temi della guerra, dei conflitti e della pace?

Nella Dichiarazione comune mancano alcune delle aree di dibattito da noi caldeggiate, in particolare quello di una capacità fiscale autonoma dell’Unione per poter svolgere delle missioni che altrimenti non possono essere svolte dagli Stati nazionali.

È invece presente il tema del “ruolo dell’Europa nel mondo”, ma in maniera generica. Nel Trattato di Lisbona in politica estera gli Stati nazionali conservano la maggior parte dei poteri e noi riteniamo che questo debba cambiare, anche eliminando il voto all’unanimità a livello del Consiglio.

Riguardo alla pace, il Movimento Europeo aveva sostenuto, purtroppo senza successo, che nella Costituzione europea, scritta all’inizio di questo secolo, dovesse essere inserito un articolo simile all’articolo 11 della Costituzione italiana, che dicesse che l’Unione europea respinge la soluzione di conflitti sul piano militare, scegliendo invece la strada della cooperazione e della pace. Continuiamo a ritenere che l’Europa debba dotarsi di un nuovo trattato, di tipo costituzionale, breve, e che l’inserimento di un tale articolo, con una formulazione giuridicamente vincolante, sarebbe un segnale forte inviato dall’Ue.

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È di questi giorni la notizia del ritrovamento di una cartuccia italiana sulla scena degli scontri in Myanmar, che si aggiunge a quella di forniture militari di Stati nazionali europei nei luoghi di esternalizzazione delle frontiere dell’Unione. Potrà essere un tema alla Conferenza?

Anche su questo l’Unione deve assumersi una responsabilità nell’ambito della Politica Estera e di Sicurezza Comune, con l’aggiunta di una competenza in materia di controllo sulla vendita di armamenti, che al momento hanno invece gli Stati nazionali: affinché l’Italia (e non solo essa) e quindi l’Ue sia coerente con i valori di rispetto della dignità umana e dello stato di diritto inseriti nel Trattato, non si può più accettare una tale contraddizione fra quanto afferma entro i propri confini e la sua politica estera.

E riguardo al tema della politica di difesa, quali sono le posizioni del movimento?

Non ci sembra che in questo momento l’UE debba gestire rischi di essere attaccata da potenze straniere, mentre dovrebbe essere questione di un contributo dell’Ue a livello mondiale, con sistemi di intervento di difesa civile o di sostegno alla cooperazione con Paesi in via di sviluppo, per i quali servono mezzi più adeguati di quelli che abbiamo attualmente.

Sembrano molte buone ragioni per partecipare alla Conferenza e contribuire ai suoi lavori.

Tutte le organizzazioni che lo desiderino possono aderire alla piattaforma da noi creata, che si articola in gruppi di lavoro tematici.

Per far cambiare passo all’Ue è urgente una mobilitazione quanto più ampia: quando ciò è avvenuto, come per la Carta dei diritti, si è conseguito un risultato di alto livello, mentre si è fallito dove è mancata la consapevolezza della necessità di fare un salto verso un sistema di tipo costituzionale europeo.

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