Tigray: la guerra si diffonde

Il conflitto è arrivato nelle Regioni di Afar e Amhara, mentre la crisi umanitaria si fa sempre più acuta e gli aiuti non raggiungono intere aree del Paese

È in espansione il conflitto tra il governo centrale etiope e le fazioni ribelli della Regione del Tigray. Talmente in espansione che, secondo gli esperti, potrebbe presto coinvolgere l’intero Paese. Gli scontri sono infatti arrivati nei giorni scorsi alle Regioni di Afar e Amhara, costringendo altre 250mila persone alla fuga.

Secondo il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, nella Regione etiope si sta consumando “una catastrofe umanitaria davanti ai nostri occhi”. Guterres ha poi sottolineato che “sono in gioco l’unità dell’Etiopia e la stabilità della regione” e ha chiesto un immediato cessate il fuoco e l’avvio del dialogo politico nazionale, dopo che la tregua unilaterale da parte del governo e il ritiro delle forze federali dalla città di Macallè, lo scorso 28 giugno non ha portato al tacere delle armi.

Secondo l’Onu, sono almeno due milioni gli sfollati provocati dal conflitto scoppiato il 2 novembre scorso. Una guerra segnata da uccisioni indiscriminate e violenze di ogni tipo sui civili, comprese diffuse violenze sessuali. Alla fine di luglio l’Unicef stimava che  nei prossimi 12 mesi oltre 100.000 bambini del Tigray potrebbero soffrire di malnutrizione acuta grave, pericolosa per la vita con un aumento di dieci volte rispetto alla media annuale dei casi. Nello stesso periodo un altro allarme è arrivato da Msf che metteva in guardia su un’altra conseguenza del conflitto: la diffusione dell’epatite che coinvolge anche il Sudan Orientale visto che sarebbero almeno 60mila i profughi arrivati dal Tigray. Sarebbero poi oltre 4,5 i milioni di persone che necessitano aiuti umanitari.

Aiuti umanitari sempre più difficili da far arrivare. L’inasprirsi dei combattimenti ha infatti costretto anche la Chiesa cattolica in Etiopia a sospendere gli aiuti alla popolazione civile. Secondo un recente rapporto dell’OCHA (Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari) varie aree del Paese rimangono inaccessibili: dal 20 agosto nessun camion con rifornimenti umanitari è entrato nel Tigray.

Intanto il leader del Fronte di liberazione del popolo del Tigray (Tplf) ha dichiarato alla Reuters di essere in trattativa con l’Esercito di liberazione Oromo (Ola) perché “è naturale che lavoriamo insieme a persone che sono interessate al futuro dello stato etiope”. Il Tplf controlla la regione del Tigray nel Nord dell’Etiopia, mentre l’Ola, un gruppo scissionista dell’Oromo Liberation Front è un gruppo di opposizione precedentemente bandito che è tornato dall’esilio dopo che il primo ministro Abiy Ahmed è entrato in carica nel 2018. Entrambi i gruppi sono stati dichiarati dal parlamento etiope come organizzazioni terroristiche.

Scarsa fiducia in una risoluzione rapida deriva dal fatto che Getachew Reda, portavoce del Fronte di liberazione del popolo del Tigray (Tplf), ha definito su Twitter “Ingenuo” credere che la mediazione dell’Unione Africana possa funzionare, vista la “parzialità” che l’organizzazione avrebbe dimostrato fino ad oggi. Il portavoce ha infatti commentato la nomina da parte dell’organismo regionale ad alto rappresentante per il Corno d’Africa dell’ex presidente della Nigeria, Olusegun Obasanjo, che tra le priorità di Obasanjo avrà anche la gestione del conflitto.

Mediazione del conflitto contesa anche dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan e dal primo ministro sudanese Abdalla Hamdok, attuale presidente dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), che si sono recentemente offerti come facilitatori tra le parti.

di Red/ Al.Pi.

*In copertina il fermoimmagine di un video realizzato Da Msf

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