Gli errori di Vladimir Putin e la Nato

 Lo storico Gastone Breccia non crede che le nuove adesioni di Svezia e Finlandia  peggioreranno la situazione e stima che l'invio di armi fosse necessario. Un botta e  risposta sui temi più spinosi della guerra in Ucraina

di Emanuele Giordana

“Il probabile prossimo ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato è la prova migliore del disastro politico in cui Putin ha trascinato il proprio Paese” dice all’Atlante Gastone Breccia, storico militare che insegna all’Università di Pavia e ha scritto diversi saggi sui conflitti recenti (Libia e Afghanistan in particolare). “Non solo” – aggiunge – “non sta vincendo la guerra sul terreno, ma sta iniziando a perdere la pace futura.”

A proposito di pace non la allontana l’adesione dei due Stati alla Nato – Finlandia e Svezia? Putin aveva detto che l’invasione si era resa necessaria proprio dall’accerchiamento dell’Alleanza atlantica

La Russia, attraverso il suo presidente, afferma di aver attaccato “preventivamente” l’Ucraina per difendersi da un attacco della Nato. Ma è falso. La Nato non aveva e non ha tuttora schierato in Europa truppe sufficienti per un’azione offensiva in territorio russo. La Russia ha anche affermato di aver attaccato l’Ucraina per “denazificarla”. È un’altra affermazione assurda. In Ucraina i neonazisti non hanno preso più del 2% dei voti, alle ultime elezioni, e non sono entrati in parlamento. La democrazia ucraina è piena di difetti, e dopo il 2014 il governo di Kiev ha preso alcune misure antidemocratiche, ma parlare di uno Stato “neonazista” è pura propaganda.

Tornando a Svezia e Finlandia: la Turchia gioca la sua carta del veto in chiave anticurda e per ricevere armi dalla Svezia.. Un veto interessato cui è difficile rispondere

Erdogan continua a sfruttare cinicamente le crisi che si sviluppano attorno al suo Paese per il proprio tornaconto… che continua ad essere lo stesso, ovvero far dimenticare ai propri elettori il malgoverno di cui è responsabile attraverso l’ossessiva chiamata alle armi – reale o figurata – contro il “pericolo curdo”. Non credo che Svezia e Finlandia gli daranno retta per quello che riguarda la consegna dei “terroristi” del Pkk. Potrà ottenere denaro e armi, invece, in cambio del suo riluttante assenso all’ingresso nella Nato dei due Paesi nordici, e potrà comunque lagnarsi sul fronte interno per l’ennesima “mancanza di collaborazione” dell’Occidente riguardo alla questione curda.

Intanto la guerra continua anche se forse si apre qualche spiraglio negoziale

Bisogna finire questa guerra perché è un disastro a livello mondiale. Povertà, carestia, spese per gli armamenti che crescono vertiginosamente – e sto semplificando. Per finirla c’è un solo modo: da una parte, far capire a Putin che non può vincerla, e per questo ritengo siano utili le armi che mandiamo all’Ucraina; dall’altro, far capire agli americani che nemmeno loro possono vincerla come vorrebbero. Lo ha detto Macron: bisogna trovare una soluzione senza umiliare Putin, ma non sarà per niente facile. Come riuscirci? Ancora semplificando: Crimea alla Russia, repubbliche del Donbass ampiamente autonome ma sotto autorità di Kiev, ricostruzione del paese in partnership (tanto per non tirare in ballo i “danni di guerra”), neutralità dell’Ucraina ma suo possibile ingresso nell’UE.

Lei sostiene che inviare le armi sia una scelta giusta ed è un argomento comprensibile. Ma come risponde a chi (noi dell’Atlante per esempio) sostiene che utilizzare la logica della guerra per farla finire non faccia che prolungarla magari come una proxy war combattuta dagli Ucraini per conto di chi vuole indebolire Putin?

La mia posizione nasce da quello che ho studiato, negli anni, riguardo situazioni di occupazione straniera e guerra di popolo. Credo possiamo tutti concordare sul fatto che, se non avessimo mandato armi all’Ucraina, il suo esercito non sarebbe riuscito a fermare i russi, e che questo avrebbe portato all’occupazione di una parte del Paese e alla creazione di un governo fantoccio a Kiev. Io ritengo però che a quel punto ci saremmo trovati di fronte all’inizio di una guerra diversa: una guerra di guerriglia, una resistenza popolare che gli Usa e la Nato avrebbero potuto alimentare senza difficoltà attraverso mille chilometri di frontiera; un conflitto che avrebbe provocato sofferenze terribili alla popolazione (oltre che agli occupanti) e che si sarebbe prolungato nel tempo, nel quale gli ultranazionalisti ucraini si sarebbero senza dubbio conquistati un ruolo da protagonisti con tutte le disgraziate conseguenze che è facile immaginare. In sostanza, senza armi gli ucraini sarebbero stati sconfitti, ma questa sconfitta non avrebbe portato la pace, ma una guerra persino peggiore di quella a cui stiamo assistendo. Quella sì che sarebbe stata una perfetta proxy war sulla pelle degli ucraini per dissanguare Putin e i russi… oggi, finché si rimane nella logica di un conflitto regolare tra eserciti, è ancora possibile risolvere il conflitto attraverso la diplomazia. È difficilissimo, certo: ma per riuscirci l’Ucraina deve essere un avversario credibile sul campo, e per questo servono le armi.

In copertina una foto dall’archivio della Nato. Nel testo due libri di Breccia

 

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