India: soluzione “palestinese” per chi protesta

Dopo giornate incandescenti di polemiche e repressione distrutte alcune abitazioni di musulmani che protestavano contro gli attacchi al profeta Maometto. La deriva ultranazionalista indù

di Emanuele Giordana

Lo spettro dello scontro tra comunità religiose è tornato ad aggirarsi in India da quando il partito nazionalista indù, Bharatiya Janata Party (Bjp), è al governo del Paese. E, nei giorni scorsi, sembra aver raggiunto la sua peggior espressione: dopo gli insulti alla comunità musulmana con le offese al Profeta rivolte da una portavoce del partito, le proteste di massa e diplomatiche, si è passati a episodi estremi della violenza di Stato. Non solo per la repressione nelle strade (con vittime) e nelle caserme ma addirittura con l’abbattimento delle case dei militanti musulmani. Immagini che assomigliano alle pratiche usate da Israele nei territori occupati e dunque alla peggior mortificazione che si possa imporre a una comunità.

L’episodio più grave è di domenica, quando le autorità di Prayagraj (Uttar Pradesh, nota anche come Allahabad) hanno demolito la casa della famiglia di Afreen Fatima, un’attivista musulmana. Foto e video della palazzina a due piani in macerie hanno fatto il giro del mondo. Almeno altre due case di musulmani sarebbero state abbattute nel fine settimana. “Una vendetta contro la mia famiglia”, ha detto la giovane.

Tutto è iniziato il 27 maggio con le dichiarazioni incendiarie su Maometto e l’età della sua terza moglie Aisha, di Nupur Sharma – portavoce del partito – che i musulmani hanno bollato come insulti fanatici e offensivi per tutta la comunità religiosa. Poi l’ex capo a Delhi della comunicazione del Bjp, Naveen Kumar Jindal, ha rincarato la dose insistendo sulle preferenze sessuali del profeta. Quando la reazione popolare, unita all’indignazione espressa da una quindicina di Paesi musulmani per la via diplomatica, ha cominciato a crescere, il 5 giugno il partito ha sospeso Sharma ed espulso Jindal, dicendo che i loro commenti – rapidamente ritirati – non riflettevano le opinioni del Bjp. E la polizia della capitale ha aperto un dossier sul caso per “istigazione all’odio”. Ma per i musulmani non era abbastanza e avrebbero voluto vederli in prigione, richiesta gridata nelle manifestazioni proseguite, prima del week end, dopo la preghiera rituale di venerdi scorso.

In un clima sempre più teso, la protesta è diventata rapidamente violenta – soprattutto a Prayagraj – anche perché la repressione è stata durissima: due morti a Ranchi nello Stato orientale del Jharkhand, decine di feriti e centinaia di arresti in diverse altre città di un Paese dove la comunità musulmana conta oltre 200 milioni di persone su una popolazione di 1 miliardo e 4. Quanto all’abitazione di Afreen Fatima, la polizia sostiene che la casa era una costruzione illegale ma anche che il padre, Javed, sarebbe stato il pianificatore delle violenze. E le autorità del Bjp non sembrano voler fare ulteriori passi indietro: “Ricordate che ogni venerdì è seguito da un sabato”, ha twittato nel week end – con la foto di un bulldozer – Mrityunjay Kumar, consigliere per i media del Chief Minister dello Stato Adityanath, un monaco indù del Bjp. La demolizione di case o negozi di musulmani ha purtroppo dei recenti precedenti nello Stato dell’Uttar Pradesh e Adityanath è infatti noto anche come “Bulldozer Baba”. Un clima tesissimo dunque e che, dopo anni di governo ultraidentitario, sta producendo frutti avvelenati dentro e fuori il Paese.

In copertina il premier Narendra Modi dal sito ufficiale del premier

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