Etiopia-Trigrai: tra spiragli di pace e reclutamento forzato

Eritrea e Fronte di liberazione del Tigray in prima linea nella repressione di chi non vuole combattere, mentre il leader Abiy Ahmed parla per la prima volta di negoziati

Si apre un piccolo spiraglio di pace nella guerra della Regione del Tigrai, ma allo stesso tempo si denunciano reclutamenti forzati. Il 25 giugno, per la prima volta, il premier etiope, Abiy Ahmed, ha parlato della possibilità di negoziati di pace con il Fronte di liberazione del Tigray (Tplf) ma ha smentito che siano in corso trattative segrete. Un passo in avanti potrebbe anche essere l’istituzione di un comitato ad hoc guidato dal vice premier e Ministro degli Esteri Demeke Mekonen, che avrà il compito di redigere un rapporto con le precondizioni dettagliate per i negoziati. La creazione del comitato è seguita alla dichiarazione governativa di una “tregua umanitaria indefinita” nel mese di marzo (arrivata dopo mesi di pressioni internazionali) che ha aperto la via (almeno) agli aiuti umanitari bloccati da mesi.

Ma i segnali positivi finiscono qui. Sia da una parte che dall’altra sembra siano in corso reclutamenti forzati. Un attore impegnato in questo senso è l’Eritrea. Il trattato di pace firmato tra Eritrea ed Etiopia, che è valso ad Ahmed il Nobel per la Pace, sottintendeva, infatti anche una sorta di alleanza militare in versione anti tigrina. L’Eritrea è entrata a più riprese in Etiopia per reprimere i tigrini e in questa fase le forze eritree starebbe reclutando migliaia di persone forzatamente per combattere nel Tigray, compresi ragazzini di appena 14 anni.

A dirlo è stato il relatore speciale sulla situazione dei diritti umani in Eritrea, Mohamed Abdelsalam Babiker, all’apertura della 50esima sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, in corso dal 13 giugno all’8 luglio 2022 all’Ufficio dell’Onu a Ginevra. “Da quando sono entrato in carica nel novembre 2020 – ha dichiarato Babiker – non ho ricevuto alcuna prova di progressi nella situazione dei diritti umani in Eritrea. Piuttosto, ho osservato un deterioramento in diverse aree e violazione continua di diritti umani”.  Gli abusi sono legati al sistema di servizio nazionale/militare a tempo indeterminato.

Chi tenta di sottrarsi, secondo il relatore speciale,  viene imprigionato in ‘condizioni disumane e degradanti’. Le autorità puniscono anche gli inadempienti per procura, ad esempio imprigionando un genitore o un coniuge. Ufficialmente, il servizio militare è limitato a 18 mesi. Ma il potere in atto ad Asmara punta a contare su tutta la sua popolazione in caso di guerra.  “Devono affrontare violazioni e difficoltà indicibili nella loro ricerca di sicurezza – ha proseguito il Relatore Speciale. Particolarmente allarmante è la situazione dei minori non accompagnati. Inoltre, desta grande preoccupazione la situazione dei profughi eritrei in Etiopia, migliaia di loro sono ancora in grave pericolo. Continuo a ricevere segnalazioni di rifugiati eritrei uccisi in attacchi, morti per cause prevenibili legate alla mancanza di accesso a cibo, acqua e medicine nel Tigrai. È molto preoccupante il ruolo svolto dalle forze eritree, che da diversi mesi impediscono la consegna di aiuti umanitari ai rifugiati e alle altre popolazioni bisognose del Tigrai”. 

Sul coinvolgimento dell’Eritrea nel conflitto è intervenuta anche Laetitia Bader, direttrice per Human Rights Watch per il Corno d’Africa. “Da quando è scoppiata la guerra nel Tigrai – conferma su Twitter – stato regionale del nord Etiopia, abbiamo ricevuto segnalazioni di ondate di rastrellamenti di massa di eritrei per riempire i ranghi dell’esercito. Questo continua a guidare le scelte politiche dell’Eritrea. Le forze eritree nel Tigrai hanno continuato a commettere gravi violazioni, comprese le detenzioni arbitrarie di massa, nonché il saccheggio e lo stupro di tigrini nella zona del Tigrai occidentale”.

Ma non è solo l’Eritrea a compiere rastrellamenti. Secondo un reportage del Guardian che riporta le testimonianze di chi è riuscito a fuggire, anche il Fronte di liberazione del popolo del Tigrai sta costringendo le persone a unirsi ai suoi ranghi come combattente. Secondo il giornale inglese migliaia di persone stanno pagando ai trafficanti fino a 40.000 birr (circa 728 euro) a persona per fuggire dalla Regione. Nella rete dei trafficanti anche ufficiali dell’esercito etiope che portano i fuggitivi a Jari, dove vengono trattenuti fino al pagamento di un riscatto. Qui devono affrontare percosse, fame, proposte sessuali in cambio dell’abbandono del campo e minacce di reclutamento forzato da parte delle milizie che combattono le forze del Tigrai.

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