Tra offensiva ucraina e diplomazia cinese. Il punto

La settimana di guerra fra Moca e Kiev corre tra due binari paralleli: quello militare e quello diplomatico. 

di Raffaele Crocco

Da un lato l’offensiva militare ucraina, con l’avanzata nella martoriata Bakhmut e i preparativi per la controffensiva generale annunciata da tempo. Dall’altro lato, l’azione diplomatica cinese, che finalmente trova in qualche modo corpo e gambe, ma ancora impalpabile nella pratica. La nuova settimana di guerra fra Russia e Ucraina si spiega correndo fra questi due punti: quello militare e quello diplomatico. È già un cambiamento significativo, se si pensa al nulla messo in campo dalla diplomazia sino ad oggi.

Proprio dalla diplomazia apriamo il racconto, con il pellegrinaggio iniziato dall’inviato speciale di Pechino per gli Affari eurasiatici. Si chiama Li Hui ed in settimana è stato a Kiev, incontrando Zelensky, per poi partire per un lungo pellegrinaggio in Europa, con tappe in Polonia, in Germania, in Francia e, infine, in Russia. Cosa ha detto Li Hiu a Zelensky? Sostanzialmente, stando alle fonti ufficiali, niente di davvero nuovo. Ha spiegato che non esistono rimedi assoluti a questa guerra e quindi ha esortato i contendenti a “creare le condizioni per i colloqui di pace. La Cina è disposta a sollecitare la comunità internazionale affinché formi il massimo comune denominatore per risolvere la crisi ucraina”.

La priorità, quindi, è fermare i combattimenti, bloccare la strage. Idea che, data la situazione sul campo, Kiev ha rispedito al mittente. Il Ministro degli Esteri ucraino, Kuleba, ha detto a Li che Kiev non accetterà proposte di “cessate il fuoco” se non quando i russi avranno sgomberato tutti i territori occupati. Quindi, niente dialogo di pace con l’Ucraina occupata. La diplomazia di Pechino, però, insiste e fa sapere che serve mettere in campo ogni sforzo “per fermare i combattimenti, definire un cessate il fuoco e ristabilire la pace il prima possibile. La Cina ha sempre svolto un ruolo costruttivo nell’alleviare la situazione umanitaria in Ucraina a modo suo e continuerà a fornire assistenza all’Ucraina nell’ambito delle sue capacità”. 

Lo stallo, quindi, sembra durare in campo diplomatico. Molto meno sul campo di battaglia, dove Kiev annuncia di avere recuperato posizioni e terreno a Bakhmut. L’azione sarebbe solo una parte della grande controffensiva annunciata dallo Stato maggiore ucraino e temuta dai russi. L’ansia russa emerge con chiarezza da quanto viene pubblicato quotidianamente dai blogger militari, dalle parole del portavoce della Difesa russo e dai tweet del capo della milizia privata Wagner, Prigozhin.Il timore che le armi date dagli europei e dagli Stati Uniti a Kiev possano essere determinanti nello scontro è palpabile. Pare esserci una sensazione di “possibile sconfitta annunciata”, cosa che ha portato Mosca ad accelerare e intensificare i bombardamenti a scopo terroristico, cioè della popolazione e su obiettivi ritenuti essenziali per lo spostamento o l’approvvigionamento delle truppe ucraine.

Gli ucraini stanno rispondendo con rapide azioni in Crimea, con l’obiettivo di distruggere depositi di carburante e munizioni o di sabotare la ferrovia in territorio russo. L’incubo dei russi – dicono gli esperti militari – è non sapere da quale punto del fronte, lungo centinaia di chilometri, potrà partire la controffensiva. Così, il Cremlino sta ridistribuendo unità e munizioni sull’intera linea del fronte, decidendo di mollare la presa su Bakhmut. Cosa, questa, che alimenta lo scontro fra i vertici della Wagner e l’esercito regolare: Prigozhin ha investito molto denaro e tanto credito politico sulla conquista della città.

La grande battaglia, comunque sia, pare imminente. Secondo gli esperti statunitensi, Kiev metterà in campo dodici brigate equipaggiate con carri armati, mezzi meccanizzati e artiglieria di produzione occidentale. Una forza considerevole, che potrebbe portare l’Ucraina almeno ad una vittoria parziale. Quanto questa eventuale vittoria possa incidere sull’apertura di un tavolo negoziale è tutto da scoprire. Per ora, la certezza condivisa da tutti è che questa guerra sarà ancora lunga.

Nella foto il diplomatico cinese Li Hui

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