Kosovo

Situazione attuale e ultimi sviluppi

Il Kosovo è un’ex provincia della Serbia che ha dichiarato l’indipendenza nel 2008. Una indipendenza arrivata dopo la guerra del 1999, che ha visto il Kosovo sostenuto militarmente da Usa e Nato battersi contro la Serbia. La pace, sul territorio, è tutt’ora garantita da una missione militare internazionale. Belgrado e la Russia hanno entrambi rifiutato di riconoscere il suo status di Paese indipendente, al contrario di Stati Uniti e dei principali Paesi dell’Unione Europea. Ricordiamo che, comunque, non tutti hanno riconosciuto l’indipendenza di Pristina: la Spagna, ad esempio, si rifiuta di farlo. Il quadro di alleanze internazionali intorno al Kosovo sembra comunque confermarsi con lo scoppio della guerra in Ucraina nel febbraio 2022. Nei primi mesi del 2022, infatti, la Serbia ha ricevuto missili anticarro e veicoli blindati da Mosca. Dalla Cina, sono arrivati elicotteri d’attacco e trasporto e droni. L’allargamento del suo arsenale bellico desta preoccupazioni in una Regione la cui stabilità è fondamentale per evitare il dilagamento della guerra in Europa orientale. Nel frattempo, rimane il grosso problema della minoranza serba in Kosovo. Nell’aprile 2022, si sono ravvivate le tensioni a causa della questione delle targhe. Pristina ha introdotto targhe di prova per i veicoli serbi. I serbi le rifiutano, perché portano la bandiera kosovara, il cui riconoscimento (seppure indiretto) sulle targhe rappresenta per Belgrado accettare l’indipendenza dell’ex Provincia. Questione ancora più spinosa è quella del voto. Nell’aprile 2022, Pristina ha negato ai serbi di votare nei municipi kosovari per le elezioni presidenziali e parlamentari della Serbia. In passato, la manovra era stata permessa, ma Albin Kurti – primo Ministro del Kosovo – ha deciso di trattare la Serbia come qualsiasi altro Paese straniero, aprendo al voto solo nelle ambasciate. Belgrado non ne ha mai aperta una in Kosovo, per evitare un segnale di riconoscimento d’indipendenza. L’unica soluzione è stata un ufficio di collegamento a Pristina. Per evitare lo scoppio di ulteriori tensioni, è intervenuto anche il cancelliere tedesco Scholz, sollecitando un dialogo per risolvere la situazione politica legata al riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo. La stabilità nella regione è resa ancora più importante dalla guerra in Ucraina ed è un prerequisito indispensabile per l’eventuale adesione dei due Paesi all’Unione Europea. Tuttavia, gli scontri non sono finiti e la tensione si è intensificata il 29 maggio 2023. A provocare l’escalation è stata la vittoria di sindaci di etnia albanese nelle elezioni municipali nel nord del Kosovo, a seguito di un boicottaggio da parte di elettori serbi, la maggioranza etnica della regione. Sebbene Kurti fosse stato sollecitato da Francia e Germania a ripetere le elezioni in quanto l’affluenza alle urne non superava il 3,5%, il governo kosovaro ha inviato forze di sicurezza per garantire l’insediamento dei sindaci, scatenando violente proteste da parte dei serbi. Le forze di pace della NATO sono intervenute e 30 di loro sono rimaste ferite negli scontri, tra cui 11 soldati italiani. Le tensioni sono divampate nuovamente il 13 giugno, dopo l’arresto di uno degli organizzatori serbi delle proteste, e si sono intensificate il giorno successivo, quando tre agenti di polizia del Kosovo sono stati arrestati dalle forze serbe. I funzionari di Kosovo e Serbia hanno fornito versioni diverse su dove sono avvenuti gli arresti e si sono accusati a vicenda di aver attraversato il confine illegalmente. Il Presidente Kurti ha accusato la Serbia di aver rapito i poliziotti in territorio kosovaro, mentre il Presidente serbo Aleksandar Vucic ha affermato che i tre poliziotti sono stati arrestati in territorio serbo e ha accusato Kurti di incitare al conflitto nella regione.  I tre poliziotti kosovari detenuti in Serbia sono stati rilasciati il 26 giugno. L’UE ha dichiarato di aver concordato misure punitive contro il governo di Kurti, accusandolo di non aver preso provvedimenti per disinnescare la crisi. I leader di Serbia e Kosovo hanno partecipato a colloqui di emergenza organizzati dall’Unione Europea volti ad allentare le tensioni. Il rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell, ha detto che si è convenuto sulla necessità di elezioni anticipate, temendo un ritorno al conflitto aperto.

Per cosa si combatte

Ai tempi della Jugoslavia, il Kosovo godeva di ampia autonomia politica e amministrativa, dovuta alla sua composizione etnica a larghissima maggioranza albanese. Le cose cambiarono quando, nel marzo 1989, l’allora Presidente della Serbia Slobodan Miloševic revocò gran parte dell’autonomia territoriale, eliminò l’albanese come seconda lingua ufficiale accanto al serbocroato e chiuse le scuole di lingua albanese. La Provincia subì una serbificazione della classe dirigente: i funzionari, gli insegnanti e gli amministratori locali vennero sostituiti con serbi o con persone comunque allineate a Belgrado. La popolazione albanese e i suoi leader, primo fra tutti Ibrahim Rugova (a capo della Lega democratica del Kosovo, Ldk), scelsero l’opposizione pacifica, dichiarando l’indipendenza unilateralmente nel 1990. Fu però la fine della guerra di Bosnia Erzegovina a scatenare l’escalation, quando la Serbia diede inizio alla pulizia etnica. Cominciò la resistenza armata. Alla guida della lotta si pose l’Esercito di liberazione del Kosovo, Uçk. Fu l’intervento della Nato a porre fine alla guerra. La dichiarazione dell’indipendenza il 17 febbraio 2008, però, non ha sopito la “questione kosovara”. La Costituzione serba del 2006, nel Preambolo, dichiara infatti il Kosovo parte integrante del territorio dello Stato, riconoscendogli lo status di Provincia autonoma. Il mantenimento dell’indipendenza nazionale è quindi tuttora una questione all’ordine del giorno a Pristina.

Quadro generale

Il Kosovo è una Repubblica parlamentare monocamerale. Gli organi dello Stato sono regolati dalla Costituzione, che ha trovato compimento con gli accordi di Bruxelles del 2013 sulla normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo. La rappresentanza delle minoranze etnico-linguistiche è garantita da una norma costituzionale che riserva una quota dei seggi a rappresentanti della comunità serba, più altri dieci per le restanti minoranze. Un’ulteriore garanzia è data dal sistema elettorale multipartitico.

L’amministrazione pubblica e la costruzione dell’impianto legislativo sono tuttora sotto la diretta competenza della missione Eulex (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) dell’Unione Europea, insieme all’Unmik (United Nations Interim Administration Mission in Kosovo), la missione nata nel 1999 con la Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. In realtà, dall’indipendenza del 2008, le funzioni dell’Unmik avrebbero dovuto essere trasferite a Eulex: la transizione, però, si è rivelata più complessa del previsto e non ha ancora trovato compimento. La missione Eulex, che era stata prevista per un periodo limitato, continua a operare sulla base di ripetute proroghe.

Nel corso degli anni, Eulex è stata oggetto di critiche per la scarsa efficacia del suo operato, soprattutto in campo giudiziario, e per le accuse di corruzione. Nel 2009, una violenta protesta guidata da un gruppo di cittadini kosovari causò l’incendio di numerose auto e l’arresto di 21 persone. Nel 2014, le accuse di corruzione raggiunsero i massimi livelli, tanto da causare l’intervento dell’Ue, che istituì una commissione d’inchiesta. Al termine dei lavori, nel 2015, la commissione non rilevò responsabilità della missione Eulex, affermando però che il problema della corruzione in Kosovo è presente. Nel 2017, un nuovo scandalo ha investito il giudice capo della missione, l’inglese Malcom Simmons, che si è dimesso.

Dal 2016, il Presidente del Kosovo è stato Hashim Thaçi, già primo Ministro e Ministro degli Esteri. Era stato indicato dai servizi segreti tedeschi come a capo di una rete di traffico di armi, stupefacenti e organi e dal 2021 è a processo alla Corte dell’Aja. Così come l’ex capo del Governo Ramush Haradinaj, processato dal tribunale dell’Aja per omicidio e prosciolto. Travolto dagli scandali anche l’ex Presidente del Parlamento Kadri Veseli, ex capo dei servizi segreti, ritenuto molto vicino ai primi due ai tempi dell’Uçk. Dal 2021, la nuova Presidente dello Stato è donna: Vjosa Osmani.

Il Parlamento è composto da 120 deputati. Di questi, 100 seggi sono assegnati con voto diretto proporzionale, almeno 10 seggi sono garantiti alla comunità serba e 10 distribuiti tra le altre minoranze presenti sul territorio (rom, bosgnacchi, turchi, ecc.). La legislatura dura quattro anni.

Il territorio è suddiviso in 7 distretti amministrativi. Le municipalità sono 48. La suddivisione amministrativa, effettuata dall’Unmik nel 2000 con attenzione alla distribuzione etnica della popolazione, è stata contestata dalla Serbia, senza effetto.

Il Kosovo ha una sola università, divisa in due diverse unità: quella di lingua albanese, che ha sede a Prishtina e conta 17 facoltà, e quella in lingua serba con sede a Kosovska Mitrovica, che conta 10 facoltà e fa parte dell’unione delle università serbe.

La massima autorità giudiziaria è la Corte suprema. L’indipendenza della magistratura, prevista dalla Costituzione, è garantita dal Consiglio giudiziario del Kosovo, che propone al Presidente la nomina dei procuratori e svolge il ruolo di organo disciplinare della magistratura. Almeno il 15% dei componenti della Corte suprema e dei tribunali distrettuali devono appartenere alle minoranze etniche. Sull’implementazione del sistema giudiziario è competente la missione Eulex.

L’economia del Kosovo è una tra le meno sviluppate d’Europa, ma qualche segno di ripresa – prima che la pandemia da Covid-19 rifermasse tutto – c’era. Il numero dei residenti aveva ripreso a crescere. Dal punto di vista della facilità di creare impresa, secondo la classifica Doing Business della Banca Mondiale, il Kosovo ha fatto un balzo in avanti grazie anche alla semplificazione fiscale e nell’accesso al credito, classificandosi 44° su 190 Paesi nel 2018, pur perdendo quattro posizioni rispetto all’anno prima. Restano drammatiche le questioni di una criminalità e una corruzione dilaganti e una disoccupazione giovanile al 50%. La pandemia ha rimesso in ginocchio il Paese.