A Sana’a si piange ancora

Di Raffaele Crocco

A Sana’a si piangono ancora i morti per gli attentati nelle moschee, ma la guerra nello Yemen continua  mietere vite, speranze, esseri umani. Il presidente Abd Rabbo Mansur Hadi è ancora in fuga, questa volta da Aden, dopo aver lasciato in modo precipitoso la capitale Sana’a un mese fa. Il ministro della Difesa Mahmoud al Subaihi, legato al presidente, è stato catturato dalle forze sciite Houthi ribelli a Lahi, a circa 40 chilometri a nord di Aden. E’ rincorsa di notizie in un Paese, sempre piu’ destabilizzato dallo scontro fra sunniti che governavano e sciiti che si ribellano e stanno conquistando il Paese.

La rabbia sunnita è esplosa il 20 marzo, con gli attentati suicidi – firmati ancora una volta dall’Isis –  nella capitale, durante la preghiera del venerdì.  Bilancio pazzesco: almeno150 morti e oltre 345 feriti nelle due moschee frequentate dai ribelli Houthi, il movimento sciita che da settembre ha occupato la città. L’attentato è stato appunto rivendicato, ma fonti di intelligence sono prudenti nell’attribuzione. Resta la rabbia, rimane la guerra.

I ribelli, queste le voci in questo ore, hanno messo una taglia di 100mila dollari sulla testa del presidente. Lo vogliono processare e condannare. Lui, in fuga, ha chiesto  l’intervento dell’Onu. I combattimenti non si fermano. Tre giorni fa almeno trenta persone sarebbero morte in una battaglia nella provincia meridionale di Bayda. Le tribù pro-Hadi hanno attaccato diverse basi e posti di blocco dei combattenti Houthi.  Quest’ultimi, la scorsa settimana avrebbero preso il controllo della città strategica di Ta’izz, tra la capitale Sana’a e Aden. Hanno occupato anche la base aerea di al Anad, la più importante nel Sud del Paese: era usata dalle forze Usa per condurre attacchi aerei contro al Qaeda nella Penisola arabica.

Attorno, nella regione, gli stati islamici a maggioranza sunnita non stanno fermi. Non vogliono uno Yemen sciita. Così,  l’Arabia Saudita ha fatto sapere di lavorare ad un piano per un intervento militare a favore del presidente Hadi.  Sarebbe una interferenza grave, denunciano i ribelli, ma sul piano internazionale sembrano essere isolati.

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