Patto storico fra Ue e Cina

Unione europea e Rpc hanno raggiunto un accordo di massima volto ad agevolare gli scambi commerciali fra le due entità e a favorire gli investimenti europei nella Repubblica popolare

di Maurizio Sacchi

Il 30 di dicembre del 2020 i leader cinesi e dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo di massima, volto ad agevolare gli scambi commerciali fra le due entità, e a favorire gli investimenti europei in Cina. Ma l’opposizione politica in Europa e a Washington potrebbe far fallire lo storico accordo, puntando apertamente sul mancato rispetto dei diritti umani da parte di Pechino, e in modo non esplicito sul timore di un sorpasso della Cina, che la porterebbe a essere la prima potenza mondiale prima del previsto. L’annuncio fa seguito a una videoconferenza fra il presidente cinese Xi Jiang Ping, la presidente dell’Ue Ursula von der Leyen, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron.

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La conclusione del patto è vista come una vittoria diplomatica per la Cina, che ha visto messa in crisi la propria posizione internazionale per la gestione della pandemia di Coronavirus, le repressioni a Hong Kong, il lavoro forzato e l’internamento di massa di uiguri e altri musulmani nella regione occidentale dello Xinjiang. Anche in Cina pare che l’accordo abbia incontrato ostacoli. Ma lo stesso Xi Jinping ha reso prioritario il raggiungimento dell’accordo, autorizzando i negoziatori a fare abbastanza concessioni per convincere gli europei ad andare avanti.

Ora pero’  l’accordo potrebbe incontrare serie difficoltà al momento della approvazione al Parlamento europeo. “L’opinione pubblica [europea] è molto delusa dal regime cinese”, a causa di Hong Kong e della pandemia, ha affermato Philippe Le Corre, ricercatore presso la Harvard Kennedy School che segue gli investimenti cinesi in Europa. “E ora abbiamo questo accordo, che è progettato principalmente per soddisfare una manciata di multinazionali tedesche”. Questa opinione è riportata in un servizio del New York Times, che sottolinea gli aspetti problematici dell’accordo. E che non manca di notare che anche la nuova amministrazione Usa di Joe Biden e Kamala Harris non vede di buon occhio il riavvicinamento delle due grandi economie.

Una parte importante del Parlamento europeo, che deve ratificare l’accordo prima che possa entrare in vigore, fa notare il quotidiano di New York, si oppone all’accordo sulla base del fatto che non sarebbe sufficiente per arrestare le violazioni dei diritti umani in Cina. Ma quest’anno, la Cina ha superato gli Stati Uniti come il principale partner commerciale dell’Unione europea, con 480 miliardi di euro, nel commercio nei due sensi, come risulta dai dati fino a tutto l’ottobre scorso. Se ratificato, il patto allenterebbe molte delle restrizioni imposte finora alle aziende europee che operano in Cina, incluso il requisito che operino attraverso joint venture con partner cinesi e condividano tecnologie sensibili. Un ulteriore impulso alla crescita dell’economia del gigante asiatico potrebbe avvicinare ancor più un sorpasso storico.

La crescita economica della Cina potrebbe infatti raggiungere il 9% l’anno prossimo, e il suo rapido rimbalzo dalla pandemia di Coronavirus potrebbe aiutare l’economia a superare gli Stati Uniti per diventare la più grande del mondo alla fine di questo decennio, secondo analisti citati dal South China Morning Post. Le aspettative sulle prospettive economiche della Cina hanno visto un balzo in avanti nelle ultime settimane, con la seconda economia mondiale che guida la ripresa globale dall’impatto del Coronavirus con la sua robusta crescita delle esportazioni, la forte spesa pubblica e un basso tasso di contagio da Covid-19, che le garantisce un vantaggio su tutti i maggiori competitor. Secondo gli analisti, la Cina supererà gli Stati Uniti per diventare la più grande economia del mondo nel 2028, cinque anni prima di quanto stimato in precedenza.

Il ruolo della finanza

Più in dettaglio, l’accordo aprirà anche la Cina alle banche europee, e cosa ancor più importante, contiene disposizioni intese a ridurre i sussidi governativi segreti. Le aziende straniere spesso si lamentano del fatto che il governo cinese sovvenziona segretamente le aziende nazionali per dare loro un vantaggio competitivo. L’accordo “migliorerà in modo significativo l’ambiente competitivo per le aziende europee in Cina”, ha affermato in una dichiarazione prima dell’annuncio Hildegard Müller, presidente dell’Associazione tedesca dell’industria automobilistica: “Fornirà nuovo impulso per un quadro globale basato su regole per il commercio e gli investimenti”.

I funzionari europei hanno detto che una svolta è arrivata a metà dicembre quando la Cina, con una concessione significativa, ha accettato di prendere un impegno più forte per osservare gli standard internazionali sul lavoro forzato. La Cina ha inoltre accettato di intensificare gli sforzi per combattere il cambiamento climatico. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha affermato che l’accordo fornirà “un accesso senza precedenti al mercato cinese per gli investitori europei, consentendo alle nostre imprese di crescere e creare posti di lavoro… impegnerà anche la Cina a rispettare principi ambiziosi di sostenibilità, trasparenza e non discriminazione”. Ma non tutti sembrano convinti delle buone intenzioni di Pechino.

Reinhard Bütikofer, leader del partito dei Verdi tedeschi e presidente della delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con la Cina, ha affermato che l’accordo dovrebbe includere una maggiore garanzia contro il ricorso al lavoro forzato. Da partre sua, Joe Biden ha chiesto un “approccio coordinato” con l’Unione europea contro la Cina mercoledì, poco dopo che Bruxelles e Pechino avevano concluso i negoziati. “L’amministrazione Biden-Harris attende con impazienza di consultare l’Ue su un approccio coordinato alle pratiche economiche sleali della Cina e ad altre importanti sfide”, ha detto un funzionario del team di transizione, che ha aggiunto che ulteriori commenti sull’accordo non sarebbero appropriati prima che Biden e Kamala Harris entrino in carica il 20 gennaio.

Le smorfie di Washington 

Confermando la linea dura dell’amministrazione Trump, il vice consigliere per la sicurezza nazionale Matthew Pottinger ha criticato i colloqui Ue-Cina, citando la detenzione da parte del governo cinese di uiguri e altri gruppi etnici musulmani nello Xinjiang: “Non possiamo più illuderci che Pechino sia sul punto di onorare i diritti dei lavoratori, mentre continua a costruire milioni di metri quadrati di fabbriche per il lavoro forzato nello Xinjiang”. Ma Pechino ha anche investito quasi 700 miliardi di dollari in prestiti e sovvenzioni per alleviare la povertà negli ultimi cinque anni, circa l’1% del prodotto interno lordo di ogni anno. Ciò esclude le grandi donazioni da parte di imprese statali come State Grid, un gigante della trasmissione di energia, che ha investito 120 miliardi di dollari in aggiornamenti dell’elettricità rurale e assegnato più di 7.000 dipendenti a lavorare su progetti di riduzione della povertà.

Si calcola che circa 50 milioni di cinesi siano usciti dalla povertà assoluta negli ultimi 10 anni. Sono dati riportati dallo stesso New York Times, che però nello stesso esteso servizio dedicato ai programmi cinesi per lo sradicamento della miseria, critica anche questi, condannati come intervento statale sull’economia e violazione delle leggi di mercato.  Vale la pena di domandarsi se uscire dalla miseria non sia anch’esso un diritto fondamentale, prima ancora che il dissenso e la libera concorrenza. Il destino dell’accordo, e il dibattito che si accenderà, anche fra Usa e Unione europea, sulle sue implicazioni potrebbero portare alla luce molte problematiche latenti.

In copertina Photo by Guillaume Périgois (Unsplash)

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