Reporter, al fianco di Lucy

La giornalista etiope Kassa e' stata intimidita con estrema violenza da figuri entrati in casa sua con la forza. MInacciata  per colpa del suo lavoro: cercare di raccontare la verità sulla guerra tra Addis Abeba e il Tigrai

di Jomo Matai da Nairobi

Se c’e’ un modo di difendere i propri colleghi e la libertà di espressione e’ quello di “sbattere il mostro in prima pagina”: perché tutti sappiano, vedano, riconoscano il volto di chi e’ sottoposto a minacce, intimidazioni, violenze. Il nostro modo di difenderli e’ parlare di loro. Lo facciamo oggi per una giornalista etiope molto coraggiosa, Lucy Kassa, il cui viso vedete in copertina. Alcuni giorni fa Reporter sans frontieres ha riassunto  il caso che la riguarda e che in seguito e’ stato ripreso anche da altri media come il servizio dedicatole da Al Jazeera (per cui Lucy lavora) e che si puo leggere qui.

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“La prossima volta ti colpiremo più forte”, hanno detto a Lucy Kassa i tre uomini armati in abiti civili che l’8 febbraio si sono introdotti con la forza nella sua casa, l’hanno buttata a terra, hanno messo a soqquadro  il posto e hanno preso un computer, un chiavetta USB e foto che aveva raccolto nel corso  di una delle sue storie. Hanno anche accusato Kassa, che lavora  per diversi media stranieri tra cui il Los Angeles Times, Al Jazeera e il mensile norvegese Bistandsaktuelt, di “diffondere menzogne” e sostenere “la giunta del Tigrai”.

Per conto di chi stavano agendo? Erano membri delle forze di sicurezza, come suggeriscono le loro accuse? si chiede Rsf che continua cosi il racconto: negli ultimi mesi, Kassa ha seguito il conflitto tra il governo federale dell’Etiopia (classificata al 99 ° posto su 180 paesi nell’Indice mondiale della libertà di stampa 2020 di Rsf) e le autorità locali nella regione settentrionale del Tigrai. Col suo lavoro ha affrontato temi molto delicati come il ruolo dei soldati eritrei nei combattimenti, le condizioni degli sfollati e casi di violenza sessuale contro le donne nella regione.

“Questo atto di violenza e queste minacce arrivano in un momento di grande tensione, ed è intollerabile che i giornalisti che cercano coraggiosamente di denunciare ciò che sta accadendo, spesso a rischio per la loro vita, siano soggetti a tali molestie e intimidazioni”, ha detto Arnaud Froger , a capo del desk Africa di Rsf. “Questa coraggiosa giornalista è stato sottoposto a gravi minacce. Chiediamo alle autorità di prendere tutte le misure necessarie per identificare i suoi aggressori e dissuaderli dal prenderla di nuovo di mira”. Quando è stata raggiunta da Rsf – scrive il sito dell’organizzazione – Kassa ha detto di non sentirsi più al sicuro nella capitale dell’Etiopia, Addis Abeba. Poche ore dopo la nostra telefonata, un’auto che sorpassava ad alta velocità si è quasi schiantata contro il taxi su cui viaggiava in città…

Il giornalismo è di nuovo una professione pericolosa in Etiopia. Lacerata da scontri etnici e da guerre aperte nella regione del Tigrai, dove le autorità locali non riconoscono più il governo federale, l’Etiopia – conclude Rsf – sta assistendo a scontri e massacri tipici di una guerra civile, e la situazione dei giornalisti è drasticamente peggiorata dalla fine del 2020. Coprire i combattimenti nel Tigrai è stato quasi impossibile a causa dei divieti di accesso e dei tagli alle reti di comunicazione. Oltre ad essere privati ​​delle informazioni, i giornalisti sono stati talvolta privati ​​della loro libertà. Rsf infatti – conclude la nota – ha registrato sette arresti arbitrari di giornalisti in relazione a questi eventi dall’inizio delle ostilità a novembre.

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