Articolo di Laura Boldrini su La Repubblica 18 novembre 2011

18 NOVEMBRE 2011

Guerre dalla A alla Z

Quante sono le guerre nel mondo? E dove si consumano? Quanti civili sono costretti ad abbandonare le proprie case per mettersi in salvo? Perchè scoppiano i conflitti? Non tutti sanno rispondere a queste domande e per motivi diversi. Quello che risulta chiaro è che l’attenzione altalenante di gran parte dei media su quanto accade fuori dei confini nazionali  non  aiuta a diffondere nell’opinione pubblica una cultura globale e più consapevole rispetto ai nuovi scenari.

L’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo, realizzato dall’Associazione Culturale 46° Parallelo ed edito da Terra Nuova intende dare delle risposte a coloro che vogliono saperne di più. Offre un’occasione di conoscenza sullo sviluppo del pianeta, sulle sue sfide future e sulle crisi spesso dimenticate, fornendo una mappatura dettagliata e un’analisi degli eventi. La pubblicazione, presentata oggi a Roma è di facile consultazione, ideale per le scuole in cui sempre più spesso i ragazzi italiani siedono accanto a giovani immigrati e rifugiati. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha fornito i dati che fotografano i movimenti forzati di popolazioni, le immagini dai teatri di guerra e alcuni contributi editoriali, nella convinzione che una tale pubblicazione sia uno strumento utile anche per la valorizzazione delle differenze e per la convivenza civile. Un aspetto significativo dello spirito degli autori è la scelta di destinare un euro a copia alle operazioni umanitarie dell’UNHCR a sostegno delle popolazioni colpite dalla carestia nel Corno d’Africa.

L’Atlante non poteva non fare riferimento a quanto accaduto nel Mediterraneonei primi mesi del 2011 e che è ancora in corso, la cosiddetta primavera araba. Fare previsioni sugli sviluppi politici di un paese o di una intera regione geografica è sempre qualcosa di molto rischioso e farne di giuste è appannaggio di pochi. Riguardo ai cambiamenti finora avvenuti nel bacino meridionale del Mediterraneo una sola cosa è finora certa: nel mondo occidentale ha colto tutti alla sprovvista, analisti, politologi e servizi di intelligence inclusi.

All’interno del mondo arabo il malcontento crescente e la maggior consapevolezza dovuta anche alla rete che ha aperto ulteriori finestre sul mondo, avevano portato alcuni osservatori a  scommettere sulla capacità di reazione della popolazione. Ala al-Aswani, autorevole intellettuale e scrittore egiziano nel suo recente libro  “la rivoluzione egiziana” racconta di aver sempre saputo che la rivolta sarebbe prima o poi arrivata e di essere stato però “travolto” dalla protesta da lui stesso evocata in tanti precedenti scritti mirati a denunciare corruzione, povertà, mancanza di libertà e umiliazione di un intero popolo.

In Tunisia il 17 dicembre 2010 Mohamed Bouazizi si da fuoco davanti a Sidi Bouziz come gesto estremo di protesta per il sequestro della sua merce. Il giovane certo non poteva immaginare che da quel momento sarebbe partita una ribellione che avrebbe portato milioni di persone a sfilare nelle strade e che tutto questo si sarebbe esteso ben oltre i confini della Tunisia. Un’onda dirompenteche non si era mai vista prima. La gente non era più disposta a tacere e a subire, come era stato per decenni. Nei mesi seguenti massicce manifestazioni di piazza inneggianti al cambiamento e alla libertà hanno percorso vari paesi del mondo arabo fino allo Yemen e al Bahrein, anche se con dinamiche, reazioni e esiti diversi.

Vista dalla sponda nord del Mediterraneo la primavera araba sembra purtroppo perdere parte del suo significato più profondo per diventare agli occhi dell’opinione pubblica europea prevalentemente timore degli sbarchi. Quindi un evento percepito non tanto come l’inizio di una nuova fase ricca di opportunità per l’intero bacino del Mediterraneo quanto come la minaccia di arrivi di migranti. In Italia ad alimentare questa paura ha contribuito anche una comunicazione istituzionale al quanto allarmistica che prevedeva “esodi biblici” verso le coste italiane e uno “tsunami umano” che si sarebbe abbattuto sul paese.

Gli arrivi via mare sulle coste italiane vi sono certamente stati. Circa 60mila persone – migranti e richiedenti asilo – hanno attraversato il Mediterraneo, un flusso fisiologico in presenza di grandi cambiamenti politici che coinvolgono un’intera regione geografica. Un numero consistente ma al contempo esiguo se paragonato all’esodo che dalla Libia ha portato verso i paesi confinanti, principalmente Tunisia e Egitto, oltre 1,3 milioni di persone.

Come evolverà la primavera araba? Porterà a un reale cambiamento e al consolidamento della democrazia? Quello che sappiamo oggi è che non sarà un percorso semplice né breve. Sappiamo anche che ogni paese è una storia a se, ma molto dipenderà dalla capacità delle varie classi dirigenti di capitalizzare su quanto accaduto, di recepire le istanze delle piazze e di non deludere riproponendo schemi già noti. Dipenderà anche dal sostegno che i paesi della sponda nord del Mediterraneo sapranno dare a questo processo, spostando la lente dagli sbarchi alla costruzione di un futuro sostenibile.

http://boldrini.blogautore.repubblica.it/2011/11/guerre-dalla-a-alla-z/

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