Atto di forza nei cieli di Taiwan

150 caccia e bombardieri in 4 giorni. Crisi diplomatica con Usa e Australia. Telefonata tra Xi Jinping e Joe Biden

di Maurizio Sacchi

Sono quasi 150 gli aerei dell’Esercito di liberazione nazionale cinese che sono entrati nei cieli di Taiwan nei primi quattro giorni di ottobre – 56 dei quali il solo 4 di ottobre –  tra cui 34 caccia di ultima generazione  J-16, 12 bombardieri H-6 e 2 Su-30. Hanno volato nella zona di difesa aerea di Taiwan, spingendo l’aviazione dell’isola a far decollare i jet e ad allarmare i missili secondo il ministero della Difesa di Taiwan. Si tratta di un record nei tesi rapporti fra i due Paesi  – benché la Cina affermi che Taiwan sia parte del proprio territorio nazionale.

Tsai Ing-wen, premier di Taiwan ha sottolineato, in un articolo per la rivista Foreign Affairs, il desiderio di pace di Taiwan, ma ha aggiunto che “se la sua democrazia e il suo stile di vita verranno minacciati, Taiwan farà tutto il necessario per difendersi”. Questa è la reazione a un numero di incursioni senza precedenti di caccia e bombardieri cinesi nella zona di difesa aerea dell’isola. Il governo australiano non ha perso tempo, e lo stesso 4 di ottobre ha dichiarato che Canberra vuole “una regione dell’Indo-Pacifico […] sicura, prospera e basata sullo stato di diritto”. Questa immediata reazione è da mettere in collegamento con la recente alleanza militare fra l’Australia e gli Usa (con Gran Bretagna e Nuova Zelanda), i quali considerano che il fronte strategico principale è ormai da considerarsi il Pacifico, con la dichiarata intenzione di contenere l’influenza cinese.

La presidente di Taiwan Tsai cerca alleanze in tutto il mondo, e Il ministro degli Esteri di Taiwan ha annunciato sempre il 4 ottobre che un gruppo di senatori francesi visiterà l’isola questa settimana. Da parte giapponese il ministro degli esteri, Toshimitsu Motegi, ha detto che spera che Taiwan e la Cina siano in grado di risolvere le questioni pacificamente. e che il Giappone sta valutando i possibili scenari per fare i propri preparativi

Questa volta, Pechino ha scelto di abbandonare i toni diplomatici usuali, ed ha optato per la voce grossa. Il Global Times, un tabloid in inglese a partecipazione statale, ha definito le  incursioni in corso “una dimostrazione […] della capacità” dell’Esercito Popolare di Liberazione” di scatenare un attacco aereo di guerra…l’ assedio di Taiwan [è] una dimostrazione di forza [simile a quello di] Pechino nel 1949. Non ci sono dubbi sul futuro della situazione nello stretto di Taiwan. L’iniziativa di quando e come risolvere la questione di Taiwan è saldamente nelle mani della Cina continentale”.

Solo 15 Paesi riconoscono formalmente Taiwan, soprattutto perché Pechino pone come condizione per i propri rapporti con gli altri governi il riconoscimento del proprio diritto sull’arcipelago. Nei fatti però, Taiwan è un forte attore commerciale e industriale su scala mondiale. La mancanza di sedi diplomatiche non ha rappresentato un problema, e resterebbe un aspetto formale, se ora la tensione, anche militare, fra Stati uniti e Cina  non avesse portato la questione al calor bianco.

Secondo un esperto, è “la mancanza di comunicazione tra Pechino e Taipei [ a far rischiare] un’ulteriore escalation della tensione attraverso lo stretto di Taiwan”. In una memoria pubblicata dalla Grandview Institution, un think tank con sede a Pechino, Zhang Tuosheng, esperto di questioni strategiche all’Università di difesa nazionale dell’Esercito popolare di liberazione,  sostiene che mentre i canali di dialogo tra Cina e Stati uniti danno alle parti una prospettiva “abbastanza forte” di evitare il conflitto militare, c’è un rischio maggiore di conflitto tra Pechino e Taipei, punto di vista che Zhang ha ribadito a un forum online il 2 di ottobre. “Il dialogo tra le due parti si è fermato per molto tempo, e non [si è più] stabilito alcun meccanismo di fiducia reciproca militare e di sicurezza”. Qui Zhang, che evidentemente riflette una posizione del Governo cinese, dà una sua lettura della crisi in corso: “…la tempistica delle esercitazioni di combattimento vicino a Taiwan negli ultimi anni sono tutte legate a nuove provocazioni da parte degli Stati Uniti e di Taiwan“, ha detto, aggiungendo che la pressione militare ha dato “alcuni buoni risultati”. E specifica: “Il governo Tsai Ing-wen ha dovuto prendere una posizione ambigua senza dichiarare l’indipendenza di Taiwan“.

Ha anche ricordato che  l’amministrazione dell’ex presidente americano Donald Trump non ha abbandonato il principio di “una sola Cina” e che anche il  successore Joe Biden non ha sostenuto esplicitamente l’indipendenza di Taiwan. Aggiungendo fra i supposti esiti positivi della dimostrazione di forza che “che gli sforzi della forza aerea  erano principalmente destinati a scoraggiare le forze pro-indipendenza e gli atti di provocazione [anticinese]”. In un messaggio di pace come minimo ambiguo, Zhang conclude: “Anche quando (Pechino e Taipei) si bombardavano a vicenda negli anni ’50, il presidente Mao aveva detto; attaccate solo le navi di Chiang (Kai-shek) – non le navi americane”.

Il portavoce del Dipartimento di Stato americano Ned Price ha detto già domenica che Washington è”molto preoccupata” per le esercitazioni e che il suo impegno con Taiwan rimane “solido come una roccia“. In seguito il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha affermato di aver parlato con il presidente cinese Xi Jinping di Taiwan.  Interrogato da un giornalista sulla “provocazione della Cina su Taiwan“, Biden ha detto martedì che lui e Xi avevano discusso della questione.”Siamo d’accordo, ci atterremo all’accordo di Taiwan e abbiamo chiarito che non si debba  fare altro che rispettare l’accordo“.

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