Australia, risarcimento milionario ai migranti

di Tommaso Andreatta

La Corte Suprema dello stato australiano di Victoria ha ratificato un risarcimento danni per oltre 70 milioni di dollari (45 milioni di euro) a circa 1300 profughi e richiedenti asilo detenuti nel centro stabilito dall’Australia nell’isola di Manus in Papua Nuova Guinea, nel Pacifico.

I profughi e richiedenti asilo sono stati risarciti per detenzione illegale tra il 2012 e il 2016, con negligenza da parte del governo australiano che non avrebbe tutelato i loro diritti umani.

I legali che hanno condotto la class action, dello studio legale Slater and Gordon, sostenevano che l’Australia ha violato i suoi obblighi di assistenza (duty of care), tenendo i detenuti in condizioni che hanno causato danni fisici e psicologici.

Delle condizioni da lager gli aspiranti cittadini australiani ci siamo già occupati dalle pagine dell’Atlante.

Il relatore speciale dell’Onu sui diritti umani dei migranti, Francois Crépeau, nel rapporto sulla sua visita nei due centri – avvenuta nel novembre 2016 – ha dichiarato che il Paese ha una responsabilità «chiara e innegabile» per i danni fisici e psicologici provocati dal suo regime di detenzione illegale degli oltre 1.400 richiedenti asilo e profughi, «trattenuti a tempo indefinito nell’isola di Manus in Papua Nuova Guinea e nel piccolo stato-isola di Nauru, nel Pacifico, dopo essere stati intercettati in mare», si legge su RaiNews24.

Sotto i riflettori c’è il regime di detenzione offshore, considerato «un trattamento crudele, inumano e degradante, ingiustamente punitivo e illegale secondo il diritto internazionale, che macchia la buona reputazione dell’Australia in materia di diritti umani».

Delle condizioni al limite dell’umano e delle continue violenze ai danni degli immigrati si parla da tempo sulla stampa internazionale.

Lo scorso anno The Post Internazionale denunciava gli stupri all’interno delle «strutture di accoglienza». Un rapporto del governo australiano ha documentato innumerevoli accuse di violenza sessuale e fisica presso il centro di accoglienza, compresi casi che coinvolgono bambini. Le accuse hanno riguardato sia altri detenuti sia il personale stesso del centro.

«Tra il 2007 e il 2014, il governo australiano ha reso noto che almeno 1.200 persone hanno perso la vita nelle acque del Pacifico nel corso del loro viaggio di speranza attraverso il mare. I sopravvissuti sono finiti nelle maglie del sistema migratorio australiano.

I richiedenti asilo trasferiti nel centro di detenzione di Nauru vivono in tende senza aria condizionata, in una delle zone più calde della terra. Alcuni si lamentano dei tetti e delle tende delle proprie abitazioni-container ammuffite o arrugginite e altri si lamentano della presenza costante di ratti e scarafaggi.

La mancanza di opportunità educative ha portato molti adolescenti a soffrire di depressione, spingendo alcuni addirittura al suicidio. La sicurezza individuale del campo è stato un problema costante».

«Il quotidiano britannico The Guardian si è occupato molto della questione umanitaria nei centri offshore australiani, documentando molti casi eloquenti: donne incinte desiderose di abortire per non crescere i propri figli in un clima di assoluta incertezza; immigranti che – malgrado abbiano ottenuto lo status di rifugiati – chiedono di ritornare nel centro di detenzione, in quanto temono violenze da parte della popolazione locale; donne stuprate nel centro per rifugiati o che dormono in jeans, per rendere più difficile la violenza sessuale su di esse». Lo ricorda il sito Montaigne, che fa anche notare che, per ostacolare la realizzazione di questi scomodi reportage, il governo di Nauru ha alzato il costo del visto per i giornalisti da 200 ad 8000 dollari.

«Gli immigrati nei campi offshore sono condotti verso la depressione ed il disagio psichico a causa della sospensione della propria vita in un limbo interminabile e senza speranza. Giunti sulle coste australiane, entro 48 ore sono stati trasportati in delle isolette contro la propria volontà; detenuti a tempo indeterminato in dei centri di detenzione in condizioni disumane; se riconosciuti come rifugiati (a ottobre 2014 circa 400 persone a Nauru e altre 400 nell’isola di Manus, per oltre 2000 persone rimaste nei centri detentivi), oltre ad essere trasferiti in un altro campo – di condizioni non migliori (centri di Anibok, Anibare a Nauru e Lorengau) – si ritrovano esposti all’intolleranza di una parte della popolazione locale, con un permesso di soggiorno per 5 anni in un luogo dove non avrebbero mai voluto mettere piede e posti di fronte al muro che il governo australiano ha posto di fronte a loro. Molti di essi non possono ricongiungersi ai propri familiari, giunti in Australia anni prima».
http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2017/09/07/australia-maxirisarcimento-a-migranti_a5b20b16-60cc-4d3a-a451-c0daeaba1cdd.html

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/migranti-relatore-onu-accusa-australia-trattamento-disumano-2799ea5a-3f92-4429-a451-4733a21e23df.html?refresh_ce

https://www.tpi.it/mondo/asia-e-oceania/nauru/centro-detenzione-nauru-australia-richiedenti-asilo-bambini/#r

http://montaigne.altervista.org/immigrazione-lager-australiani-modello-di-salvini/

foto tratta da http://montaigne.altervista.org

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