Bambini kamikaze, una vergogna silenziosa

di Andrea Tomasi

Bambini utilizzati come bombe umane. Succede nel conflitto del lago Ciad: una guerra che coinvolge Nigeria, Ciad, Niger e Camerun. I piccoli vengono utilizzati come materiale bellico in attacchi suicidi. Nei primi tre mesi del 2017 si sono registrati 27 morti, contro i 9 casi dello stesso periodo nell’anno precedente.

L’ultimo rapporto dell’Unicef («La vergogna silenziosa: fare emergere le voci dei bambini catturati nella crisi del lago Ciad») rivela che nel 2014 sono stati utilizzati 117 piccoli per portare a termine attacchi terroristici in luoghi pubblici.

Nella maggior parte dei casi in queste operazioni kamikaze sono state utilizzate soprattutto ragazze. Il risultato immediato di questa terrificante strategia del terrore è che ai posti di blocco quelli maggiormente controllati sono giovani e giovanissimi, la cui presenza presso i mercati e i checkpoint rappresenta causa di timori.

«Questi bambini sono vittime, non colpevoli. Costringerli o raggirarli per utilizzarli in questo modo è riprovevole».

Sono le parole di Marie-Pierre Poirier, direttore regionale Unicef per l’Africa Centrale e Occidentale, riportate da The Post Internazionale.

Si parla di piccoli allevati per diventare mini killer/suicidi. Nel rapporto internazionale, realizzato tre anni dopo il rapimento di 200 studentesse a Chibok, si spiega che questi bambini vengono guardati con sospetto quando ritornano nelle città o nei villaggi da cui erano stati prelevati.

Insomma la paura è che un bambino apparentemente innocuo non sia altro che una bomba ad orologeria, con “innesco programmato”. «Nelle interviste – racconta Tpi – molti bambini che sono stati associati a Boko Haram hanno dichiarato di non parlare con nessuno della loro esperienza perché hanno paura di essere stigmatizzati e di possibili rappresaglie violente da parte delle loro comunità. Molti di loro sono costretti a sopportare gli orrori subiti in silenzio e si allontanano da altri gruppi per paura di essere banditi o stigmatizzati. Il rapporto, inoltre, sottolinea le sfide che le autorità locali devono affrontare con i bambini che sono stati fermati ai checkpoint e presi in custodia amministrativa per fare loro domande e controlli, facendo crescere la preoccupazione sui prolungati periodi di custodia. Nel 2016 circa 1500 bambini sono stati in custodia amministrativa in Nigeria, Ciad, Niger e Camerun».

Si tratta di piccoli uomini e piccole donne che dovrebbero essere messi al riparo, allontanati da tutto ciò che è militare per essere messi in contesti civili, dove la loro salute fisica e mentale possa essere garantita.

«Nel 2016 – racconta l’agenzia Adkronos – l’Unicef ha raggiunto oltre 312 mila bambini fornendo sostengo psicosociale in Nigeria, Ciad, Camerun e Niger, e oltre 800 bambini sono stati riuniti alle loro famiglie. L’Unicef sta lavorando con le comunità e le famiglie per combattere lo stigma verso i sopravvissuti a violenze sessuali e per costruire ambienti sicuri per le persone che erano state rapite (…) In una crisi in cui oltre 1,3 milioni di bambini sono stati sfollati, l’Unicef supporta anche le autorità locali per garantire acqua sicura e servizi sanitari salva vita; ridare accesso all’istruzione creando spazi temporanei per l‘apprendimento e distribuire alimenti terapeutici per curare i bambini malnutriti. La risposta alla crisi è ancora ampiamente sotto finanziata. L’anno scorso, l’appello dell’Unicef per il bacino del lago Ciad, di 154 milioni di dollari, è stato finanziato solo per il 40%».

 

 

http://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2017/04/12/bambini-kamikaze-dal-escalation_0opfEIfBioABjmnxN5mGPL.html

http://www.tpi.it/mondo/ciad/boko-haram-uso-bambini-kamikaze

foto tratta da pinterest.com

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