Brasile, non solo un assalto

"La gravità di quel che accade a Brasilia è nella prova di come la democrazia stia morendo". L'editoriale

di Raffaele Crocco

Due anni dopo ci risiamo, questa volta a Brasilia. Anche qui, come il 6 gennaio 2021 a Washington, gli ultrà di un presidente perdente hanno preso d’assalto il palazzo. Qui, si tratta dei tifosi di Bolsonaro, là si trattava dei fan di Trump. In entrambi i casi, non hanno accettato l’esito del voto. In entrambi i casi non è questa la parte davvero grave di quello che è accaduto e sta accadendo.

La “scarsa democrazia” nella violenza dei tifosi che rifiutano il risultato e prendono d’assalto il nemico è solo la coda del problema. È l’effetto, non la causa. La semplice condanna di quanto è accaduto – e sta accadendo – non serve a nulla. Somiglia molto allo scandalizzato e ipocrita indignarsi che, ogni volta, si leva quando allo stadio i tifosi si accoltellano o lanciano insulti razzisti ad un giocatore.

La gravità di quel che accade a Brasilia è nella prova di come la democrazia stia morendo. Cerchiamo di capire: l’attacco avviene perché i fan di Bolsonaro vedono nel loro leader l’uomo della provvidenza, capace di risolvere tutti i problemi e ogni loro male. Esattamente come era per i supporter di Trump. E l’assalto è contro un uomo, Lula, che viene visto dai suoi esattamente nello stesso modo. È un mondo speculare, fatto di personalismi, non di progetti politici. Lo scontro non è tanto fra due modi di immaginare il futuro.  È fra due persone ritenute in grado di gestire – su delega – il presente. Gli elettori non chiedono un progetto di società, di vita, di futuro. No: vogliono risposte immediate ai problemi spiccioli. È la necessità che li guida o quella che ritengono tale e seguono chi sembra offrire risposte immediate. Siamo sinceri e antipatici: ma davvero un uomo dell’età di Lula può rappresentare un progetto politico, un’idea di futuro? Davvero non c’erano, nella sinistra brasiliana, più donne e più uomini in grado di raccogliere l’eredità di un’idea e portarla avanti?

Nelle democrazie attuali, il meccanismo che porta al governo Lula è il medesimo di chiunque altro. È un meccanismo che si basa sul personalismo, sul carisma, sulla capacità individuale di rispondere ora, subito, alle necessità. Non sono in gioco “valori collettivi”, come lo stato sociale, i diritti umani, la distribuzione della ricchezza, il lavoro dignitoso. In gioco c’è l’occupazione per delega del potere, in cambio della promessa di risolvere i problemi.

È un modo di usare la democrazia utile a creare nuove e più forti caste, altre e ulteriori rotture sociali. La democrazia non ha bisogno di vertici e di ricchezze smisurate in mano di pochi. L’unico modo conosciuto per nutrire e mantenere la democrazia è vivere “in orizzontale”, senza classi forti e dominati, ma con gruppi dirigenti che si formano e disfano sulla base dell’indicazione popolare. La democrazia è un arcipelago, fatto di isole che si collegano, senza dominio di alcune sulle altre.

Lo scontro fra Bolsonaro e Lula è l’ennesima prova di come la democrazia venga uccisa nel Mondo dagli interessi “di sistema”. Quel sistema che ama la finanza, “gli stati sovrani”, gli “interessi nazionali” e la democrazia delegata, che ha la massima espressione in quella forma di monarchia scimmiottata che è il presidenzialismo. Se ci fermiamo alla condanna degli assalti, non andiamo da alcuna parte. Quello che dobbiamo condannare è la poca voglia di democrazia che ognuno di noi coltiva, in silenzio, nella propria pancia.

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