Il Burkina Faso sta vivendo un clima di generale insicurezza dovuto al dilagare del conflitto saheliano. Per la recente intensificazione degli scontri, gli sfollati di guerra stanno aumentando incessantemente e migliaia di bambini non possono più andare a scuola. Questo documentario di Georges Apollinaire Yameogo e Lucia Michelini .mostra le condizioni di vita di una bambina che ha trovato rifugio a Dédougou, Burkina Faso dell’Ovest, e dà voce alla comunità di accoglienza del villaggio. Qui la coautrice lo racconta il perché di questo lavoro
di Lucia Michelini
Il Burkina Faso sta vivendo un clima di generale insicurezza dovuto alla presenza di un conflitto iniziato in Mali nel 2012 e poi dilagato in buona parte dei vicini Paesi saheliani. La recente diffusione e intensificazione degli scontri stanno provocato lo sfollamento di migliaia di rifugiati e l’accesso a numerosi villaggi è oggi praticamente impossibile. Da luglio 2022 anche la regione di Boucle du Mouhoun, Burkina Faso dell’ovest, un tempo considerata meno colpita dal conflitto rispetto alle regioni dell’Est e del Nord, è diventata teatro delle violenze jihadiste.
Questa situazione sta avendo delle gravi conseguenze sulla funzionalità dei servizi sociali di base. In particolare, il settore dell’istruzione è fra i più colpiti, tant’è che oggi nel Paese ci sono quasi 4.258 scuole chiuse per il ragioni di sicurezza (fonte). Gli effetti si ripercuotono gravemente su intere generazioni di bambini andando a compromettere il loro apprendimento scolastico. L’idea di girare questo video che ritrae la situazione degli studenti sfollati in Burkina Faso è venuta a Georges Apollinaire Yameogo. Georges è un fotografo e cameraman originario di Dédougou, capoluogo della provincia di Mouhoun, in Burkina Faso dell’Ovest.
Anche se residente in Senegal da vari anni, a marzo di quest’anno Georges si è recato nel suo Paese per visitare la famiglia. Una volta arrivato a Dédougou si è reso immediatamente conto di come la città fosse piena di gente: donne, anziani, bambini. Tutti sfollati di guerra. Dallo shock di vedere la sua città così trasformata è nata la decisione di usare la telecamera per riprendere la situazione. Una volta tornato in Senegal mi ha mostrato le registrazioni: le sue immagini parlavano talmente chiaro che ho pensato che fosse importante mostrarle anche in Italia. Infatti, del conflitto attualmente in corso in Burkina Faso, i mezzi di comunicazione italiani ne parlano poco o niente. Quando nei giornali si tratta di Sahel, lo si fa soprattutto riferendosi alle azioni militari in corso. Ma chi dà la parola alla gente del posto, che la guerra la vive tutti i giorni? Agli sfollati, ai bambini che di punto in bianco si sono trovati senza niente, senza i loro punti di riferimento quotidiani?
Da questa riflessione è nata l’idea di montare un documentario con cui io e Georges vogliamo mostrare la condizione di vita dei piccoli sfollati burkinabé e delle comunità di accoglienza del villaggio di Dédougou, dipartimento che oggi ospita circa 8.000 rifugiati interni. Per farlo presentiamo la giornata tipo di una bambina sfollata, Giselle Nafisatou, da quando si sveglia alla strada che deve fare tutti i giorni in bicicletta assieme ad altri numerosi giovani rifugiati per andare a scuola nel villaggio dove ha trovato accoglienza. Grazie a questo video speriamo di poter dare l’occasione allo spettatore di capire cosa voglia dire vivere da sfollato di guerra.
Come si spiega nel corso del video oggi in Burkina Faso ci sono migliaia di scuole chiuse per ragioni di sicurezza. Numerosi, troppi, bambini invece di trovarsi dietro i banchi di scuola, sono per strada. Molti di loro devono fronteggiare anche seri shock psicologici, dai quali sarà molto difficile riprendersi, nonché una crescente insicurezza alimentare.
L’immagine di copertina è un fotogramma del video. Nel testo i due coautori
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