Burkina Faso. Nuovo leader, vecchie promesse

Con il golpe  del 30 settembre, il secondo in meno di un anno, Ibrahim Traoré eredita a soli 34 anni un Paese allo sbando, in ginocchio per la presenza jihadista. E il futuro disegnato dal nuovo Capo di Stato non è molto diverso da quello prefigurato a inizio 2022 dal suo predecessore

di Marta Cavallaro

Quando venerdì 30 settembre Ibrahim Traoré è apparso in televisione circondato da militari per assumere il comando del Burkina Faso ha fatto riemergere ricordi non troppo lontani. Le sue dichiarazioni sembravano replicare quelle che lo scorso 24 gennaio Paul-Henri Damiba, ex leader militare alla guida del Paese, aveva usato per giustificare il colpo di stato con cui veniva deposto il Governo guidato da Roch Kabore. A meno di un anno di distanza, la storia si ripete. Seguendo le orme di Damiba, Traoré ha sciolto il Governo, sospeso la Costituzione e chiuso le frontiere. “Abbiamo deciso di assumerci le nostre responsabilità, spinti da un unico ideale: ripristinare la sicurezza e l’integrità”, queste le parole con cui il nuovo leader ha rimosso Damiba, accusato di non essere in grado di difendere il Paese dalla minaccia terrorista. Il giorno dopo il Burkina Faso si è svegliato con un nuovo leader, ma le promesse erano quelle di sempre.

Damiba, che otto mesi fa rovesciava il governo dell’ex Presidente Roch Kabore per gli stessi motivi, non poteva immaginare che la sua sorte non sarebbe stata troppo diversa. Secondo quanto dichiarato dai mediatori dei colloqui avviati all’indomani del colpo di stato, Damiba ha accettato di farsi da parte per evitare spargimento di sangue. Diverse sono le condizioni che ha posto in cambio delle sue dimissioni: garanzie di sicurezza per sé stesso e i suoi alleati e rassicurazioni sul fatto che il nuovo regime rispetterà gli impegni presi con la Comunità economica degli stati dell’Africa Occidentale (Ecowas) in merito al ritorno del Paese all’ordine costituzionale, da realizzarsi entro luglio 2024 attraverso l’organizzazione di elezioni politiche.

Dopo aver accettato le condizioni proposte da Damiba, che sembra avere lasciato il Burkina Faso diretto verso il Togo, Traoré è stato ufficialmente dichiarato Capo di Stato. Intervistato da Radio France International, ha insistito sul fatto che non intende restare in carica a lungo: entro la fine dell’anno una conferenza nazionale dovrebbe nominare un nuovo leader ad interim, militare o civile, che avrà il compito supervisionare il ritorno al governo civile. Le sue dichiarazioni hanno riportato un po’ di calma negli uffici delle organizzazioni internazionali attive nel Paese. L’Ecowas, che nell’immediato aveva condannato la presa di potere in una dichiarazione condivisa sui social media, si è dichiarata soddisfatta dei risultati raggiunti nei negoziati e del ritorno alla calma a Ouagadougou. Del nuovo Capo di Stato non si sa molto. Ufficiale di rango relativamente basso a capo di un reggimento di artiglieria nella città di Kaya nel nord del Paese, Traoré ha soli 34 anni. Mercoledì scorso è diventato il leader più giovane del Continente. Le sfide da affrontare sono tante e le promesse che ha fatto sono già state infrante una volta dal regime precedente con conseguenze evidenti.

Il Burkina Faso lotta ormai da anni per contenere l’insurrezione jihadista attiva nella regione del Sahel da circa un decennio. L’anno scorso il Paese è diventato il nuovo epicentro della crisi regionale. Nel 2021 gli attacchi terroristici, concentrati nell’area al confine con il Niger e il Mali, hanno prodotto 732 vittime. Sebbene Damiba avesse promesso di fare della sicurezza la sua priorità, nel 2022 le cose non sono migliorate. Al contrario, la crisi sembra essere peggiorata. Nei primi cinque mesi successivi alla presa di potere dell’ex capo di Stato, gli attacchi dei gruppi armati sarebbero aumentati del 23%. Il principale gruppo attivo in Burkina Faso rimane Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (JNIM), affiliato ad Al Qaeda, che quest’anno avrebbe portato a termine più di 400 attacchi in 10 delle 13 regioni del Paese. A giugno, Mahamadou Issoufou, ex presidente del Niger e mediatore tra il Burkina Faso e l’ECOWAS, aveva dichiarato che ormai Ouagadougou controllava solo il 60% del Paese e che il restante territorio rimaneva al di fuori del controllo dello Stato. I giorni che hanno preceduto il colpo di stato sono stati particolarmente sanguinosi: circa 27 persone sono state uccise in un attacco, rivendicato da JNIM, contro un convoglio di 150 veicoli che portava rifornimenti nel nord. Nel frattempo, la popolazione burkinabé è afflitta dalla fame. Secondo le Nazioni Unite, il Burkina Faso conta più di 3,4 milioni di persone vittime di insicurezza alimentare. Nel nord e nell’est del Paese, il blocco imposto dai gruppi ribelli su diverse città ha reso impossibile la consegna di beni civili di prima necessità.

Negli ultimi mesi la mancanza di progressi ha esasperato i ranghi e le file militari che a gennaio avevano appoggiato Damiba, aumentando le divisioni interne all’esercito burkinabè. Le tensioni sono diventate evidenti quando il 12 settembre Damiba ha licenziato il suo Ministro della Difesa per poi assumerne il ruolo personalmente. Unificare l’esercito, attore determinante nei cambi di regime in Burkina Faso, doveva essere una priorità del Governo precedente per portare a termine la riconquista del territorio nazionale, ma soprattutto per garantire la propria sopravvivenza, evitando gli stravolgimenti politici che poi si sono effettivamente verificati. Le tensioni nei confronti della Francia, partner militare tradizionale ed ex potenza coloniale della regione, sono un altro fattore importante da considerare per comprendere le spinte che hanno portato Traoré ai vertici. Da mesi le popolazioni del Sahel accusano la Francia e l’Occidente di non essere riusciti a contenere le insurrezioni jihadiste nella regione. Il sentimento antifrancese dei burkinabè è esploso nelle manifestazioni che si sono scatenate la settimana scorsa davanti all’Ambasciata francese nella capitale e negli attacchi all’Istituto francese, centro culturale nella città di Bobo-Dioulasso. I disordini sono stati fomentati dai nuovi leader che, all’indomani del colpo di stato, avevano accusato Damiba di essersi rifugiato in una base militare francese per pianificare una controffensiva.

La scelta dei partner internazionali rientra tra le critiche mosse contro l’ex capo di Stato. Damiba aveva inizialmente promesso che avrebbe esplorato alternative alla Francia cercando assistenza dalla Russia e Turchia. Una volta salito al potere, ha però mantenuto una posizione favorevole alla presenza francese nel Paese. Diversi sostenitori del nuovo leader sono scesi in piazza domenica per celebrare il colpo di stato sventolando bandiere russe. Molti credono che il nuovo Governo dovrebbe chiedere l’aiuto di Mosca, seguendo le orme del Mali che ormai ospita apertamente le truppe del gruppo Wagner, società privata di mercenari russi. La presenza di Wagner è ormai certificata non solo in Mali, ma anche nella Repubblica Centroafricana. In entrambi i Paesi i mercenari russi sembrano essere stati coinvolti in massacri di civili e abusi alla popolazione.

Secondo diversi analisti, il colpo di Stato in Burkina Faso potrebbe aprire la strada ad un altro dispiegamento nel Continente africano dei mercenari russi. Mentre le potenze occidentali condannavano il colpo di stato, la Russia ha subito espresso il proprio sostegno al nuovo leader. Il fondatore di Wagner, Yevgeny Prigozhin, si è congratulato vivamente con Traoré, che ha descritto come “un figlio degno e coraggioso della sua Madrepatria”. Il nuovo capo di Stato, per ora, si mantiene vago e non si sbilancia. In una dichiarazione rilasciata il giorno dopo la presa di potere, i leader del colpo di Stato hanno affermato di essere disposti “a rivolgersi ad altri partner pronti ad aiutare nella lotta contro il terrorismo”, parole che sono state ampiamente interpretate come un riferimento alla Russia. Qualche giorno dopo, Traoré ha però fatto un passo indietro. Nell’intervista con Radio France International, ha minimizzato il legame tra Damiba e la Francia e, in merito ad una eventuale alleanza futura con la Russia, ha dichiarato che “ci sono molti partner. La Francia è un partner. Non c’è un obiettivo particolare”.

In copertina: Ouagadougou (2022, October).Nel testo, un’immagine del nuovo golpista (EKokou – Own work)

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