Chi paga la guerra

Il rapporto annuale sulle armi esplosive nei conflitti urbani evidenzia l'assenza di una responsabilità politica per le sofferenze inflitte ai civili

di Sara Gorelli (Anvcg)

Nel 2024, l’uso delle armi esplosive in aree popolate ha continuato a infliggere sofferenze devastanti alle popolazioni civili in decine di contesti di conflitto. Il rapporto recente dell’Explosive Weapons Monitor (EWM) rivela che civili e infrastrutture civili sono stati colpiti in almeno 74 paesi e territori a causa dell’uso sistematico in contesti urbani di bombe, proiettili d’artiglieria, razzi e altri ordigni esplosivi, sia da parte di attori statali che non statali.

A fronte di questi dati, che evidenziano un uso indiscriminato e sistemico di mezzi bellici altamente distruttivi in aree densamente abitate, con effetti che si estendono ben oltre il cratere dell’esplosione  Alma Taslidzan, responsabile Advocacy per la Protezione dei Civili presso Humanity & Inclusion, ha dichiarato: Gli Stati devono rifiutarsi di normalizzare il devastante impatto delle armi esplosive sui civili.”

Il quadro globale: 74 paesi colpiti, civili sotto attacco

Nel 2024, secondo i dati consolidati del rapporto, episodi di uso di armi esplosive con conseguenze dirette su civili (feriti o uccisi) o su infrastrutture civili sono stati documentati in almeno 74 paesi e territori.

Tra questi, 11 paesi hanno registrato impatti particolarmente gravi:

  • Palestina
  • Ucraina
  • Siria
  • Sudan
  • Myanmar
  • Yemen
  • Libano
  • Etiopia
  • Nigeria
  • Mali
  • Repubblica Democratica del Congo

In molti di questi contesti, l’uso delle armi esplosive ha avuto effetti secondari sistemici (i cosiddetti effetti riverberanti), colpendo non solo i civili al momento dell’attacco, ma compromettendo a lungo termine servizi essenziali come sanità, educazione, fornitura di energia e accesso agli aiuti umanitari.

Una tendenza preoccupante è l’aumento generalizzato delle vittime civili: al di fuori della Palestina, il numero dei civili uccisi da armi esplosive è cresciuto di oltre il 50% rispetto all’anno precedente, con incrementi rilevanti in Libano, Myanmar, Siria e Ucraina.

Anche attori statali hanno avuto un ruolo diretto: le forze armate di 28 Stati sono state coinvolte nell’uso di armi esplosive che hanno causato danni a civili o infrastrutture in 30 paesi, in oltre 1000 episodi in contesti come:

  • le forze israeliane in Palestina e Libano,
  • le forze russe in Ucraina,
  • l’esercito del Myanmar.

Nel frattempo, gruppi armati non statali hanno utilizzato armi esplosive con effetti su civili in 65 paesi, con più di 100 episodi documentati in paesi come Siria, Yemen, Somalia, Pakistan e Sudan

Gaza: epicentro di una catastrofe umanitaria

L’area più gravemente colpita dall’uso di armi esplosive nel 2024 è stata senza dubbio la Palestina, in particolare Gaza, dove si è registrata una concentrazione drammatica e persistente di attacchi. Secondo il rapporto, i civili uccisi da armi esplosive in Palestina rappresentano quasi due terzi di tutte le vittime civili globali nel corso del 2024.

Questo dato conferma un trend già emerso nel 2023, quando si erano verificati livelli senza precedenti di morti e feriti civili. L’impatto non si è limitato alle sole vittime dirette: l’uso massiccio e continuativo di armi esplosive in aree densamente popolate ha compromesso l’intero ecosistema civile della Striscia.

In particolare, Gaza è stata l’epicentro anche degli attacchi contro infrastrutture sanitarie, scolastiche e umanitarie, come vedremo più avanti. È importante sottolineare che la Palestina è l’unico tra i paesi più colpiti ad aver aderito alla Dichiarazione Politica del 2022 per la protezione dei civili, il che rende ancor più urgente una riflessione sulla coerenza tra l’adesione formale e la realtà dei fatti.

Sanità sotto assedio: ospedali e ambulanze nel mirino

Uno degli aspetti più allarmanti dell’uso di armi esplosive nel 2024 riguarda l’impatto diretto e sistematico sul settore sanitario. Gli attacchi a strutture sanitarie, ambulanze e operatori della salute sono aumentati del 64% rispetto al 2023.

In particolare, sono stati registrati 1.857 episodi di uso di armi esplosive che hanno:

  • distrutto o danneggiato ospedali e ambulatori,
  • colpito mezzi di soccorso,
  • causato la morte o il ferimento di medici, infermieri e personale sanitario.

Gli episodi si sono verificati in 26 paesi e territori, ma il 90% dei casi è stato concentrato in quattro contesti principali:

  • Palestina
  • Ucraina
  • Myanmar
  • Libano

Questa escalation di attacchi ha avuto conseguenze critiche sul funzionamento dei sistemi sanitari già fragili. In Ucraina, ad esempio, dopo tre anni di conflitto, gli attacchi ripetuti alle strutture sanitarie e alle reti energetiche hanno reso sempre più difficile garantire l’accesso alle cure mediche, mettendo a rischio sia i pazienti che gli operatori sanitari.

Questi dati dimostrano chiaramente che l’uso di armi esplosive in aree urbane non è compatibile con la protezione dei servizi medici essenziali, sancita dal diritto internazionale umanitario.

Scuole bombardate, istruzione compromessa

Altro dato allarmante emerso dal rapporto del 2025 è l’aumento esponenziale degli attacchi contro il settore dell’istruzione. Gli episodi documentati in cui armi esplosive hanno danneggiato o distrutto scuole, oppure ucciso o ferito studenti e insegnanti, sono più che raddoppiati rispetto all’anno precedente.

Nel 2024 sono stati registrati almeno 861 attacchi contro strutture educative, rispetto ai 415 episodi del 2023. Gli attacchi sono avvenuti in 22 paesi e territori, con i numeri più elevati nei seguenti contesti:

  • Ucraina
  • Palestina
  • Myanmar

Nel caso del Myanmar, si è verificata una discontinuità educativa su scala nazionale, con attacchi che hanno colpito tutti i livelli del sistema scolastico, dalla scuola dell’infanzia fino alle università. Secondo l’EWM, le ripercussioni di queste interruzioni sono già visibili: riduzione delle prospettive occupazionali future, crisi nella formazione delle competenze, e un impatto significativo sulla salute mentale di studenti e famiglie.

In Palestina, gli attacchi hanno riguardato tanto le scuole quanto i rifugi temporanei dove si erano rifugiati civili. I danni al settore educativo si inseriscono in un quadro più ampio di distruzione delle infrastrutture civili essenziali, che impedisce il normale svolgimento della vita quotidiana anche lontano dai fronti di combattimento.

Aiuti umanitari e sicurezza alimentare: due emergenze legate indissolubilmente

Nel 2024, gli attacchi con armi esplosive hanno colpito in modo sempre più frequente le operazioni umanitarie e contribuito in modo diretto a un aumento dell’insicurezza alimentare, specialmente nei contesti di conflitto prolungato.

 Attacchi agli aiuti umanitari: un aumento di quasi cinque volte

Secondo i dati di Insecurity Insight, si sono verificati almeno 1.631 episodi in cui le armi esplosive hanno colpito:

  • convogli umanitari,
  • personale delle ONG,
  • campi profughi o strutture temporanee per sfollati.

Si tratta di un aumento quasi cinque volte superiore rispetto ai 357 episodi documentati nel 2023. Il 90% di questi attacchi si è verificato in Palestina, confermando ancora una volta il peso sproporzionato del conflitto su quella popolazione.

Legame con l’insicurezza alimentare

L’uso di armi esplosive ha inciso anche sulla possibilità delle comunità colpite di accedere al cibo. Dove i dati sono disponibili, si sono registrati almeno 300 episodi che hanno avuto impatti diretti su coltivazioni, trasporti o mercati locali, in nove paesi e territori. L’interruzione delle rotte di distribuzione, la distruzione di silos e magazzini e l’inaccessibilità dei campi coltivati a causa di ordigni inesplosi sono tra i principali fattori che contribuiscono alla crisi alimentare nei teatri di guerra.

Un caso emblematico è quello del Sudan, dove nel 2023 il numero di persone bisognose di assistenza umanitaria ha raggiunto i 25 milioni. Tuttavia, le agenzie umanitarie sono state costrette a ridurre i programmi o evacuare il personale, proprio a causa dell’aumentato rischio derivante dalle armi esplosive

 Gli attori del conflitto: responsabilità di Stati e gruppi armati

Nel rapporto è evidenziato con chiarezza che la responsabilità degli attacchi non è attribuibile esclusivamente ad attori non statali. Nel 2024, le forze armate di 28 Stati hanno utilizzato armi esplosive in operazioni che hanno causato danni diretti a civili o infrastrutture civili in 30 diversi paesi e territori.

Tra i casi più significativi in termini di volume e impatto:

  • Forze israeliane in Palestina e Libano,
  • Forze russe in Ucraina,
  • Esercito del Myanmar in patria.

In ciascuno di questi contesti si sono registrati oltre 1000 episodi di impatto diretto sui civili.

Va inoltre segnalato che anche forze armate di cinque paesi che hanno sottoscritto la Dichiarazione Politica del 2022 — Giordania, Somalia, Togo, Turchia e Stati Uniti — sono coinvolte in episodi documentati di danni a civili in contesti come Iran, Iraq, Siria, Burkina Faso e Somalia. Questo solleva interrogativi fondamentali sull’effettiva implementazione e il monitoraggio degli impegni assunti.

Parallelamente, i gruppi armati non statali hanno utilizzato armi esplosive con impatti su civili in 65 paesi e territori, in alcuni casi con oltre 100 episodi per singolo contesto. Tra i paesi più colpiti da questo tipo di attori figurano Siria, Yemen, Sudan, Pakistan, Myanmar e Somalia.

Questi dati sottolineano la trasversalità della responsabilità, la diffusione incontrollata dell’uso di armi esplosive, e l’urgenza di strumenti internazionali che vincolino tanto gli Stati quanto gli attori armati non statali a limitare l’uso di armi con effetti indiscriminati in aree popolate.

La Dichiarazione Politica del 2022: uno strumento da attuare

La Dichiarazione Politica per rafforzare la protezione dei civili dalle conseguenze umanitarie dell’uso di armi esplosive in aree popolate, adottata nel 2022, rappresenta lo strumento più avanzato a disposizione della comunità internazionale per affrontare questo problema. Alla data del rapporto, 87 Stati avevano sottoscritto la dichiarazione.

Il testo impegna gli Stati a:

  • limitare o evitare l’uso di armi esplosive con effetti ad ampio raggio in aree popolate;
  • rafforzare la raccolta di dati e la trasparenza sull’uso di tali armi;
  • facilitare l’assistenza alle popolazioni colpite;
  • sviluppare nuove prassi operative e regole d’ingaggio conformi al diritto internazionale umanitario.

Tuttavia, la distanza tra adesione formale e implementazione concreta rimane ampia. I dati raccolti nel 2024 mostrano che, in molti casi, anche Stati firmatari della dichiarazione hanno continuato a utilizzare armi esplosive in contesti urbani con impatti documentati su civili e infrastrutture.

Per questo, l’International Network on Explosive Weapons (INEW) ha rinnovato il proprio appello ai governi affinché:

  • traducano gli impegni politici in misure operative e legislative concrete,
  • investano nella formazione delle forze armate,
  • e attivino meccanismi di monitoraggio indipendente per verificare l’efficacia della protezione dei civili

Prevenire oggi per proteggere il domani

I dati relativi al 2024 dipingono un quadro inequivocabile: l’uso di armi esplosive in aree urbane continua a rappresentare una delle principali minacce alla sicurezza dei civili nei conflitti contemporanei. L’impatto non è solo immediato (morti, feriti, distruzione), ma anche strutturale e duraturo, con effetti a lungo termine sulla salute pubblica, l’istruzione, la sicurezza alimentare e la capacità degli aiuti umanitari di raggiungere le popolazioni più vulnerabili.

In assenza di una risposta politica efficace e di strumenti vincolanti, si rischia la “normalizzazione dell’inaccettabile”. La Dichiarazione Politica del 2022 offre una cornice utile, ma la sua efficacia dipenderà dalla volontà degli Stati di trasformare l’adesione in azione.

Questo articolo è stato preparato dal Centro di ricerca de l’Osservatorio Anvcg, partner dell’Atlante delle guerre

 

 

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