Cipro: luce verde Usa alla vendita di armi

Sale nuovamente la tensione tra Ankara e Atene. La fine delle restrizioni americane riaccende lo scontro e segue l’apertura di tre nuove basi militari in Grecia

di Leonardo Delfanti

Il Dipartimento di Stato americano ha rimosso l’embargo per la vendita di armi a Cipro attivo dal 1987. La decisione è stata accolta con grande entusiasmo dagli alleati greci mentre si teme una corsa agli armamenti da parte della controparte turca. Lo scorso 16 settembre, il Segretario di Stato americano Antony J. Blinken ha dichiarato che la Repubblica di Cipro “ha soddisfatto le condizioni necessarie” per ottenere, a partire dall’anno fiscale 2023, accesso all’export bellico statunitense, a patto di non permettere più la sosta alle navi militari russe e di impegnarsi a trasferire a Kiev degli armamenti recentemente comprati da Mosca.

La questione di Cipro, divisa in due dall’invasione turca del 1974, si va così inasprendo alla soglia di un anno, il prossimo, cruciale per i destini geopolitici del Mediterraneo orientale. Grecia, Turchia e Cipro, infatti, andranno tutte e tre al voto in un clima che vede lo scontro tra Ankara e Atene acuirsi sempre di più. La fine delle restrizioni americane, che segue l’apertura di tre nuove basi militari in Grecia, il riconoscimento formale del genocidio armeno e la pressione delle lobby militari filoelleniche per interrompere la vendita di F-35 ha palesemente irritato il governo di Ankara, l’unico a riconoscere e proteggere la Repubblica Turca di Cipro Nord (Rtcn); secondo il suo presidente Ersin Tatar, la decisione statunitense conferma l’importanza della Turchia come garante degli interessi turco-ciprioti dell’isola.

Intervistato dalla CNN, il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu, non ha esitato a dichiarare che la decisione avrà effetti negativi sui negoziati per il futuro dell’isola mentre il presidente Recep Tayyip Erdogan ha definito la revoca dell’embargo “inspiegabile” aggiungendo che gli Stati Uniti, “incoraggiano le mosse greco-cipriote volte a minacciare la pace e la stabilità nel Mediterraneo orientale, rischiando di incrementare così una corsa agli armamenti”. Dall’altra parte il governo di Nicosia, il cui Corpo di Guardia, formalmente indipendente, è da sempre sotto il comando di un generale di origine greca, afferma che la scelta risulterà fondamentale per assicurare la pace e la stabilità nel Mediterraneo. Non stupisce dunque che il ministro degli Esteri greco Nikos Dendias abbia dichiarato “profonda soddisfazione” per la scelta statunitense arrivando a definirla “una pietra miliare” nelle relazioni tra la Repubblica di Cipro e gli Stati Uniti d’America.

Nella partita per la ridefinizione dello scacchiere geopolitico mondiale, il Levante ha infatti un ruolo di rilievo. Se da una parte tutti gli attori nominati sono parte della Nato, quest’estate la storica disputa tra Grecia e Turchia ha raggiunto, secondo alcuni analisti, i livelli della crisi di Imia del 1996. Tra minacce e accuse reciproche per il controllo delle isole dell’Egeo, i due contendenti vedono da sempre nella controparte una minaccia alla loro sopravvivenza, in quanto entrambi votati all’egemonia marittima. Ciò che è cambiato in questi anni è la capacità turca di agire come ago della bilancia tra flussi migratori, guerre al terrorismo e, dallo scorso febbraio, attore diplomatico nel conflitto ucraino. È anche in quest’ottica che la recente visita di Nancy Pelosi in Armenia, in questi giorni tornata in conflitto con l’Azerbaijan per il riconoscimento della regione del Nagorno-Karabach, irrita Erdogan che vorrebbe vedere di nuovo trionfante l’alleato azero, garante strategico per il rifornimento del gas naturale proveniente dal Medio Oriente.

L’accesso alle fonti di approvvigionamento energetico è evidentemente una delle grandi chiavi di lettura per comprendere la crescente tensione tra gli alleati Nato. A soffiare sul fuoco del nazionalismo è infatti la strategica posizione di Cipro nel cui mare, a sud, si trovano immensi giacimenti di risorse naturali che, se opportunamente sfruttate, potrebbero minare la posizione privilegiata di cui gode la Turchia nelle crisi con l’Europa.

In copertina bandiere della Turchia e di Cipro del Nord

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