Zimbabwe

Corruzione endemica, debolezza dello Stato di diritto, scarsa tutela dei diritti civili e impunità delle forze dell’ordine rimangono al centro della vita politica in Zimbabwe. L’Unione Nazionale Africana dello Zimbabwe – Fronte Patriottico (Zanu-Pf) domina la scena politica sin dall’indipendenza nel 1980, con atti di brutale repressione dell’opposizione politica, dei media critici e di qualsiasi altra fonte di dissenso. L’attuale Presidente Emmerson Mnangagwa è salito al potere nel 2017, quando l’esercito è intervenuto per destituire Robert Mugabe, che ha governato il Paese per 37 anni. Tuttavia, la nuova Amministrazione ha mantenuto in gran parte l’architettura legale, amministrativa e di sicurezza ereditata dal Regime di Mugabe e, dopo un periodo iniziale di miglioramento, ha intensificato la repressione per consolidare la propria autorità. Nessun passo è stato preso per garantire la tutela dei diritti umani e perseguire i gravi abusi commessi dalle forze di sicurezza in occasione degli episodi di violenza post-elettorale del 2018 e i casi di uccisioni e stupri durante le proteste del gennaio 2019. L’esercito continua a svolgere un ruolo critico nella politica del Paese e, dopo la cacciata di Mugabe, diversi ufficiali militari hanno assunto posizioni di leadership nello Zanu-Pf e nel nuovo Governo. La corruzione è endemica al sistema, mentre le libertà di espressione e riunione, pur essendo garantite sulla carta, sono frequentemente minacciate. Le restrizioni adottate per far fronte al Covid-19 continuano a limitare la libertà di movimento dei cittadini. Attivisti e giornalisti sono stati frequentemente presi di mira dalle autorità con la scusa di aver violato le misure di lockdown. Accanto alla crisi politica, quella economica. La guerra in Ucraina ha fortemente colpito il Paese, grande importatore del grano russo. Con l’interruzione del commercio globale all’indomani dell’invasione, i costi delle materie prime e dei trasporti sono saliti alle stelle, esasperando un popolo che era già da tempo preda di crisi economica e alti livelli di inflazione. Secondo il Congresso dei sindacati dello Zimbabwe (Zctu), il 90% del Paese è disoccupato e la produzione manifatturiera è in declino. L’inflazione è cresciuta a livelli esponenziali, raggiungendo il 259% a luglio 2022 (il mese precedente ammontava a 191%). Secondo la Banca Mondiale, 7,9milioni di persone in Zimbabwe sono cadute in estrema povertà nell’ultimo decennio. Tra gennaio e marzo 2022 più di cinque milioni di persone, un terzo della popolazione, non hanno avuto abbastanza cibo nelle aree rurali e urbane. A settembre dello stesso anno, il World Food Programme delle Nazioni Unite ha annunciato di voler destinare al Paese un programma di aiuti alimentari dal valore di 40milioni di dollari. A ciò si aggiunge la crisi dell’acqua. Nel 2021, a tre anni dalla devastante epidemia di colera, centinaia di migliaia di residenti ad Harare non hanno avuto accesso all’acqua potabile. Diversi fattori contribuiscono ai problemi idrici della Capitale, dalla siccità perenne che colpisce il lago Chivero, alla mancata manutenzione delle infrastrutture idriche e alla corruzione nelle istituzioni. La scarsità di acqua ha influito nella fruizione di tutti i diritti collegati all’accesso idrico e ai servizi igienici, tra cui il diritto alla vita, al cibo e alla salute.