Conflitti stupefacenti

Dalle metanfetamine naziste usate oggi dai terroristi agli psicofarmaci autorizzati dal Pentagono. Un libro-inchiesta sul rapporto, antico e indissolubile, tra guerra e droga

Pubblichiamo per gentile concessione dell’autore, alcuni estratti del capitolo Dalle go pills alla modifica del Dna, dai droni ai tessuti umani, dal libro di Alessandro De Pascale* Guerra & Droga, uscito per Castelvecchi (Pp. 430 – 19.50 €): dagli oppiacei assunti dai contingenti internazionali in Afghanistan a quelli dell’Uck nel Kosovo protetto dalla Nato; dall’anfetamina usata dai Top Gun e dalle forze speciali statunitensi alle metanfetamine prodotte dai nazisti ieri e dallo Stato Islamico oggi, passando per il boom di psicofarmaci prescritti a reduci e soldati in un rapporto, tra guerra e droga, che ha origini antiche quanto la guerra stessa. Un libro che fotografa passato e presente attraverso viaggi nei Balcani, in Iraq, Siria, Libano, Libia, Turchia, Afghanistan, compiuti dall’autore più di dieci anni, e grazie a documenti ufficiali desecretati negli Archivi di Stato di Usa, Gran Bretagna e Germania.

Gli eserciti contemporanei si sono trovati, sempre più spesso in questi ultimi decenni, a dover fare i conti con un nemico che impiega tattiche asimmetriche, per indebolire e logorare l’avversario. La tradi- zionale forma di guerra, quella tra identificabili forze armate, contrapposte in un determinato e circoscritto campo di battaglia, ha subito profonde trasformazioni nel tempo. A partire già dalla novità costituita dal combattimento tra un esercito regolare da un lato e un gruppo pa- ramilitare di miliziani dall’altro…

La lezione che il Pentagono sembra aver appreso nei teatri afghano e iracheno è l’impiego di piccole unità bene armate e addestrate, come le forze speciali. La crescente importanza
attribuita al soldato, visto come un sistema di combattimento integrato, porta già nel 1989 il dipartimento della Difesa a incoraggiare Esercito e Marina nel creare appositi programmi: il Soldier Enhancement Program (Sep) e il Marine Enhancement Program (Mep). Quattro anni dopo, la valutazione dell’efficacia dei militari è stata codificata nella capacità dei soldati di eseguire 5 funzioni critiche, interdipendenti tra loro e variabili, per importanza e impatto, a seconda della missione da compiere: comando e controllo, letalità, sopravvivenza, mobilità, sostenibilità. Da allora la Difesa ha fatto passi da gigante riguardo alle attrezzature di protezione individuale, nel campo delle comunicazioni o della raccolta di informazioni d’intelligence.
Resta invece quasi immutato il limite contro il quale da sempre si scontra l’ambiente militare: nonostante tecnologie da svariati milioni di euro, vale la pena ricordare che i soldati possono ancora essere messi fuori gioco con una pallottola da 25 centesimi. L’impiego della chimica resta quindi centrale, forse persino di più nel nostro presente, rispetto al passato. Grazie alla tecnologia è stato ad esempio eliminato il problema della necessità della luce del giorno per vedere e combattere e le operazioni si sono estese per oltre 24 ore. Il sonno perso e l’intervento teso a modificare i normali e soprattutto naturali ritmi biologici, assieme ai sempre maggiori tempi delle operazioni prolungate da parte delle forze di terra e dell’aria, accrescono piuttosto che ridurre, il divario tra le sempre maggiori prestazioni richieste dai comandi ai propri soldati e il loro calo psico-fisico.
Tutti coloro che vengono impiegati in lunghe operazioni sul campo, conoscono il problema della stanchezza che provoca un degrado generale della proprie capacità, aumentando i rischi, come l’essere colpiti oppure i cosiddetti “incidenti da fuoco amico”, che tra le altre cose restano molto frequenti.

Farmacologia: la parte del leone

Le sostanze attualmente impiegate per il contrasto della stanchezza si dividono in due categorie: stimolanti e depressivi, vale a dire, farmaci che impediscono o aiutano ad addormentarsi e ribattezzate per questo dai militari statunitensi go pills (‘pillole per andare’) e no-go pills (‘pillole per sedare gli effetti delle prime’). Questo tipo di pillole fu adottato già a partire dagli anni Ottanta e ne è un esempio la guerra per le isole Faulkland…
La tecnologia è pronta, l’essere umano un po’ meno. Così l’Air Force Usa punta di nuovo sull’anfetamina, che si è dimostrata la sostanza conosciuta maggiormente adatta allo scopo. Anche questa classe di molecole, come avvenuto per la tecnologia, nei decenni trascorsi si è evoluta. Al posto della Benzedrina della Seconda Guerra Mondiale ora c’è la Dexedrina, ritenuta più sicura ed efficace, prodotta dalla stessa casa farmaceutica, la GlaxoSmithKline, attenta alle necessità belliche del proprio Paese, avendo col tempo appreso nella pratica quanto si possa guadagnare nell’essere il fornitore delle droghe del Pentagono. La Dexedrina è un farmaco a base di destroanfetamina messo in commercio nel 1976, comparso al fronte oltre un decennio prima, durante la guerra del Vietnam. L’unica indicazione terapeutica riconosciuta alla Dexedrina dalle autorità pubbliche che disciplinano la vendita dei farmaci è per quello che in psichiatria definiscono il Disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd). Mentre per il Pentagono è in grado di favorire la prontezza di chi la assume anche per 30 ore…

Pillole per non dormire

Le cosiddette go pills sono diventate la sostanza più diffusa nell’aviazione americana 7 . Il primo a impiegare ufficialmente la Dexedrina è stato nel 1960 lo U.S. Air Force Strategic Air Command (Sac), seguito due anni dopo dallo U.S. Air Force Tactical Air Command (Tac). Ma è dall’Operazione Desert Storm in poi che il suo uso si diffonde e diventa massiccio, quasi irrinunciabile, attraverso un vero e proprio piano di somministrazione medico-amministrativo. Da una ricerca condotta nella Prima Guerra del Golfo viene fuori che il 65% dei piloti della Tac ha utilizzato destroanfetamine per sostenere le operazioni di volo durante i raid e per la maggior parte di questi è stata addirittura necessaria a garantire il successo stesso della missione. In alcune unità impegnate nel pattugliamento o in combattimento sui caccia F15, le usava addirittura il 96% degli avieri. Le parole chiave più comuni sono state «stanchezza dell’equipaggio» e «tipo di missione», indicate dai piloti nei questionari anonimi che gli sono stati somministrati, nella parte in cui dovevano indicare le motivazioni per le quali le assumevano. Oltre il 60% ha sostenuto si trattasse di un uso «occasionale», in contraddizione con le indicazioni più frequenti riguardo alla dose di 5 mg ogni 4 ore, l’unica ritenuta efficace per ridurre la stanchezza nelle fasi più critiche delle missioni…

L’impiego delle anfetamine da parte del Pentagono riprende durante le successive Guerre nei Balcani….

La guerra dei Balcani è anche quella che, sul fronte statunitense, nel 1994 vede l’avvicendamento del capo di Stato Maggiore dell’Aeronau- tica Militare, il già citato generale McPeak. Assieme a lui va inoltre via la sua messa al bando delle go pills. Anche la Marina le aveva vietate ne-
gli anni Novanta, per poi tornare sui suoi passi, anche se le impiegherà in maniera molto più limitata. La differenza di somministrazione è data innanzitutto dalla durata minore delle missioni dei piloti dell’Us Navy, che decollano da portaerei nei pressi dei teatri di guerra, ma anche dalla pericolosità degli atterraggi notturni. In quel periodo avvengono inoltre diversi nuovi test con questa categoria di sostanze. Sarà proprio sulla base di questi esperimenti che il loro uso riprende, in modo sistematico. Il dipartimento della Difesa studia un nuovo farmaco anfetaminico, il Modafinil. Per i ricercatori del laboratorio di medicina aerospaziale dell’Esercito è in grado di mantenere una persona sveglia per 64, anche 90 ore, senza gli effetti collaterali comunemente associati alla destroanfetamina 16 . Su queste basi, il nuovo farmaco è stato associato, e in alcuni casi sostituito, alla precedente Dexedrina e tuttora è quello più adoperato dagli statunitensi nei vari teatri di guerra. Anche il Modafinil è prodotto dalla GlaxoSmithKline ed è stato approvato dalla Food and Drug Administration (Fda) soltanto a fine 1998. L’indicazione terapeutica è contro la narcolessia e in particolare per il trattamento dell’eccessiva sonnolenza che grava durante il giorno su chi ne è affetto.

Il primo studio militare conosciuto con il Modafinil è stato condotto dai canadesi nel 1995, tre anni prima che il farmaco entrasse in commercio negli Usa. La Human Factor Division del Defence and Civil Institute of Environmental Medicine (Dciem) di North York, in Ontario, realizza il primo esperimento con il nuovo farmaco adoperando simulatori degli aerei “invisibili” da attacco F-117: «41 riservisti delle forze armate canadesi hanno ricevuto 300 milligrammi di Modafinil,
20 mg di destroanfetamina o un placebo per 3 volte durante 64 ore di performance cognitiva continuativa senza dormire […]. Le stime soggettive di umore, stanchezza e sonnolenza, nonché le misure oggettive del tempo di reazione, del ragionamento logico e della memoria a breve termine hanno dimostrato chiaramente le migliori prestazioni sia con il Modafinil, sia con la destroanfetamina, rispetto al placebo, mantenendo entrambi o aumentando la temperatura corporea rispetto al ciclo circadiano naturale osservato nel gruppo del placebo […].

Dagli incontri con i partecipanti a fine studio, il Modafinil ha dato meno effetti collaterali rispetto alle altre anfetamine, anche se di più rispetto al placebo» 18 . Durante l’esperimento, le funzioni vitali dei riservisti canadesi sono stati monitorate con elettrodi, elettrocardiogrammi e altri dispositivi, cui si sono aggiunti 17 test cognitivi e 15 questionari soggettivi. La conclusione dei canadesi è che «il Modafinil sembra essere una buona alternativa alle altre anfetamine, per contrastare durante le operazioni prolungate il calo debilitante dell’umore e degli effetti cognitivi
dati dall’assenza di sonno […] non si notano differenze significative, a livello di performance, tra il Modafinil e la destroafentamina», se non in termini di durata ed effetti collaterali…

Due giorni senza dormire

Passano ancora due anni e nel 2000 il Pentagono conduce un test negli Aeromedical Research Laboratory di Fort Rucker (Alabama), ugualmente solo con il Modafinil ma raddoppiando la dose, su un simulatore di elicotteri UH-60: «L’obiettivo principale è stato quello di determinare se dosi prestabilite di Modafinil siano in grado di attenuare il calo in termini di prestazioni dell’aviatore e facendolo rimanere sveglio per 2 giorni senza mai dormire […] piloti sono stati esposti a due distinte fasi di veglia continua di 40 ore […] nella prima prendevano 3 dosi da 200 mg l’una di Modafinil, nella seconda, un placebo».
Con questa dose impiegata, doppia rispetto a quella attualmente approvata dall’Air Force, i ricercatori spiegano che «il Modafinil ha attenuato gli effetti della privazione del sonno in 4 manovre di volo sui 6, ridotto a onde lente l’attività dell’Ecc e attenuato rispetto al placebo i problemi riportati dai piloti in termini di umore e vigilanza. I vantaggi più evidenti si sono verificati tra le ore 03.30 e le 11.30, fase in cui era più evidente l’effetto combinato perdita di sonno-trogolo circadiano». Quest’ultimo sta a indicare il punto più basso di energia, che colpisce una persona in una giornata di veglia.

«Gli effetti collaterali del farmaco più frequentemente osservati sono stati vertigini e nausea. Questi potrebbero derivare da: 1) test basato sul movimento, 2) uso di un simulatore rispetto a un velivolo reale e/o 3) la somministrazione di oltre 400 mg di Modafinil» 22 . Nelle 40 ore di manovre nel simulatore, quelli che avevano assunto il Modafinil hanno mantenuto un’accuratezza di volo sulla linea di base pari a circa l’85%, una percentuale significativa rispetto al 40% ottenuto da quelli trattati con placebo. La loro conclusione è che «il Modafinil è una promettente contromisura per il sonno nei soggetti normali, ma sono necessari ulteriori studi prima di impiegarlo sugli aviatori per ridurne gli effetti collaterali» …

Ricerca continua

Uno dei principi della psicologia evolutiva è che
l’adattamento è l’atto di compensare le carenze del passato.
Le forze armate giustificano in questo modo la forsennata ricerca di sempre nuove modalità in grado di garantire alle proprie truppe performance maggiori, in grado di rispondere al mutare delle necessità e delle strategie necessarie a garantire la propria sicurezza nazionale e di operare in teatri di guerra sempre più complessi. Tutto ciò ha assunto un’importanza e un valore ancora maggior da quando, a partire dalle guerre in Iraq e Afghanistan, il fronte è diventato praticamente globale e soprattutto asimmetrico, velocizzando lo sviluppo di forze di pronta e rapida azione. Da qui la crescente necessità di rafforzare la capacità fisiologiche e mentali; garantire ai soldati un funzionamento cognitivo più veloce, infatti, sommato a capacità fisiche aumentate, potrebbe aiutarli a sopravvivere i rigori della guerra. Le domanda da porsi, a questo punto, sembra una: questi interventi che potrebbero essere applicati ai soldati per migliorarne le performance saranno reversibili o inci-
deranno per sempre anche quando queste nuove macchine da guerraverranno congedate e proveranno a tornare alla vita civile?

* Giornalista d’inchiesta, filmaker e reporter, ha scritto tra l’altro, Telecamorra (2012), Il caso Parolisi (con Antonio Parisi, 2013), La compravendita (Castelvecchi, 2014). Attualmente scrive su «il Venerdì di Repubblica», mentre nel 2017 è uscito il suo primo documentario per il mercato televisivo europeo, The Burning Issue, sui danni causati all’ecosistema dall’uso incontrollato e sovvenzionato dalla Ue di alcune bioenergie in Europa.

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