di Emanuele Giordana
La visita di Donald Trump in Asia, al di là dei dossier cinese e giapponese, ha visto il presidente americano portare a casa quello che ha definito un “passo monumentale” in un giorno “memorabile per il Sudest asiatico”. I superlativi sono relativi all’accordo tra Thailandia e Cambogia firmato a Kuala Lumpur il 26 ottobre, un’ennesima medaglia che Trump ha aggiunto alle “otto guerre – ha detto – che la mia Amministrazione ha concluso in otto mesi”, aggiungendo che “non c’è mai stato niente del genere”. Ma al di là delle frasi roboanti e dello spettacolo che ha indubbiamente attirato attenzione e telecamere, le cose sembrano essere meno brillanti rispetto alle apparenze. L’Accordo di pace di Kuala Lumpur, come Trump lo ha ribattezzato, concluso dopo il cessate il fuoco di luglio e una guerra tra i due regni asiatici durata cinque giorni, è stato definito dal ministro degli Esteri thailandese Sihasak Phuangketkeow “un percorso verso la pace”, che non è esattamente quello che le parole di Trump lasciavano intendere. Phnom Penh ha avuto toni più entusiasti, ma ciò si deve al fatto che la Cambogia, contrariamente alla Thailandia, ha sempre cercato di internazionalizzare la crisi di confine che da anni oppone i due Paesi.
Nella realtà dei fatti, come già era successo a luglio, sia Thailandia che Cambogia, hanno guardato più al più al timore dei dazi che alla prospettiva di un accordo di pace duraturo: alla fine, le tariffe si sono stabilite intorno al 19% per alcune esportazioni reciproche. Un accordo pagato a caro prezzo, però, e non molto facile da digerire. Secondo il governo degli Stati Uniti, per mantenere al 19% le tariffe reciproche su alcune merci, Bangkok ha accettato di rimuovere le barriere su prodotti medici, digitali e cinematografici statunitensi e soprattutto su prodotti alimentari e agricoli (mais foraggero, farina di soia e cereali secchi per un valore di 2,6 miliardi di dollari l’anno), e di effettuare l’acquisto di 80 aerei americani per un costo di 18,8 miliardi di dollari oltre all’import di prodotti energetici (tra cui gas naturale liquefatto, petrolio greggio ed etano, per un valore stimato a 5,4 miliardi di dollari)….
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In copertina Donald Trump, immagine Unsplash.com






