Dietro le dimissioni del governo di Bamako

Lasciano sia il primo ministro sia l'esecutivo  mentre le violenze tra pastori e agricoltori non si fermano. Le principali cause della crisi  in Mali

Si aggrava sempre più la situazione del Mali. A circa un mese dall’uccisione di 160 persone della comunità fulani nel villaggio di Ogossagou, il primo ministro Soumeylou Boubeye Maiga e tutto il governo, si sono dimessi. Per il momento non si hanno notizie sulle motivazioni che hanno portato alle dimissioni ma nei giorni scorsi in parlamento si era discusso di una possibile mozione di sfiducia nei confronti del primo ministro a causa dei recenti fatti di violenza.

L’attacco a Ogossagou, nella regione di Mopti, si inserisce in una serie di violenze che hanno portato alla morte di seicento persone e da marzo 2018 hanno provocato migliaia di sfollati. I motivi delle violenze son da ricercare negli scontri tra pastori nomadi (di etnia fulan) e agricoltori stanziali (di etnia dogon o berberé) di cui avevamo scritto anche in riferimento alla Nigeria, che vive da anni violenze di questo tipo. Si tratta in sostanza di una lotta per la vita o la morte in una regione dove le risorse (terra e acqua) sono sempre meno rispetto alla popolazione. Questi scontri sono, come descrive Raffaele Masto su Africa Rivista, una lotta all’ultimo sangue per le risorse sempre più rare. La terra infatti è sempre più contesa anche per questioni climatiche, cioè per l’avanzata del deserto. In tutto il Sahel non piove più da gennaio: acqua e foraggio scarseggiano e mettono in dubbio la stessa sopravvivenza.

Due sono le cause da ricercare all’origine di questo sangue: l’avanzata del deserto a fronte di un aumento della popolazione e la decisione dei governi di assegnare territori a terzi rompendo gli accordi ancestrali che ne regolamentavano l’utilizzo delegando ai capivillaggio o alle autorità tradizionali. Il vecchio funzionamento descritto da Africa Rivista mette in evidenza come quegli accordi e lo sfruttamento della terra nel passato facevano di Mopti una sorta di “eldorado” grazie alla sua agricoltura e alle acque del grande fiume Niger.

Nei primi anni dell’indipendenza del Paese, infatti, il centro del Mari era considerato il cuore economico del Mali mentre oggi è un’area abbandonata a sé stessa con livelli di scolarità che sono i più bassi dell’Africa occidentale. Nel passato, le popolazioni nomadi del Nord possedevano le proteine della carne dei loro animali mentre gli agricoltori stanziali del Sud possedevano i carboidrati che derivavano dalle loro coltivazioni agricole. Carboidrati e proteine che venivano scambiati nei frequenti rapporti che avvenivano in quella zona di cerniera che è il Sahel.

Oggi l’equilibrio è del tutto compromesso e gli accordi che mantenevano la pace e un relativo benessere tra agricoltori e pastori sono diventati impraticabili.

A questo link il nostro approfondimento sugli effetti del cambiamento climatico in Africa.

(di red/Al.Pi.)

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