Dopo due mesi di guerra

Resta elevata la resistenza ucraina all'invasione russa ma Mosca non molla. In fuga cinque milioni di profughi già usciti dal Paese

di Raffaele Crocco

Due mesi: sono ormai due mesi dall’inizio dell’aggressione Russa all’Ucraina. La resistenza dell’esercito di Kiev è ancora elevata. Se Mariupol è caduta, il resto del Paese sembra essere terra proibita ai russi, che continuano a subire perdite e ad avere più difficoltà del previsto sul piano logistico. Il Cremlino, però, non molla. Secondo i servizi di intelligenze britannici, Mosca starebbe ammassando uomini sul confine orientale dell’Ucraina e i combattimenti nel Donbass si starebbero intensificando. Putin ha bisogno della vittoria militare, deve mostrarsi forte: non a caso ha annunciato una grande parata a Mariupol per il 9 maggio, giornata del Ricordo della Grande vittoria nella Guerra Patriottica, come i russi chiamano la Seconda Guerra Mondiale.

Gli Usa, intanto, hanno mandato obici e armi anticarro all’esercito ucraino. L’addestramento sarebbe iniziato e questo aumenterà la capacità di resistenza sul terreno. C’è, tra gli osservatori, chi parla di “possibile vittoria militare di Kiev” in questa guerra: è quello che, a parole, ha augurato Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo, andato a visitare Zelensky. In realtà la vittoria di una delle parti appare improbabile. Resta la prospettiva della soluzione diplomatica. Mosca dice che “i negoziati continuano, ma Kiev deve essere realista”. La delegazione russa ha anche spiegato di fidarsi poco dei negoziatori ucraini. Zelensky, da parte sua, ha rilanciato, dicendo di essere “pronto al dialogo, lo sono stato per tre anni, lo sono ancora. Mosca, però, non è pronta per un accordo di pace. A Mariupol – ha aggiunto – ci sono ancora 120mila persone. L’assedio si può fermare in due modi: con le armi o con la diplomazia. La Russia fa il suo gioco e non è in grado di proporre veri accordi”.

Sul piano internazionale, Mosca continua ad essere isolata, almeno da Europa e Stati Uniti. Alla riunione del G20, a Washington, i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Canada, Inghilterra e la Presidente della Bce, Lagarde, hanno lasciato la sala quando ha iniziato a parlare il ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov. Il G20, format diventato negli anni punto di riferimento per l’economia mondiale, rischia la spaccatura, attorno alla guerra. E la Russia rischia il default per effetto delle sanzioni. L’allarme lanciato in settimana dalla banca centrale Russa ha trovato conferma nelle analisi dell’Agenzia internazionale chiamata a esprimersi sui default degli emittenti di debito. Mosca, secondo l’agenzia, è in “potenziale default”. Potrebbe scivolarci appieno a breve, alla scadenza del periodo di grazia sul mancato rimborso di due bond da due miliardi di dollari, lo scorso 4 aprile. Un tracollo che Putin pagherebbe caro. Intanto a pagar caro sono sempre i civili, vittime di questa assurda guerra. Oltre ai morti, troppi, ci sono quelli che hanno lasciato il Paese per sopravvivere: secondo l’Onu sono già più di 5milioni.

In copertina uno scatto dal fotoreportage Ucraina: bossoli e vodka liscia pubblicato su atlanteguerre (Foto e testi: Matthias Canapini)

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