Dopo la bomba sotto la casa del collega Sigfrido Ranucci…

La solidarietà di tutta la redazione a Ranucci e alla sua famiglia. Ma non basta la solidarietà dopo le bombe

Di Raffaele Crocco

Chi ci sia dietro l’attentato, lo scoprirà forse la polizia.

Quello che, però, sappiamo da subito sulle bombe che potevano uccidere Sigfrido Ranucci e la sua famiglia, è che sono bombe annunciate e in qualche modo “legittimate”. Sono anni che Sigfrido, con la sua redazione e il loro lavoro, sono di fatto lasciati soli. Sono anni che vengono minacciati apertamente o nascostamente, soprattutto è da infinito tempo che si tenta di screditarli, isolarli, farli passare per quelli che “denunciano tutto per l’interesse di chissà chi o cosa”. La Rai – servizio pubblico, cioè nostro, quindi noi – ogni anno cerca di togliere protezione legale, tagliare fondi, cambiare palinsesto. Quelle bombe le ha messe qualcuno che si è sentito “legittimato” a farlo. Le ha messe chi pensava fosse giunto il momento di far tacere – con la morte o almeno la paura – Ranucci. E chi lo ha fatto si sente abbastanza forte da sentirsi in qualche modo giustificato.

Ranucci, la sua famiglia, quello che rappresenta con il suo lavoro e il lavoro di tutta una redazione, li dobbiamo proteggere ogni giorno, ogni minuto. Non basta la solidarietà dopo le bombe. Serve la consapevolezza che Ranucci rappresenta la possibilità di smascherare quello che non funziona nella nostra democrazia, cioè nella nostra vita quotidiana.

Non serve la retorica, serve la nostra pacifica, ma solida azione politica e democratica di ogni giorno. Solo così Ranucci, la sua famiglia, la redazione, saranno al sicuro.

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