E’ finito il tempo di sottovalutare Trump

di Raffaele Crocco

Credo sia semplicemente sbagliato stupirci. Penso sia stupido rifugiarci in un “è solo matto”. Immagino sia superficiale pensare che “tanto alla fine non succede nulla”. Il discorso di Trump all’Onu non va sottovalutato, per niente. E’ la prova provata di quanto sia seria la situazione e di come gli interessi in campo siano rischiosi. Per tutti.

Trump è andato nel luogo della mediazione per eccellenza – questo dovrebbero essere le Nazioni Unite – e ha parlato di guerra. Ha minacciato. Ha promesso distruzioni e sangue. Ha sparato ad alzo zero su Corea del Nord, Iran e Venezuela, i tre nemici della sua amministrazione, almeno i tre nemici attuali.

Togliamoci dalla testa che lo abbia fatto perché gli piace fare il cow boy. Non è accaduto nemmeno perché vuole sganciarsi dalla visione della politica estera di Obama, come ha detto qualcuno. Il presidente-imprenditore ha picchiato sui tre Paesi in modo scientifico e mirato. Ha colpito i tre Paesi che, ai suoi occhi, sono in qualche modo ostacoli alla rincorsa al primato mondiale degli Usa nel Pianeta.

Andiamo per ordine. Il competitor che Trump ha davanti non è Putin. Se non fosse dopato dalle azioni militari in Siria e Ucraina e se la sua immagine non fosse sostenuta del sistema di informazione internazionale, il capo del Cremlino – e la Russia  tutta – conterebbe meno dell’Unione Europea, cioè molto poco. Il nemico per Trump è la Cina. Tenere sotto pressione la Corea del Nord, significa tenere sotto pressione Pechino. Vuol dire mettergli il bastone fra le ruote mentre tenta di tessere la tela delle relazioni internazionali colonizzando l’Africa, conquistando l’Europa grazie alla Nuova Via della Seta e alla cosiddetta Collana di Perle, la grande rotta marittima che collegherà l’Asia al Vecchio Continente.

Kim il matto, il presidente coreano, con i suoi esperimenti atomici, è uno strumento perfetto per tenere in scacco Pechino. La Cina protegge la Corea del Nord, ma la protezione sta diventando difficile, impegnativa. Pechino non può permettersi una guerra. Se Washington attacca, la Cina non può evitare di scendere in campo. Questo significherebbe vanificare anni di investimenti, di paziente lavoro di diplomazia. Così, deve blandire Kim per evitare scontri e convincere gli Usa della propria buona fede. Diventa meno aggressiva, deve impiegare risorse e tempo, deve compromettersi sul fronte della diplomazia.

L’Iran, invece, è una potenza regionale collocata in zona strategica. Teheran può diventare il punto di riferimento economico – politico di un’area vasta. Ne ha la cultura, la storia, la struttura economica. Ma Teheran è da sempre indipendente. Gli Usa – Trump soprattutto – hanno puntato su un altro cavallo, l’Arabia Saudita, che è integralista quanto l’Isis, ma è sufficientemente fedele da cercare accordi persino con Israele. E’, insomma, il partner perfetto per imporre su tutto il Vicino Oriente la propria legge. Un Iran capace di ritrovare ruolo internazionale grazie all’accordo sul nucleare e all’impegno nella guerra contro il Califfato agli Stati Uniti di Trump non interessa, anzi: è dannoso

Infine, il Venezuela di Maduro: è evidente, non è quello di Chavez. L’attuale presidente non ha il carisma e la statura del grande bolivarista. Si tiene a galla con leggi ambigue e rompendo lo schema democratico per resistere agli antidemocratici golpe che tenta l’opposizione. Il Venezuela, però, rimane un grande produttore di petrolio nel “giardino di casa” per Washington. Peccato che i pozzi siano nazionalizzati e controllati da un governo sottile. Indispensabile, quindi abbattere Maduro e il suo governo in odor di socialismo, per far tornare quel ben di dio privato e in mano a una oligarchia amica, che faccia affari – convenienti – con gli Usa.

Corea del Nord, Iran e Venezuela, l’elenco dei nemici di Trump è completo. Possiamo essere certi che il presidente-magnate non mollerà l’osso sino a quando non penserà di aver vinto. Dietro sa di avere il consenso degli americani che lo hanno votato e che non sono pochi. Non dobbiamo dimenticare che a portarlo alla Casa Bianca è stato un democraticissimo voto e che quel voto lo ha guadagnato promettendo esattamente quanto sta facendo. Trump sa anche di avere il sostegno delle lobby economiche statunitensi, che puntano a far tornare gli Usa in testa al mondo, per imporre affari e norme. Trump non è matto. Non è stupido. Non è nemmeno solo. Ha un progetto e quel progetto lo ha condiviso. Ha una visione di come deve essere il mondo e quella visione piace a tanti. Il suo sarà un attacco infinito, portato avanti con la convinzione di essere nel giusto e di poter fare la storia. Finiamola di stupirci o di sottovalutare la questione. C’è un nuovo pericolo nel mondo: si chiama Trump.

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